"I procedimenti di valutazione ambientale e l'attività urbanistica ed edilizia" - InformaCibo

“I procedimenti di valutazione ambientale e l’attività urbanistica ed edilizia”

di Informacibo

Ultima Modifica: 08/06/2013

Questo il sommario della pubblicazione dell’avvocato Daniele Granara

1. Premessa: valutazioni ambientali e procedimenti urbanistici ed edilizi. – 2. I valori di paesaggio e ambiente nella Costituzione e nella giurisprudenza del Giudice delle Leggi. – 3. L’attuazione degli obblighi comunitari e l’approvazione del Codice dell’Ambiente. – 4. I principi di precauzione e di sviluppo sostenibile. – 5.  I procedimenti di valutazione ambientale nel Codice dell’Ambiente. – 5.1. (Segue) La Valutazione Ambientale Strategica (V.A.S.). – 5.2. (Segue) La Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.). – 5.3. (Segue) La Valutazione di Impatto Ambientale sui progetti di infrastrutture e di insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale. – 5.4. (Segue) Gli atti conclusivi dei procedimenti di valutazione ambientale. – 6. I procedimenti di valutazione ambientale e loro principi e finalità alla prova dell’esperienza.

1. Premessa: valutazioni ambientali e procedimenti urbanistici ed edilizi. –  Sempre più spesso, nell’ambito dei procedimenti urbanistici ed edilizi, tesi alla previsione o approvazione di significativi interventi sul territorio, si incorre nella necessità, legislativamente imposta, in adempimento ad obblighi europei, di operare valutazioni di impatto ambientale.

I procedimenti di valutazione ambientale sono due: la Valutazione Ambientale Strategica (V.A.S.) e la Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.).

2. I concetti di paesaggio e ambiente nella Costituzione e nella giurisprudenza del Giudice delle Leggi. – Il punto di partenza per poter comprendere la fondamentale importanza, per la conservazione dei valori paesistici ed ambientali, degli istituti della Valutazione Ambientale Strategica (V.A.S.) e della Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.), previsti e disciplinati dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, è la corretta individuazione dei concetti di paesaggio e di ambiente e, in proposito, non può che richiamarsi l’insegnamento giurisprudenziale della Corte Costituzionale, secondo cui “il concetto di paesaggio indica, innanzitutto, la morfologia del territorio, riguarda cioè l’ambiente nel suo aspetto visivo. Ed è per questo che l’art. 9 della Costituzione ha sancito il principio fondamentale della “tutela del paesaggio” senza alcun’altra specificazione. In sostanza, è lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che è di per sé un valore costituzionale.

Si tratta peraltro di un valore “primario”, come ha già da tempo precisato questa Corte (sentenza n. 151 del 1986; ma vedi anche sentenze n. 182 e n. 183 del 2006), ed anche “assoluto”, se si tiene presente che il paesaggio indica essenzialmente l’ambiente (sentenza n. 641 del 1987). L’oggetto tutelato non è il concetto astratto delle “bellezze naturali”, ma l’insieme delle cose, beni materiali, o le loro composizioni, che presentano valore paesaggistico[1].

Più recentemente, riprendendo l’orientamento già espresso, il Giudice delle Leggi ha ancor più efficacemente precisato che, “con espresso riferimento alla giurisprudenza formatasi dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 42 del 2004, […] il paesaggio deve essere considerato un “valore primario” ed “assoluto” (sentenze nn. 183 e 182 del 2006), precisando, inoltre, che con il termine paesaggio si deve intendere «la morfologia del territorio, [riguardando esso] cioè l’ambiente nel suo aspetto visivo» ed ancora che «l’art. 9 della Costituzione ha sancito il principio fondamentale della “tutela del paesaggio” senza alcun’altra specificazione. In sostanza, è lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che è di per sé un valore costituzionale» (sentenza n. 367 del 2007)[2].

Sul territorio gravano più interessi pubblici: quelli concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica, la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost. e quelli concernenti il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali (fruizione del territorio), che sono affidati alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni, secondo l’art. 117, terzo comma, Cost..

Occorre altresì considerare che “la tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto, e rientrando nella competenza esclusiva dello Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali. In sostanza, vengono a trovarsi di fronte due tipi di interessi pubblici diversi: quello alla conservazione del paesaggio, affidato allo Stato, e quello alla fruizione del territorio, affidato anche alle Regioni[3].

