A Parma la presentazione dell'ultimo libro di Vito Teti "Il Patriota e la Maestra" - InformaCibo

A Parma la presentazione dell’ultimo libro di Vito Teti “Il Patriota e la Maestra”

di Informacibo

Ultima Modifica: 11/12/2012

Parma 7 dicembre 2012. Il prossimo giovedì, 13 dicembre, alle ore 19 a Parma presso l’Auditorium di PARMA LIRICA in Via Gorizia, 2 il Comitato di Promozione Culturale Calabrese, Calabresi di Parma, in collaborazione con il giornale on-line INformaCIBO e la Biblioteca Palatina, presenta, alla presenza dell’autore, l’ultimo libro di Vito Teti “Il Patriota e la Maestra” La misconosciuta storia d’amore e ribellione di Antonio Garcèa e Giovanna Bertòla ai tempi del Risorgimento. (ed. Quodlibet 2012). 

Il Libro di Vito Teti
Tra retoriche risorgimentali e revisioniste, tra inviti al separatismo e richiami a una nuova Italia, a conclusione del Centocinquantenario dell’Unità, è netta la sensazione che preoccupazioni ideologiche e urgenze celebrative abbiano prevalso nel ripensare la nostra storia recente.
Eppure, da archivi e testi mai o poco frequentati, ancora emergono personaggi ed eventi minori, storie individuali e familiari sconosciute, passioni, pensieri e azioni dimenticati. È alla ricerca di queste vite parallele che è andato Vito Teti, rintracciando la vicenda di Antonio Garcèa, calabrese, patriota rinchiuso in tutte le carceri borboniche, e Giovanna Bertòla, piemontese, giovane maestra e fondatrice de «La Voce delle Donne», giornale di donne e per le donne.

Una storia minuta, quotidiana, faticosa, segnata da speranze e delusioni – a cui fanno da sfondo altre storie e altre figure del Risorgimento meridionale –, che aiuta a uscire da retoriche nazionali e da nostalgie neoborboniche.

La storia dell’incontro tra un «vero figlio delle rupi calabre» e la «Mammagrande» piemontese, che girano l’Italia per affermare il loro credo, è metafora di un’altra storia tra Sud e Nord, uomo e donna, passione e ragione, ceti privilegiati e ceti popolari. Un altro modo di “fare l’Italia” era possibile e il Risorgimento non sempre è stato “tradito”.

In occasione della presentazione del Libro di Vito Teti, i “Calabresi di Parma” sottolineano in questa pagina alcune eccellenze enogastronomiche della loro Regione

Se guardiamo al mondo dei vini calabresi, si narra che i primi coloni greci sbarcati sulle coste del circondario di Crotone rimasero stupiti della ricchezza e dalla bellezza dei vigneti e chiamarono questo territorio “Enotria”.

Apportarono nuove tecniche di coltivazione, impiantarono nuovi vitigni i quali sono ancora presenti in Calabria e nel resto d’Italia. Lo stesso vino diventò anche omaggio per gli atleti vincitori di ritorno dalle olimpiadi in Grecia durante il periodo della Magna Grecia.

 

 

APOCC Pecorino Crotonese e i suoi formaggi

I vitigni che compongono il Cirò si suddividono in Gaglioppo, conosciuto anche come magliocco o mantonico nero. Questo vitigno ha trovato il suo habitat ideale nella zona del Cirò, grazie al clima del luogo, spesso siccitoso, aspro. Vitigno caratterizzato anche da una maturazione abbastanza precoce. Se ne ricava un vino robusto, tannico, con una forte gradazione alcolica, di colore rosso rubino intenso, vinoso che invecchiato si evolve in un ricco bouquet che si abbina perfettamente ai formaggi a pasta dura come il pecorino crotonese, selvaggina, capretto, piatti a base di salumi come la salsiccia, il capicollo, la soppressata e la ormai notissima nduja di Spilinga prodotti sono la base della gastronomia calabrese.

