Analisi del CREA, segnali positivi per l’agroalimentare italiano
I primi nove mesi del 2019 evidenzia un’ottima performance delle esportazioni agroalimentari, con un aumento del 4,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente
di Donato Troiano
Ultima Modifica: 05/02/2020
Il sistema agroalimentare, inteso complessivamente come agricoltura, silvicoltura e pesca (ASP), anche per il 2018 si conferma settore chiave della nostra economia.
La produzione (59,2 miliardi di euro in valori correnti), infatti, registra un aumento significativo pari all’1,8% rispetto all’anno precedente, legato a una lieve crescita dei volumi prodotti (0,6%) e a un consistente rialzo dei prezzi dei prodotti venduti (+1,1%). Tuttavia, si confermano stabili sia il valore aggiunto, a causa del forte incremento dei consumi intermedi (+4,2%) sia il peso complessivo sul sistema economico (2,2%). Al risultato positivo hanno contribuito tutte le componenti, con le variazioni più significative da parte di silvicoltura e pesca (rispettivamente con +3% e +2,6% in valori correnti), pur rimanendo marginali rispetto all’agricoltura, che da sola pesa per oltre il 94% sul totale. Questi alcuni dei dati contenuti nell’Annuario dell’agricoltura italiana 2018 e del Rapporto sul commercio con l’estero dei prodotti agroalimentari 2018, elaborati dal CREA, con il suo Centro di Politiche e Bioeconomia.
La presentazione di ieri (4 febbraio 2020) evidenzia l’immagine di un comparto, che nonostante alcune criticità, presenta segnali di importante dinamismo, testimoniato dall’aumento degli investimenti fissi lordi (+4,2%), ma anche dalle buone le performance dell’industria alimentare, che pesa per l’11% circa sul valore aggiunto e per il 12% circa sull’occupazione del settore manifatturiero nazionale, registrando nell’ultimo decennio livelli di produttività (+9%) e indici della produzione industriale più elevati, rispetto al resto del sistema industriale. Aumenta lievemente il lavoro agricolo, con +0,8% delle unità di lavoro annue (ULA) impiegate, grazie alla crescita della componente dipendente (+2,5), che segnala la progressiva professionalizzazione dell’attività agricola. Risulta, inoltre, sempre più importante per le aziende la diversificazione delle attività produttive, che pesa per circa il 20% sul valore della produzione. Emerge inoltre che chi diversifica consegue migliori risultati economici. Ai buoni risultati ottenuti contribuiscono anche le numerose iniziative di carattere politico, con il livello di sostegno pubblico in agricoltura che ha superato i 12,7 miliardi di euro (+23%).
Dal punto di vista strutturale, prosegue il percorso di ricomposizione della maglia aziendale, con l’aumento delle aziende di classi dimensionali elevate (oltre i 100.000 euro di Produzione Standard), che gestiscono circa metà della SAU totale. La superficie media aziendale che è salita a 11 Ha, anche grazie ad un lieve ripresa del mercato fondiario, e soprattutto al ricorso agli affitti. Anche gli ultimi dati di tendenza registrano la fuoriuscita di operatori: in calo le iscrizioni delle imprese agricole nei registri camerali (-6,4%).
Indiscusso il ruolo ambientale dell’agricoltura, che è una delle componenti prioritarie della bioeconomia, di cui l’Italia è uno dei leader europei, con un fatturato stimato in oltre 322 miliardi di euro. La diffusione di pratiche sostenibili e il rafforzamento della componente forestale appaiono cruciali per il loro contributo a processi di mitigazione del cambiamento climatico. Cresce l’attenzione al ruolo di tutela paesaggistica, con numerosi riconoscimenti internazionali e nazionali, che favoriscono anche la crescita di attività collaterali come l’enoturismo, la cui disciplina è stata rinnovata di recente.
Le Indicazioni Geografiche (300 prodotti alimentari e 526 vini) hanno raggiunto un valore di mercato di primo piano
Il sistema di qualità basato sulle indicazioni geografiche (300 prodotti alimentari e 526 vini) ha raggiunto un valore di mercato di primo piano, il cui export commerciale è minacciato dall’instabilità politica internazionale.