3. L’attuazione degli obblighi comunitari e l’approvazione del Codice dell’Ambiente. – Ed è proprio con il D.Lgs 3 aprile 2006, n. 152 che lo Stato, in attuazione della Legge 15 dicembre 2004, n. 308 ed anche in adempimento degli obblighi assunti in sede europea, ha esercitato la richiamata competenza legislativa, emanando un testo normativo che, nelle prime due parti, reca l’indicazione dei principi generali in tema di tutela ambientale (Parte Prima) e la compiuta disciplina degli istituti della V.I.A. e della V.A.S. (Parte Seconda).

4. I principi di precauzione e di sviluppo sostenibile. – Tra i principi fondamentali delineati dal richiamato testo normativo, tutti di derivazione europea, spiccano il principio di precauzione e quello dello sviluppo sostenibile.

Il primo è teso ad orientare l’adozione di scelte adeguate in materia ambientale, nei casi in cui le conoscenze scientifiche non siano in grado di escludere il carattere dannoso di una determinata attività.

L’applicazione del principio comporta, in concreto, che, ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri deve tradursi in una prevenzione precoce, anticipatoria rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche, fino all’adozione della c.d. “opzione zero”.

Secondo l’insegnamento della giurisprudenza costituzionale, “il principio comunitario di precauzione di cui all’art. 174 del trattato istitutivo della Comunità europea rappresenta un criterio direttivo che deve ispirare l’elaborazione, la definizione e l’attuazione delle politiche ambientali della Comunità europea sulla base di dati scientifici sufficienti e attendibili valutazioni tecniche circa gli effetti che possono essere prodotti da una determinata attività[4].

In altri termini, il principio in parola è un principio generale, ormai codificato in ambito europeo e riconosciuto dalla giurisprudenza dell’Unione e nazionale, che “fa obbligo alle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente, ponendo una tutela anticipata rispetto alla fase dell’applicazione delle migliori tecniche proprie del principio di prevenzione, e che quindi esige di verificare preventivamente che l’attività in esame non danneggi l’uomo o l’ambiente[5].

Anche in campo ambientale, l’onere di provare che un piano o progetto non pregiudichi i siti interessati incombe su chi intenda realizzarlo ed il rischio di un effetto potenzialmente pericoloso esiste se non può essere escluso sulla base di elementi obiettivi.

Quanto al principio dello sviluppo sostenibile, si osserva che esso è diretto ad introdurre un collegamento tra protezione dei valori del paesaggio e dell’ambiente, da una parte, e gli interessi economici, dall’altra, senza che, dalla sua applicazione, possa derivare la recessione dei primi aspetti (per vero, essi stessi valori costituzionali) rispetto ai secondi.

Anche la giurisprudenza amministrativa, chiamata ad esprimersi sulla legittimità di atti autorizzativi di impianti potenzialmente incidenti sui valori paesistici ed ambientali, ha riconosciuto l’immediata applicabilità alla tutela dell’ambiente dei principi di precauzione e dello sviluppo sostenibile, ritenendo doveroso che tutte le decisioni assunte dall’Autorità competente in materia siano assistite da un apparato motivazionale particolarmente rigoroso, che tenga conto di un’attività istruttoria parimenti ineccepibile (il caso ILVA di Taranto insegna!).

Tale principio di precauzione – preminente, nel quadro della tutela della salute sugli interessi economici – deve trovare il proprio equilibrio nel contemperamento con quello dello sviluppo sostenibile, nella ricerca di un equilibrato bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco[6].

Ne consegue che, nel caso in cui l’attività umana non fosse in alcun modo compatibile con l’esigenza di tutela del paesaggio e dell’ambiente, non potrà che privilegiarsi quest’ultima esigenza.

Ed infatti, come osservato dal Giudice delle Leggi, la tutela dell’ambiente e del paesaggio, gravando su un bene complesso ed unitario, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali.

5.  I procedimenti di valutazione ambientale nel Codice dell’Ambiente. – La seconda parte del D.Lgs. n. 152/2006, c.d. Codice dell’Ambiente, è dedicata alla disciplina delle procedure di V.A.S. e di V.I.A.

Entrambe le procedure, sebbene abbiano oggetti diversi e si concludano con atti di diversa natura, perseguono le medesime finalità, consistenti nel garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e, quindi, della salute umana e degli altri esseri viventi.

