All’Assemblea di Federvini la ricetta per la competitività
Nuova governance, identità, territorio, cultura, innovazione e apertura all’esterno
di Donato Troiano
Ultima Modifica: 23/05/2018
Si è conclusa il 22 maggio a Roma l’annuale Assemblea di Federvini, la federazione italiana industriali produttori, esportatori ed importatori di vini, vini spumanti, aperitivi, acquaviti, liquori, sciroppi, aceti ed affini (esclusa la birra), aderente alla Confindustria.
Presidente di Federvini Sandro Boscaini: da scongiurare aumento dell’Iva
E’ stato il presidente di Federvini Sandro Boscaini, a concludere i lavori ricordando i principali numeri del settore che si conferma uno dei principali contribuenti italiani con circa 9 miliardi di gettito pari al 2% del totale nazionale e uno dei punti di forza del Sistema Italia. Ma ci sono anche tante criticità da affrontare: mercati sempre più competitivi, una gestione politica e amministrativa che vive di troppi ritardi, rischi come quello dell’aumento dell’Iva da scongiurare ad ogni costo.
Piero Mastroberardino, presidente Gruppo Vini, ha sottolineato come la filiera italiana sia fondamentalmente anomala: “Il valore immateriale è garantito dall’unione tra brand famigliare e brand territoriale, che, però, sono di per sè elementi materiali: la differenza per il consumatore viene fatta sempre di più dall’imprenditore, dalla sua esperienza e dall’heritage. Ma se ci si vuole sviluppare è necessario crescere dimensionalmente; e per fare questo bisogna ricorrere al capitale di terzi. La scommessa è mantenere l’equilibrio, evitando che proprio il capitale proveniente dall’esterno disperda il valore del marchio”.
Per Micaela Pallini, presidente Gruppo Spiriti, è necessario per le imprese della tradizione italiana fare squadra “Solo così è possibile rafforzarsi nei mercati consolidati e conquistare quelli nuovi: per le aziende medio piccole, infatti, unirsi significa sfruttare economie di scala, come nel caso della distribuzione”. Inoltre, ha proseguito Pallini “alcune grandi novità a livello mondiale degli ultimi anni, come la mixologia, non sarebbero possibili senza l’apporto del settore italiano”.
Il settore aceti è un fiore all’occhiello dell’agro-alimentare italiano. “Sono circa 70 nel nostro Paese le imprese del settore” ha dichiarato Giacomo Ponti, vice presidente Gruppo Aceti “in gran parte famigliari: in Francia sono rimaste in 3 e questo indica un vantaggio competitivo rilevante, dimostrato dal fatto che il 90% del prodotto circa viene venduto all’estero. La nostra parola d’ordine è qualità. La sfida attuale è quella contro l’Italian sounding”.
Un export che cresce ma si assiste ad uno sbilanciamento su alcuni mercati
Se l’export cresce – i grandi produttori realizzano oltre confine oltre il 55% delle proprie vendite, con punte che arrivano a toccare il 90% – è altrettanto vero che assistiamo ad uno sbilanciamento evidente su alcuni mercati. Secondo un recente studio di Mediobanca, l’Italia ha infatti un indice di concentrazione nei primi paesi di destinazione di 1.108 in confronto a 730 della Francia, 711 del Cile e 632 della Spagna. Tale aspetto, da un lato, non tiene conto che una diversificazione più spinta potrebbe evitare problemi in caso di potenziali eventi avversi (dazi, Brexit, …); dall’altro, nei mercati in cui l’Italia è più presente, il prezzo del prodotto è mediamente più basso rispetto ai mercati secondari.
Nomisma: dalle bollicine arrivano i segnali di maggior vitalità
Le prospettive del vino sono state tratteggiate durante l’assemblea da Nomisma-Wine Monitor. Nel complesso, continuerà il trend spumanti, anche nei mercati emergenti (Est Europa ed Asia), ancora marginalmente coinvolti in questo boom.
Secondo le stime Nomisma sia per i bianchi fermi sia per i rossi fermi il prezzo medio italiano è più basso sia nei confronti di Francia (2,8 euro a litro contro 4,69 sui bianchi; 4,37 vs 5,36 sui rossi) sia nei riguardi della Nuova Zelanda (4,93 a litro per i bianchi e 7,71 per i rossi). Il rischio è di perdere una visione d’insieme tralasciando di esplorare aree geografiche più eccentriche, più rischiose ma anche a tasso di sviluppo potenziale maggiore (Sud America, Africa Australe, Sud Est Asiatico e Oceania).
“Diversificare, puntare a strutture più snelle e ragionare in chiave di sistema con modelli imprenditoriali che siano al contempo saldi e flessibili” ha concluso il presidente di federvini, Boscaini. “Solo così saremo pronti alle sfide del futuro prossimo con prodotti di valore e con una precisa identità”: entro il 2025 la Cina diventerà il secondo mercato mondiale dietro gli Stati Uniti con 13 miliardi di dollari superando Francia e Germania.
Questa per Federvini la ricetta per la competitività: nel settore del vino servono quattro fattori fondamentali: identità, territorio, cultura e innovazione. Quattro step indispensabili per arrivare a una crescita di valore, sia intrinseco che percepito, che è l’obiettivo ultimo e necessario per uno sviluppo armonico del comparto.
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