Grido di dolore lanciato da Donatella Cinelli Colombini: il Turismo del vino ucciso dal covid - InformaCibo

Grido di dolore lanciato da Donatella Cinelli Colombini: il Turismo del vino ucciso dal covid

La crisi del turismo mondiale blocca un business da 1.300 miliardi vuotando aerei, alberghi, ristoranti, agenzie viaggi e cantine che perdono i migliori clienti

di Donato Troiano

Ultima Modifica: 23/04/2020

Il turismo del vino ai tempi del coronavirus. Secondo alcune anticipazioni di uno studio di Demoskopika scritto dal presidente dell’Istituto di ricerca, Raffaele Rio, contenute nel saggio “Turismo in quarantena” nel 2020, l’emergenza coronavirus potrebbe bruciare 18 miliardi di spesa turistica: 9,2 miliardi per la contrazione dell’incoming e 8,8 miliardi per la rinuncia alla vacanze degli italiani nel Bel Paese. Le regioni che più risentiranno di questa contrazione con una perdita stimata di 12,6 miliardi di euro sono Veneto, Lombardia, Toscana, Lazio, Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige.

In questi giorni Roberta Garibaldi, una delle maggiori esperti di turismo enogastropnomico ed esponente del Board della World Food Travel Association e del World Gastronomy Institute, ha aperto sul web alcuni interessanti “Dialoghi sul turismo enogastronomico”  in programma due volte alla settimana con gli interventi in video di esperti e professionisti del settore food & wine.

Donatella Cinelli Colombini

E’ di oggi un vero e proprio grido di dolore lanciato da Donatella Cinelli Colombini, produttrice di Brunello di Montalcino, ideatrice della giornata di Cantine Aperte e attualmente presidentessa delle Donne del Vino, a proposito di questa emergenza Coronavirus sul settore al cui sviluppo lei stessa ha dato un importante contributo.

Donatella: il turismo del vino ucciso dal Covid

Ecco l’articolata presa di posizione Donatella Cinelli Colombini. Il turismo è la vittima economica principale dell’epidemia covid: un miliardo e quattrocento milioni di viaggiatori l’anno con un business mondiale intorno a 1.300 miliardi bloccato dalla paura. Paura di salire in aereo dove potrebbero esserci dei passeggeri contagiosi oppure di andare in alberghi o ristoranti dove il viaggiatore precedente, forse malato di covid, potrebbe aver starnutito su coperte o cestini del pane…. La reclusione in casa ha aumentato la percezione di pericolo rispetto a tutto quello che sta fuori delle mura domestiche per cui le vacanze, più che momenti di evasione, appaiono come esperienze ansiogene con il coronavirus sempre in agguato.

Le incaute dichiarazioni della Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen

Meglio evitare? Una prospettiva che la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha espresso con la frase <<non prenotare le vacanze della prossima estate>> e che il Presidente dell’Istituto Superiore della Sanità Silvio Brusaferro ha ripreso il 17 aprile <<è presto per pensare alle vacanze>>.

In questo disastroso 2020 –afferma la presidentessa delle Donne del Vino- ogni Paese cercherà di tenere i cittadini nei propri confini nazionali e probabilmente anche gli Italiani faranno viaggi di prossimità. Per questo le destinazioni turistiche dove i viaggiatori sono prevalentemente italiani saranno meno colpite rispetto a regioni, come la Toscana, dove gli arrivi dall’estero hanno percentuali molto alte e fra loro gli Statunitensi sono numerosi (9% degli arrivi totali). Qui si sta delineando un autentico tracollo. Non dimentichiamo che il turismo estero vale oltre 40 miliardi per l’Italia.

Grave la situazione in campagna dove il turismo si è sviluppato sotto forma di agriturismo e turismo enogastronomico

Più grave la situazione in campagna dove il turismo si è sviluppato negli ultimi anni sotto forma di agriturismo e turismo enogastronomico. In queste zone, ad esempio, i ristoranti non hanno, oppure hanno pochissima clientela locale e, rispetto ai colleghi di città non possono usare il delivery come alternativa. Non escluderei che molti decidessero di rimanere chiusi per tutto il 2020.

Oltre alla diminuzione dei flussi turistici esiste infatti un altro aspetto da considerare: gli effetti dell’eventuale contagio dove, per ora, l’epidemia di coronavirus è stata quasi assente. Prendiamo in esame le attività turistiche più problematiche, quelle delle aziende agricole – ricettività, ristorazione e enoturismo – che sono accessorie e spesso in promiscuità, con i lavori propriamente agricoli. Portando i visitatori in azienda aumenta il numero delle misure protettive da prendere nell’impresa nel suo complesso, ma soprattutto aumenta la probabilità di contrarre il covid. In una simile eventualità l’obbligo di quarantena potrebbe riguardare sia chi lavora nell’hospitality che il personale di cantine, uffici, vigneti e altre attività tipicamente rurali, con il blocco totale di ogni produzione.

Il futuro prossimo appare molto preoccupante

Per le destinazioni del turismo enogastronomico che negli ultimi anni sono cresciute a doppia cifra facendo da locomotore alla ripresa del turismo in Italia, il futuro prossimo appare molto preoccupante. Il Chianti classico, le Langhe, la Valpolicella …. hanno costruito un autentico sistema economico sull’attrattiva vino con alberghi e agriturismi, ristoranti, enoteche, cantine aperte al pubblico per visite, degustazioni e vendita diretta.

Per restringere alle sole cantine l’esame dei problemi turistici creati dal coronavirus, è ipotizzabile che le 25.000 aziende enologiche italiane aperte al pubblico,  e fra esse le 5-8.000 ben organizzate per l’hospitality, occupino intorno a 30.000 dipendenti stagionali addetti all’enoturismo, oltre al personale a tempo indeterminato e ai membri delle famiglie produttrici. Tutte persone che potrebbero rimanere senza lavoro.

Se andiamo a vedere il contraccolpo economico della mancanza di vendita diretta nelle cantine abbiamo dati altrettanto sconfortanti: 2-2,5 miliardi di Euro che costituiscono una liquidità importante per le imprese italiane ma soprattutto una fonte di guadagno con marginalità nettamente più alta rispetto ai normali canali commerciali.

Secondo i dati della Banca d’Italia (2019)  -conclude la nota di Donatella Cinelli Colombini- i turisti esteri in Italia spendono 12 miliardi all’anno in cibo e vino consumato nei pasti oppure acquistato come shopping goloso. Un autentico motore per la ristorazione e i negozi di tutte le città turistiche. Un motore che oggi è spento e farà rallentare anche chi riforniva questi luoghi di consumo e vendita cioè le cantine e i produttori di specialità alimentari di eccellenza.  Non scordiamoci che fino allo scorso anno metà dei 58 milioni di turisti stranieri in Italia aveva comprato almeno una bottiglia di vino.

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