  5.1. (Segue) La Valutazione Ambientale Strategica (V.A.S.). – Quanto alla Valutazione Ambientale Strategica, essa agisce ad un livello anticipato e riguarda i piani e i programmi che possono avere impatti significativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale.

In particolare, secondo quanto disposto dall’art. 6 del predetto Codice dell’Ambiente, viene effettuata una valutazione per tutti i piani e i programmi:

a) che sono elaborati per la valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente, per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l’approvazione, l’autorizzazione, l’area di localizzazione o comunque la realizzazione dei progetti elencati negli Allegati II, III e IV del medesimo Decreto;

b) per i quali, in considerazione dei possibili impatti sulle finalità di conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica, si ritiene necessaria una valutazione d’incidenza ai sensi dell’articolo 5 del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni.

Detta valutazione è avviata dall’autorità procedente contestualmente al processo di formazione del piano o programma e si articola in diverse fasi:

a) lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità (c.d. screening);

b) l’elaborazione del rapporto ambientale;

c) lo svolgimento di consultazioni;

d) la valutazione del rapporto ambientale e gli esiti delle consultazioni;

e) la decisione;

f) l’informazione sulla decisione;

g) il monitoraggio.

La fase più significativa, ossia quella di valutazione (la cui conclusione spetta all’autorità competente, ossia all’Amministrazione che, in ambito regionale o nazionale – a seconda che si tratti di V.A.S. gestita dalla Regione o da organi statali – ha compiti di tutela, valorizzazione e protezione ambientale), è effettuata anteriormente all’approvazione del piano o del programma e comunque durante la fase di predisposizione dello stesso ed è preordinata a garantire che gli impatti significativi sull’ambiente derivanti dall’attuazione di detti piani e programmi siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro approvazione.

La V.A.S. costituisce, pertanto, per i piani e programmi di cui sopra, parte integrante del procedimento di adozione ed approvazione.

In altri termini, la valutazione ambientale strategica è volta a garantire che gli effetti di determinati piani e programmi siano considerati durante l’elaborazione e prima dell’approvazione degli stessi, al fine di anticipare nella fase di pianificazione e programmazione quella valutazione di compatibilità ambientale che, se fosse effettuata in sede di approvazione dei singoli progetti consentiti dai piani, non consentirebbe di compiere un’effettiva valutazione complessiva, con violazione del sopra richiamato principio dello sviluppo sostenibile.

La giurisprudenza amministrativa ha avuto modo, in più occasioni, di chiarire l’importanza della Valutazione Ambientale Strategica, individuandola nella funzione di “mettere in rilievo le possibili cause di un degrado ambientale derivante dall’adozione di piani e programmi interessanti il territorio, introdotta dalla Direttiva comunitaria 2001/42/ Ce che prevede, appunto, la sua applicazionea piani e programmi produttivi di effetti significativi sull’ambiente[7].

5.2. (Segue) La Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.). – La Valutazione di Impatto Ambientale, invece, è una valutazione che, secondo quanto disposto dall’art. 6, comma 7, del D.Lgs. 152/2006, riguarda i singoli progetti che possono avere impatti significativi e negativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale ed anch’essa si articola su più fasi, che ricalcano quelle previste per la V.A.S., e precisamente:

a) lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità;

b) la definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale;

c) la presentazione e la pubblicazione del progetto;

d) lo svolgimento di consultazioni;

f) la valutazione dello studio ambientale e degli esiti delle consultazioni;

g) la decisione;

h) l’informazione sulla decisione;

i) il monitoraggio.

La V.I.A. è, quindi, finalizzata ad individuare, descrivere e valutare tutti gli effetti, diretti ed indiretti, permanenti o transitori, positivi o negativi dei progetti sull’ambiente circostante, in tutte le sue componenti naturali ed antropiche.

Il progetto di un impianto o di una infrastruttura deve essere valutato non solo con riferimento alle sue caratteristiche esteriori (ad esempio dimensioni dell’opera e sua localizzazione), ma anche in ragione degli impatti che la sua realizzazione potrà avere sull’ambiente circostante.

Ed infatti, la V.I.A. “si sostanzia in una analisi comparata tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio-economica, tenuto conto delle alternative praticabili e dei riflessi della stessa “opzione zero”[8].