 

I grandi vini di Antonio Parrilla

 

Di notevole pregio anche il greco bianco, portato probabilmente dalla Tessaglia, la leggenda vuole che il “Greco di Bianco” noto anche come “Greco di Gerace”, prestigioso e famoso vino attualmente ricavato da uve greco, abbia fornito il vigore necessario ai soldati locresi per sconfiggere l’esercito di Crotone, 10 volte superiore, nella battaglia sul fiume Sagra combattuta nel 560 a.C.

Sicuramente questo è il vino di cui si ha più antica testimonianza. Il vino ottenuto da uve greco ha colore giallo paglierino più o meno intenso con tendenza al dorato e riflessi ambrati, di profumo caratteristico di frutta secca, sapore morbido e armonico, da bere giovane e comunque possibilmente entro i due anni.

 

 L’insuperabile Caciocavallo Silano

 

Oltre al vino la Calabria è anche produttrice di formaggi di alto pregio, il caciocavallo silano DOP, tra i più antichi formaggi a pasta filata del mezzogiorno citato da Ippocrate nel 500 a.c. la giuncata, e il famoso Pecorino crotonese, prodotto esclusivamente con latte di pecora di razza Gentile (una delle grandi razze ovine autoctone italiane) con caglio di caprettoprobabilmente anch’esso di origine greca visto l’importanza della pastorizia che aveva nella vita di questi antichi popoli.

Si narra che furono i coloni Achei, a coagulare il latte di due mungiture tecnica tutt’ora in voga per creare questo delizioso formaggio che se stagionato è ottimo da grattugiare sui maccheroni fatti in casa. La stagionatura del pecorino Crotonese va dai 4 mesi ai 2 anni. Le forme si presentano cilindriche, di peso tra i 2 e i 7 kg., con i segni beni visibili del canestro in cui è stata versata la cagliata. Il sapore è dolce, pieno, ma delicatamente armonioso.

 

I Salumi Calabresi DOP COZAC

 

Per quanto riguarda i salumi le informazioni storiche anche se non documentate pienamente possono essere ascritte al periodo della magna grecia, ci sono differenze sostanziali in base al territorio di produzione, influenzata soprattutto dal clima che ne determina la conservabilità e quindi la stagionatura. Nelle zone a clima marino si predilige l’uso di peperoncino in polvere o della salsa di peperone, mentre bianche con pepe nero nelle zone montane con clima secco.

La mattanza del maiale ha sempre svolto un rituale importante dell’economia rurale e contadina, il quale rappresentava l’unico mezzo di sostentamento per le famiglie numerose.

Per alcuni dati “moderni” sulla norcineria calabrese bisogna andare nel 1800, durante il periodo napoleonico, e grazie ad alcuni censimenti del Governo di Gioacchino Murat, che regnò a Napoli tra il 1808 e il 1815, abbiamo notizie delle spezie ed erbe locali che insaporivano quelle carni. Mentre nel campo “letterario” ci sono anche le ammissioni di Giacomo Casanova che durante un viaggio in Calabria dichiarò di aver mangiato i più buoni salumi del mondo. 

Altro salume che sta godendo di molta notorietà soprattutto negli ultimi anni fuori del suo territorio di origine è la Nduja, insaccato prodotto con le parti grasse del suino (lardello, guanciale e pancetta ), con l’aggiunta di peperoncino piccante e sale, successivamente affumicato e stagionato naturalmente, all’interno del budello stesso del maiale, “l’orba”, di sicura etimologia francese, “andouille”.

Adesso grazie all’emigrazione questo prodotto sta conoscendo una sua seconda giovinezza, viene apprezzato anche in nord America oltre che in tutta Italia grazie al processo di promozione dell’amministrazione comunale che ne organizza una sagra e ne sta valorizzando gli aspetti legati alla produzione e alla salvaguardia della sua qualità.

 

  L’imbattibile ‘NDUJA di Calabria

 

Specialità calabresi in Mostra


– Comitato di Promozione Culturale Calabrese, Calabresi di Parma

– Azienda Agricola Parrilla Vini Cirò

– Casearia Chiellino, loc. Sangue di Gatta, Cutro

– Cozac coop, Zootecnica Calabria 

– Apocc  Pecorino Crotonese

 

Azienda ‘Nduja

San Donato s.n.c. F.lli Pugliese

Via XXIV Maggio – Spilinga 

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L'Autore

Capo Redattore