Il commento di Roberto Henke, Direttore del CREA Politiche e Bioeconomia
«Le analisi periodiche condotte dal CREA – ha dichiarato Roberto Henke, – restituiscono un’immagine del settore agricolo italiano in cui convivono importanti segnali di dinamismo, a fianco di alcuni problemi ancora aperti, nonostante i quali la nostra agricoltura appare collocata lungo un percorso evolutivo di straordinario interesse. Per il futuro sviluppo del settore, l’esigenza imprescindibile è quella di trovare, da un punto di vista programmatico, il migliore equilibrio tra il bisogno di preservare una tradizione produttiva consolidata e la necessità di superare le criticità irrisolte, attraverso le ineludibili spinte innovative provenienti dalla ricerca e dall’avanzamento tecnologico».
Nell’anno, come evidenziato dal Rapporto sul commercio estero 2018, ancora una volta è stato l’export a fare da traino, con un aumento delle esportazioni italiane di prodotti agroalimentari del +1,4% rispetto al 2017, superando i 41,6 miliardi di euro, a fronte di una riduzione delle importazioni del -2% rispetto al 2017, attestandosi a 43,7 miliardi. Questa dinamica ha reso possibile la contrazione del deficit della bilancia agroalimentare, che per la prima volta scende sotto i 2 miliardi. Il principale mercato di riferimento è l’Unione Europea con 2/3 delle nostre esportazioni e oltre il 70% delle importazioni, seguito da Nord America e Asia. L’83% delle esportazioni riguarda prodotti trasformati o bevande, mentre 1/3 delle importazioni è costituito da prodotti primari in larga parte destinati all’industria alimentare. I prodotti del Made in Italy rappresentano oltre il 73% delle esportazioni.
L’analisi dei primi nove mesi del 2019 evidenzia un’ottima performance delle esportazioni agroalimentari, con un aumento del 4,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; tornano a crescere anche le importazioni agroalimentari (+1,4%). A trainare l’andamento positivo delle esportazioni, anche nel 2019, sono i prodotti trasformati e soprattutto le bevande, sia vino che altre bevande alcoliche e non alcoliche. Dal lato delle importazioni calano, invece, i flussi del settore dei trasformati. Il Nord America, principale mercato di destinazione Extra-UE, incrementa ulteriormente il proprio peso. I prodotti del Made in Italy, che rappresentano oltre il 73% delle esportazioni agroalimentari italiane, confermano il trend positivo. Molti dei principali prodotti, tra cui vino, prodotti da forno e formaggi, evidenziano, nell’intero periodo analizzato, tassi di crescita rilevanti.
«L’importanza dei mercati esteri per l’agroalimentare italiano – ha spiegato Roberto Solazzo, ricercatore CREA Politiche e Bioeconomia, responsabile del Rapporto sul commercio con l’estero dei prodotti agroalimentari italiani – trova conferma nel trend positivo delle esportazioni e nel netto calo del deficit della bilancia agroalimentare. I possibili effetti sugli scambi con l’estero dei recenti cambiamenti geopolitici e commerciali andranno monitorati e analizzati con attenzione, in particolare per le esportazioni dei prodotti del Made in Italy».
«L’importanza dei dati e delle informazioni quantitative e qualitative – ha commentato l’On. Giuseppe L’Abbate, Sottosegretario alle Politiche Agricole, che ha chiuso i lavori della giornata – è oramai imprescindibile anche per il comparto agroalimentare. Le crisi che oggi viviamo, sono il risultato della mancata programmazione. Elaborare Piani di settore per ogni comparto deve essere una priorità del Mipaaf per sostenere le imprese nell’affrontare l’evoluzione tecnologica, i cambiamenti climatici e le nuove sfide dei mercati. Valorizzare le produzioni nazionali, infatti, significa anche incentivare le esportazioni: occorre rispondere alle crescenti richieste delle imprese di inserire nelle Ambasciate italiane all’estero figure professionali adeguate, come gli agronomi, anche per dirimere i nodi cruciali dei singoli protocolli fitosanitari necessari per le esportazioni delle nostre eccellenze».
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