Deve, pertanto, pervenirsi ad una pronuncia negativa nel caso in cui “l’intervento proposto cagioni un sacrificio ambientale superiore a quello necessario per il soddisfacimento dell’interesse diverso sotteso all’iniziativa; da qui la possibilità di non autorizzare progetti che arrechino “vulnus” non giustificato da esigenze produttive, ma suscettibile di venir meno, per il tramite di soluzioni meno impattanti in conformità al criterio dellosvilupposostenibileealla logica della proporzionalità tra consumazione delle risorse naturali e benefici per la collettività, che deve governare il bilanciamento di istanze antagoniste[9]. 

Trattasi dell’applicazione del principio di proporzionalità, anch’esso espresso dai Trattati UE, ma, prim’ancora, insito nei principi fondamentali della Costituzione e segnatamente nell’art. 2 Cost. (principio pluralista) e nell’art. 3 Cost. (principi di uguaglianza e di ragionevolezza) e declinato dal principio di sussidiarietà di cui all’art. 118 Cost.

Quanto alla natura della valutazione operata in sede di V.I.A.,  la stessa costituisce valutazione tecnico-scientifica e, con riferimento a parametri di tale natura, è attribuita alla competenza di organo gestionale, in conformità al principio generale, secondo cui “il potere esercitato in sede di valutazione di impatto ambientale ha natura marcatamente tecnico discrezionale, e sebbene debba essere esercitato secondo criteri e modalità predeterminati dal legislatore, si distingue dalla funzione di pianificazione e programmazione[10], essendo soltanto quest’ultima di competenza della Giunta.

L’esclusiva competenza dell’organo dirigenziale ad adottare pronuncia di compatibilità ambientale è confermata anche da “costante orientamento giurisprudenziale”, secondo cui “alla luce del principio generale di separazione della funzione politica da quella amministrativa, la Giunta Regionale, in quanto organo politico, non è competente ad esprimere la valutazione di impatto ambientale, che è atto di natura tecnico-discrezionale dal quale sono estranee valutazioni di direzione o indirizzo politico, la cui competenza spetta esclusivamente al dirigente dell’ufficio[11].

Trattandosi quindi di valutazione di tipo tecnico e non politico, la relativa approvazione è sottratta alla competenza della Giunta, essendo quest’ultima organo politico, ed attribuita invece all’esclusiva competenza del dirigente, unico competente ad effettuare valutazioni tecnico-discrezionali, quale quella di valutazione di impatto ambientale. 

Con riguardo alla procedura di V.I.A., inoltre, si è recentemente affermato che “l’istituto in parola è finalizzato alla tutela preventiva dell’ambiente inteso nella sua più ampia accezione, con riferimento alle sue varie componenti: il paesaggio, le risorse naturali, le condizioni di vivibilità degli abitanti, gli aspetti culturali e al riguardo il Collegio ritiene di condividere pienamente quanto affermato dalla giurisprudenza costituzionale ed amministrativa in ordine alla natura sostanzialmente insindacabile delle scelte effettuate, giustificandola alla luce del valore primario ed assoluto riconosciuto dalla Costituzione al paesaggio e all’ambiente (in tali sensi, Cons. Stato, Sez. V, 12 giugno 2009 n.3770; Corte Costituzionale 7 novembre 2007 n.367).

Inoltre, è stato altresì sottolineato che l’ambiente rileva non solo come paesaggio ma anche come assetto del territorio comprensivo degli aspetti naturalistici, e, in particolare, di quelli relativi alla protezione oltreché della fauna anche delle specie vegetazionali (Cons.Stato, Sez. IV, 5 luglio 2010 n. 4246).

Insomma, nella disciplina della V.I.A. è insita la valenza del principio fondamentale per cui detta procedura è preordinata alla salvaguardia dell’habitat nel quale l’uomo vive e ciò non può non assurgere a valore primario ed assoluto in quanto espressivo della personalità umana (Cons. Stato, Sez. VI, 18 marzo 2008 n.1109).

È stato parimenti affermato che nel rendere il giudizio di impatto ambientale l’amministrazione esercita una amplissima discrezionalità tecnica[12].

Sostanziandosi, dunque, in un giudizio di natura tecnico-scientifica e non politica, l’atto di assenso alla V.I.A. è riservato in via esclusiva alla competenza del dirigente e non della Giunta[13].

