Una famiglia su 3 in Italia non ha accesso alla Rete da casa e il Paese è 19esimo in Ue per banda larga - InformaCibo

Una famiglia su 3 in Italia non ha accesso alla Rete da casa e il Paese è 19esimo in Ue per banda larga

di Informacibo

Ultima Modifica: 02/01/2017

“Quasi un terzo delle famiglie non ha ancora accesso a Internet da casa”. Lo afferma l’Istat nel rapporto Cittadini, imprese e Ict anno 2016  rimarcando come il Paese sia in fondo alla classifica europea per diffusione della banda larga, collocandosi al diciannovesimo posto con un valore pari al 77%, con un gap di 6 punti percentuali rispetto alla media europea (83%). Rispetto al 2015 è aumentata dal 66,2% al 69,2% la quota di famiglie che dispone di un accesso a Internet da casa. Di conseguenza le famiglie con una connessione a banda larga passano dal 64,4% al 67,4%. Le regioni con il minor tasso di diffusione della banda larga tra le famiglie sono Calabria e Sicilia.

La maggior parte delle famiglie che non hanno accesso ad Internet da casa riporta la mancanza di competenze come principale motivo del non utilizzo della Rete (56,6%) e quasi un quarto (23,6%) non considera Internet uno strumento utile e interessante. Seguono motivazioni di ordine economico legate all’alto costo di collegamenti o degli strumenti necessari (14,4%) mentre l’8% non naviga in Rete da casa perché almeno un componente della famiglia accede a Internet da un altro luogo. Residuale è invece la quota di famiglie che indicano tra le motivazioni l’insicurezza rispetto alla tutela della propria privacy (1,9%) e la mancanza di disponibilità di una connessione a banda larga (1,9%).

Tra le famiglie resta un forte divario digitale da ricondurre soprattutto a fattori generazionali e culturali. Le più connesse sono quelle in cui è presente almeno un minorenne: nove su dieci (90,7%) hanno un collegamento a banda larga, le meno connesse sono le famiglie composte solo da ultrasessantacinquenni, fra queste solo una su cinque (20,7%) dispone di una connessione a banda larga. Un elemento discriminante è il titolo di studio; ha una connessione a banda larga il 91,6% delle famiglie con almeno un componente laureato contro il 55,3% delle famiglie in cui il titolo di studio più elevato è la licenza media.

Aumenta la quota di persone che si sono connesse in Rete nell’arco di dodici mesi, con la maggioranza degli utenti internet ha dichiarato di avere competenze digitali di base (35,1%) o basse (33,3%). Passano dal 60,2% al 63,2% dei cittadini di 6 anni e più e salgono anche quanti si connettono giornalmente (da 40,3% a 44,6%). L’uso del web è più frequente tra i 15-24enni (oltre 91%) ma si registra un “forte recupero” in quest’ultimo anno da parte degli individui di 60-64 anni (da 45,9% a 52,2%), in particolare tra le donne di questa fascia di età (con un incremento di 8,7 punti percentuali). In generale, le differenze tra uomini e donne restano forti ma si riducono nel tempo: il gap a favore degli uomini era di 11 punti percentuali nel 2010, di 9,2 nel 2015 e di 8,6 nel 2016. Tali differenze si rilevano soprattutto dopo i 44 anni, mentre si annullano tra i più giovani (11-17 anni).

Oltre metà delle persone connesse sul web usa l’e-commerce. L’Istat rileva un aumento dal 48,7% del 2015 al 50,5% della quota di individui di 15 anni e più che hanno navigato in Internet e effettuato acquisti online nei tre mesi precedenti l’intervista. Anche tra quelli che non hanno fatto acquisti negli ultimi 3 mesi il 40,9% ha comunque cercato informazioni su merci o servizi o ha venduto beni online. Sono più propensi ad acquistare online gli uomini (54,4%), le persone tra i 20 e i 34 anni (60%) e i residenti nel Nord-est (55,8%).

Gli acquisti più frequenti sono ‘viaggi e trasporti’ (40,9%) e ‘abiti e articoli sportivi’ (40,2%), resta invece ancora poco diffuso l’acquisto di prodotti alimentari (8,6%). Nonostante il 98% delle imprese con almeno 10 addetti utilizzino Internet e il 71,3% disponga di un proprio sito web o pagine su Internet, solo l’11% ha venduto online i propri prodotti nel corso dell’anno precedente (era il 10% nel 2015). La quota sale al 30,5% nel caso di imprese con almeno 250 addetti, mentre scende al 7,6% (era 6,7% nel 2015) se consideriamo tutte le imprese che hanno effettuato vendite online per un valore almeno pari all’1% del proprio fatturato.

In continua crescita l’occupazione nelle professioni informatiche, anche durante la crisi. In Italia, gli occupati nel settore Ict (Information and communications technology) sono stimati in 720mila persone nel 2015, in aumento del 7% rispetto al 2011, mentre l’occupazione totale nello stesso periodo è diminuita dello 0,6%. La tendenza espansiva è proseguita nei primi nove mesi del 2016, con un aumento del 7,6% per le professioni ICT rispetto al 2015, superiore al miglioramento dell’1,4% per l’occupazione nel suo complesso. Tra il 2011 e il 2015, è cresciuta in particolare la rilevanza delle professioni Ict dirigenziali e tecniche ad elevata qualificazione (ingegneri elettronici e delle tlc, analisti e amministratori di sistema, specialisti di rete e della sicurezza informatica): l’occupazione in questa componente è aumentata di oltre il 40%. Complessivamente l’incidenza delle professioni Ict sull’occupazione totale è dell 3,2%, inferiore a quella di Paesi come Francia e Germania (rispettivamente al 3,6% e 3,7%).

Restano invece limitate le competenze digitali all’interno delle imprese: solo il 12,4% di quelle con almeno 10 addetti sceglie di svolgere le funzioni Ict per lo piu’ con addetti interni mentre il 61,9% ricorre a personale esterno. Si stima che il 71,3% delle imprese con almeno 10 addetti disponga di un proprio sito web o pagine su Internet (70,7% nel 2015); quasi tre imprese su dieci hanno sul sito un link al proprio profilo social mentre il 39,2% utilizza un social media (37,3% nel 2015). Solo il 15,6% utilizza piu’ di uno strumento web 2.0, evidenzia l’Istat.

Le piccole e medie imprese acquistano soprattutto servizi di cloud computing (posta elettronica, software per ufficio, archiviazione, hosting di database dell’impresa) di livello medio mentre una grande impresa su quattro utilizza servizi cloud di alta specializzazione. Il 9% delle imprese con almeno 10 addetti ha dichiarato di aver analizzato big data nel corso dell’anno precedente; il 7,9% attraverso personale interno all’impresa e il 2,9% ricorrendo a competenze esterne.

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Capo Redattore