“Consumi & Distribuzione” Presentato il Rapporto Coop 2014
di Informacibo
Ultima Modifica: 04/09/2014
di Mariella Belloni
Milano, 4 settembre 2014 – Nella cornice della Terrazza Martini, splendida location milanese con vista mozzafiato sulla Madonnina, è stato presentato ieri il Rapporto Coop 2014 “Consumi & distribuzione” redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) con la collaborazione scientifica di Ref. Ricerche e il supporto d’analisi di Nielsen. Il Rapporto, in versione ebook interattiva illustrato da Enrico Migliavacca, vicepresidente vicario Ancc-Coop e da Marco Pedroni presidente di Coop Italia, fotografa lo stato di salute dei consumi nel nostro Paese inserito in un contesto europeo e internazionale e approfondisce le modalità con cui le famiglie reagiscono alla nuova realtà economica, le differenze che caratterizzano i diversi territori italiani e il confronto con quanto accade negli altri grandi Paesi europei.
Dal 2007 a oggi si sono volatilizzati circa 15 punti di Pil ovvero 230 miliardi di euro. E ciascun italiano ha visto ridursi nello stesso periodo di 2700 euro a testa il reddito disponibile.E’ la fotografia degli italiani che emerge dal rapporto 2014 di Coop su consumi e distribuzione. La fotografia di un paese che “si è fermato sull’orlo del baratro – ha commentato Marco Pedroni, presidente di Coop Italia (nella foto) – perché se la caduta rallenta, la ripresa non c’è ancora”. E sul carrello della spesa non si sono visti neanche gli effetti dei bonus di 80 euro del Governo Renzi.
L’aria che tira non può dirsi buona (il 77% degli italiani rispetto al 43% media europea dà un giudizio pessimo sulla qualità della vita nel proprio Paese e se si chiede un giudizio sullo stato dell’economia la percentuale dei negativi raggiunge il tetto del 91%), la fiducia dopo un timido rialzo sembra di nuovo volgere al peggio. Gli italiani continuano, però, a mostrare insospettabili capacità di adattamento. Assorbono gli urti provocati dalla recessione e rivoluzionano il proprio stile di vita trasformando le cicatrici della crisi in nuovi o antichi valori. Dopo anni di calo tornano a crescere i depositi (1,7% la maggiore quota di reddito risparmiato nell’ultimo biennio) e il 41% degli italiani dichiara di destinare al risparmio il denaro disponibile dopo aver soddisfatto bisogni essenziali. Fra gli obiettivi del risparmio spiccano temi classici, quasi ancestrali della società italiana: il futuro dei figli (sempre di meno ma sempre più preziosi) e le esigenze legate alla casa di proprietà. Si afferma un nuovo modello di spesa improntato alla frugalità (meno spostamenti anche i auto, meno vestiti, meno svaghi e divertimenti, ma anche meno tabacco, alcool e gioco) sostenuto dalle nuove opportunità offerte da internet e dai social media (60 milioni i device mobili connessi in Italia). In questo senso tornano in auge concetti un tempo impopolari, anticamera della povertà, venendo così a cadere anche un mito come l’uso della macchina a favore invece del “ noleggio” dell’’uso condiviso ” car sharing” al posto del possesso. Condivisione è la nuova frontiera dei consumi degli italiani che dimostrano di saper interpretare con atteggiamenti più innovativi degli altri europei lo spirito del tempo: solo il 44% non dichiara disponibilità alla condivisione, ma dicono no il 54% dei tedeschi e il 71% di inglesi e francesi. Vittima illustre della sharing economy è l’automobile, un mito appannato.
Quella che emerge dal rapporto è un’Italia che rinuncia. Virtuosi e tenaci da un lato, ma anche rinunciatari. E’l’altro lato della medaglia, l’Italia che dice no: quelli che non votano (sono il 43% alle ultime elezioni), dichiarano di non avere fiducia nelle istituzioni (71%), non sono contenti della propria situazione economica (70%), non partecipano a attività sociali/volontariato etc (lo fa solo il 22,5%) non si curano (3 italiani su 10), non studiano e non lavorano (il 24% dei giovani). Qui cova il disagio che sconfina nella depressione, tanto più tangibile al Sud dove il tasso di disoccupazione nel primo trimestre dell’anno ha superato i 21 punti percentuali e il 25% dei residenti nel Mezzogiorno non può permettersi un pasto proteico una volta ogni 2 giorni (prima della crisi erano circa la metà, il 13%).
Consumi generalmente al palo, ma a voler stilare una classifica sul podio svetta il binomio cucina-tecnologia: food maniaci da un lato e digital dall’altro. I soli comparti che non decrescono in un mare di segni meno sono il cibo (ma solo nelle sue varianti salutistico, etico, etnico, biologico/vegano) e la tecnologia specie se mobile. Il 46% degli italiani utilizza internet in mobilità per una media di 2 ore al giorno, ma sono collegati in rete in totale per quasi 5 ore al giorno e l’e-commerce è cresciuto del 20,4% solo nell’ultimo anno. E’ Internet la nuova piazza della spesa che sottrae terreno ai negozi fisici, anche ai supermercati e ai discount.
La distribuzione moderna è in ritardo rispetto ai cambiamenti rapidi e profondi dei consumatori. Più convenienza e qualità insieme, più informazione e scambio, più confrontabilità, più accesso smart in rete e nei negozi fisici. Coop lavora in questa direzione con i piani di grande cambiamento per il 2015.
La crisi ha reso la spesa più selettiva, calano infatti i consumi di verdure (-10%) frutta (-12%) e carne (-10%) mentre fanno registrare aumenti i prodotti senza glutine (+ 32,1%), bevande alla soia (+20,1%), e il giro d’affari del biologico toccherà quest’anno nella grande distribuzione i 720 milioni di euro.
“Pensiamo che il 2015 sia l’anno in cui si invertirà la tendenza recessiva, hanno concluso i relatori aggiungendo che le famiglie non torneranno, tuttavia, ai consumi pre-crisi perché hanno imparato nella crisi come difendersi e applicato uno stile più sobrio. Tutto il settore distributivo è chiamato a nuove sfide, a recuperare il terreno perso in termini di innovazione rispetto ai cambiamenti dei consumatori. Noi opereremo per innovare le politiche commerciali e il concetto stesso di convenienza su prodotti buoni e sicuri per tutti. Il Governo deve insistere su una politica di apertura del mercato, almeno completando le liberalizzazioni avviate su farmaci e carburanti, e di sostegno alla domanda interna con provvedimenti volti a favorire la natalità. Colmare lo spread generazionale è fondamentale per far ripartire il Paese”.
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