5.3. (Segue) La Valutazione di Impatto Ambientale sui progetti di infrastrutture e di insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale. – Occorre, poi, ricordare che i progetti di infrastrutture e di insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale di cui alla Legge Obiettivo (L.443/2001), che rientrano nelle tipologie progettuali indicate nell’Allegato II al D.Lgs. 152/2006, sono sottoposti a c.d. V.I.A. statale, il cui procedimento segue l’iter procedurale per l’approvazione dei progetti di infrastrutture strategiche previsto dal D.Lgs. 163/2006 e s.m.i. e l’autorità procedente è il Ministero dell’Ambiente, di concerto con il Ministero per i Beni e le Attività culturali.

  5.4. (Segue) Gli atti conclusivi dei procedimenti di valutazione ambientale. – Premesso quanto sopra, occorre considerare che, sebbene per entrambi i procedimenti sia prevista una fase decisoria, la stessa si concretizza in atti che hanno diversa natura, corrispondenti ai diversi livelli dei due procedimenti, programmatorio e anticipatorio quello della V.A.S., puntuale e definitivo quello della V.I.A.

Quanto alla V.A.S., trattasi di un parere motivato reso dall’Autorità competente, espressione di funzione consultiva, all’esito dell’attività tecnico-istruttoria, consistente nell’acquisizione e valutazione di tutta la documentazione presentata nel corso del procedimento, ivi comprese le osservazioni, obiezioni e suggerimenti, inoltrati ai sensi dell’art. 14 del Codice dell’Ambiente.

Pur trattandosi di un parere, lo stesso, sostanziandosi nel giudizio di compatibilità ambientale, costituisce presupposto per la prosecuzione del procedimento di approvazione del piano o del programma.

L’articolo da ultimo citato riguarda la fase della “consultazione”, che prevede la possibilità per “chiunque”, ossia anche per i portatori di interessi diffusi, di prendere visione, a seguito della pubblicazione di avviso nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica o sul Bollettino Ufficiale della Regione o della Provincia Autonoma, del piano o del programma e del rapporto ambientale redatto ai sensi dell’art. 13 del medesimo D.Lgs. 152/2006.

Quanto al procedimento di V.I.A., esso si conclude con provvedimento motivato e espresso, ossia con un atto di amministrazione attiva.

Trattasi di un sub-procedimento autonomo nell’ambito del procedimento di approvazione dell’opera oggetto della valutazione medesima.

L’atto conclusivo dello stesso è impugnabile da chi lo ritenga lesivo o immediatamente o successivamente, unitamente al provvedimento con il quale viene approvata l’opera.

In altri termini, colui che sia portatore qualificato di un interesse contrario alla realizzazione dell’opera ha la facoltà di scegliere di fruire di un’anticipazione di tutela (impugnando immediatamente il Decreto di V.I.A., senza che il gravame possa essere dichiarato inammissibile) o di posticipare l’impugnazione al momento della conclusione del procedimento autorizzatorio.

6. I procedimenti di valutazione ambientale e loro principi e finalità alla prova dell’esperienza. – Come si nota, i due procedimenti presentano un significativo parallelismo normativo, benché si differenzino nell’oggetto e nella tecnica valutativa conclusiva.

Essi, però, perseguono finalità complementari di tutela dell’ambiente e forniscono un quadro teso a delineare un livello di tutela sempre più completo ed esaustivo, ossia immune da errori, pregiudizievoli per l’ambiente, inteso nella sua più vasta accezione, ossia in tutte le sue componenti (naturalistiche, ambientali e paesistiche).

In altri termini, l’esperimento dei due procedimenti consente (o almeno dovrebbe consentire) una appropriata analisi dell’impatto e del livello di sostenibilità delle opere sul territorio.

Tuttavia, come l’esperienza delle grandi infrastrutture dimostra (si confronti, ad esempio, la c.d. Variante di Valico nell’Appennino Tosco – Emiliano ovvero la costruzione delle linee di alta velocità ferroviaria), l’esigenza della valutazione d’impatto si confronta costantemente con quella dell’ammodernamento infrastrutturale del Paese e, in tale confronto (non sempre virtuoso), l’obiettivo di raggiungere livelli di sviluppo sostenibile è sempre più difficile da conseguire.

Si tratta, tuttavia, di una difficoltà in buona misura prevista, che impone una costante ed assidua tensione di analisi e di ricerca di soluzioni quanto più possibile accettabili e condivise, che considerino l’ambiente valore centrale di un nuovo modello di sviluppo, che si coordini con la tutela del primo in una nuova frontiera di sinergie positive e virtuose.

 

Daniele Granara


[1] Corte Cost., 24 ottobre 2007, n. 367, inConsulta OnLine, all’indirizzo http://www.giurcost.org/.

[2] Corte Cost., 29 ottobre 2009, 272, inConsulta OnLine, all’indirizzo http://www.giurcost.org/.

[3] Corte Cost., 24 ottobre 2007, n. 367, cit., e nello stesso senso, Corte Cost., 29 ottobre 2009, 272, cit..

[4] Corte Cost., 3 novembre 2005, n. 406, inConsulta OnLine, all’indirizzo http://www.giurcost.org/.

[5] T.A.R Lazio, Roma, Sez. II, 20 gennaio 2012, n. 66, inForo amm. TAR, 2012, 2, 507.

[6] In termini, T.A.R. Abruzzo, Pescara, Sez. I, 28 novembre 2012, n. 507, Foro amm. TAR, 2012, 11, 3569.

[7] Cons. Stato, Sez. IV, 13 novembre 2012, n. 5715, inForo amm. CDS, 2012, 11, 2846 (s.m.)

[8] Cons. Stato, Sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246, Foro amm. CDS, 2010, 7-8, 1419 (s.m.)

[9] Cons. Stato, Sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246, cit.

[10]Cons. Stato, Sez. VI, 23 ottobre 2001, n. 5590, in, Foro Amm., 2001, 2865 (s.m.)

[11] T.A.R. Liguria, Sez. II, 2 febbraio 2012, n. 242, inwww.giustizia-amministrativa.it, che richiama Cons. Stato, Sez. VI, 23 ottobre 2001, n. 5590 e T A.R. Lombardia Milano, Sez. I, 25 giugno 2003, n. 3511, T.A.R. Umbria Perugia, 11 febbraio 2000, n. 138 e T.A.R. Sardegna Cagliari, Sez. II, 18 dicembre 2008, n. 2183

[12]Cons. Stato, Sez. IV, 24 gennaio 2013, n. 468, inwww.giustizia-amministrativa.it.

[13] In senso contrario si segnala il precedente del Consiglio di Stato, di cui alla sentenza, Sez. V, 31 maggio 2012, n. 3254, inwww.giustizia-amministrativa.it, secondo cui sarebbe competente la Giunta ad adottare il provvedimento conclusivo di V.I.A. (nella specie, il Consiglio di Stato, confermando la sentenza del T.A.R. Sardegna – Cagliari, Sez. I, n. 209 del 10 marzo 2011, ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalità dell’art. 48, comma 3, della legge regionale 2 giugno 2006, n. 9, attributivo di detta competenza alal Giunta Regionale).

Con riferimento alla medesima norma regionale sarda, nel senso della non irragionevolezza dell’attribuzione da parte del legislatore regionale alla Giunta della competenza ad adottare il provvedimento di V.I.A., si è espressa anche la Corte costituzionale, con sentenza 3 maggio 2013, n. 81, “anche in considerazione della particolare complessità della VIA. In quest’ultimo atto, infatti, a verifiche di natura tecnica circa la compatibilità ambientale del progetto, che rientrano nell’attività di gestione in senso stretto e che vengono realizzate nell’ambito della fase istruttoria, possono affiancarsi e intrecciarsi complesse valutazioni che – nel bilanciare fra loro una pluralità di interessi pubblici quali la tutela dell’ambiente, il governo del territorio e lo sviluppo economico – assumono indubbiamente un particolare rilievo politico”.

In proposito, occorre precisare che trattasi di precedente non consolidato e comunque non condivisibile alla luce della natura tecnico discrezionale della valutazione di impatto ambientale, peraltro relativo a competenze inerenti una Regione a Statuto Speciale (la Sardegna) le quali sono disciplinate da uno statuto regionale, che è Legge costituzionale (L. Cost. 26 febbraio 1948, n. 3, da ultimo modificata dalla L. Cost. 7 febbraio 2013, n. 3), e che quindi, in ragione dell’aumentata autonomia, può condurre a soluzioni in grado di comportare, in materia ambientale, un maggior coinvolgimento degli organi politici.

Semmai, detta giurisprudenza specifica e riferita ad una Regione a statuto speciale può attagliarsi, in via generale, all’istituto della Valutazione Ambientale Strategica (V.A.S.), che riguarda piani e programmi (e non progetti), nei quali l’eventuale bilanciamento di interessi non appare estraneo all’indirizzo politico.

Una pubblicazione dell’avvocato Daniele Granara – Vincolo paesistico e governo del territorio

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