Il Ministro Martina a Parma: “L’agroalimentare motore di sviluppo per il nostro Paese”
di Informacibo
Ultima Modifica: 17/04/2016
Foto di Raffaele D'Angelo
Parma 17 aprile 2016. Si è svolto ieri mattina al ridotto del Teatro Regio di Parma il convegno organizzato da Cna "L'eccellenza della produzione agroalimentare italiana tra tradizione e innovazione".
Il vero motore del made in Italy?
E’ il settore dell’agroalimentare trainato da artigiani e piccole imprese e alimentato dal carburante dei prodotti di qualità: 801 tra Dop, Igp e specialità tipiche geografiche, che rappresentano oltre un quarto delle vendite mondiali di prodotti riconosciuti. Eppure tra una burocrazia da incubo, una contraffazione sempre più diffusa, l’invasione di prodotti agroalimentari d’importazione e altri fattori, artigiani e piccole imprese del comparto non riescono a esprimere pienamente tutte le loro potenzialità.
Questa la fotografia scattata dal convegno a cui hanno partecipato, tra gli altri, il presidente nazionale di Cna, Daniele Vaccarino, Mirco della Vecchia, presidente di Cna alimentare, e il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina e Corrado Giacomini, Delegato per il Food Project dell’Università di Parma
L’analisi del ministro per le politiche agricole Maurizio Martina
“I provvedimenti del governo nel settore sono stati importanti ma ovviamente si può fare sempre di più. E proprio per questo motivo che siamo concentrati in particolare su alcuni settori cruciali, ma credo che il 2015 ed i primi mesi del 2016 siano stati momenti cruciali per il sostegno del settore agricolo italiano».
«Il mondo agroalimentare, non dimentichiamolo, è un settore fondamentale per il futuro di questo paese – ha sottolineato il ministro – Non solo dal punto di vista dell’economia ma anche come modello di sviluppo perchè potrà portare ad ulteriore occupazione, buona occupazione, permetterà il presidio del territorio e dei nostri paesaggi e grande innovazioni. Penso che l'Italia deve assolutamente spingere l’acceleratore per tutelare questo ambito: abbiamo davanti un settore straordinario che rappresenterà sempre di più un pezzo di futuro per il nostro paese».
Dopo l'introduzione di Gualtiero Ghirardi, Presidente CNA Parma, il sindaco di Parma Federico Pizzarotti nel suo intervento ha sottolineato: "dopo il riconoscimento Unesco a Parma di Città creativa della Gastronomia ci aspetta l'appuntamento di Cibus, che ci darà una ulteriore possibilità, anche quest'anno, per sostenere e valorizzare le nostre produzioni: non solo Parmigiano e prosciutto, ma l'intera filiera di prodotti e di eccellenze del territorio possono farci conoscere al mondo".
Queste invece le richieste al governo avanzate da Daniele Vaccarino, presidente nazionale di Cna: «Abbiamo bisogno di due cose: una grande semplificazione burocratica ed una corretta fase dei controlli nel processo alimentare. E’ giusto che ci siano controlli rigorosi ma devono essere concentrati in un unico ente».
«Il comparto nonostante la crisi ha retto ed anzi in alcuni settori sta vivendo una fase importante di crescita – ha sottolineato Vaccarino – Abbiamo molte imprese che stanno allargando i propri mercati e guardano con sempre maggiori interesse all’estero. I numeri dell’ultimo anno danno speranze per la crescita ma ci dicono che le aziende devono ulteriormente sforzarsi per mettersi insieme per superare le problematiche presenti in questo settore».
DATI POSITIVI PER L'AGROALIMENTARE
Cuore dell’evento, la presentazione dei dati del settore nel periodo 2007-2014 e i risultati di un questionario curato e rivolto da Cna a circa mille piccole imprese. I numeri dicono anche che l’agroalimentare rappresenta l’8,7% del Pil nazionale, il 13,9% se si aggiunge il valore dell’indotto. A confronto, il tessile abbigliamento arriva al 5,4% e l’arredamento al 3,1%. Nel manifatturiero italiano l’agroalimentare è secondo solo al metalmeccanico. L’anno scorso ha totalizzato 36,8 miliardi di esportazioni, segnando un più 7,3%: due volte e mezzo la crescita dell’export nazionale, attestata al più 3,7%. Un’eccellenza, come detto, firmata quasi totalmente da artigiani e piccole imprese. Le pmi con meno di cinque milioni di fatturato attive nella filiera, dalla produzione somministrazione, sono infatti oltre 245.000 (dati 2014 banca dati Sose-Agenzia delle Entrate).
Su 58.000 aziende specializzate nella produzione alimentare 40.000 sono invece le imprese artigiane e 12.000 quelle con meno di 50 dipendenti.
Tra il 2007 e il 2014 il numero complessivo delle imprese è salito del 6,8% (da 230.109 a 245.779), e numeri in crescita hanno registrato i dipendenti (+6%), che sono passati da 306.347 a 324.524. Negli stessi anni bui dell’economia emerge anche un passaggio preferenziale verso forme d’impresa più strutturata. Le società di capitali sono aumentate del 43,1% (e ora rappresentano l’11% del totale), a fronte di un +6,3% delle persone fisiche (ora il 52% complessivo) e un calo (dello 0,8%) delle società di persone. Per quanto riguarda gli indicatori economici, invece, tra il 2007 e il 2014 il valore degli investimenti in beni strumentali è cresciuto del 19,1%, passando da 17.688 a 21.067 milioni. Significativo anche l’andamento dei ricavi, cresciuti del 9,3% e passati da 40.312 a 44.058 milioni. I redditi sono invece diminuiti di poco meno dell’1% (da 4.285 milioni del 2007 a 4.247 milioni del 2014) per far fronte alla competizione globale. Nonostante i numeri più che positivi però artigiani e pmi dell’agroalimentare non dormono sonni tranquilli. Lo testimoniano le risposte di circa mille piccole imprese al questionario della Cna, che mettono sul banco degli accusati la contraffazione, le difficoltà ad arrivare sui mercati internazionali, il ruolo crescente della grande distribuzione organizzata con i tempi di pagamento che si allungano, l’invasione di prodotti agroalimentari d’importazione e, dietro l’angolo, il Trattato Transatlantico con gli Usa. Per queste imprese la burocrazia è un incubo. Per avviare un’attività alimentare sono necessari 56 adempimenti.
Il tempo sottratto all’attività per adempiere alle richieste burocratiche “ruba” fino a 15 giorni l’anno secondo il 14% degli interpellati, tra 16 e 60 giorni per il 48%, oltre 60 giorni per il 38%. Tre intervistati su quattro ritengono che la normativa nazionale, scaturita per il 90% dalle norme europee, rappresenti un elemento di svantaggio competitivo. Nel mirino anche gli eccessivi controlli. Il 60% degli intervistati ritiene prioritario istituire una banca dati unica. Oggi sono 15 i soggetti preposti ai controlli, suddivisi fra quattro ministeri: Politiche agricole, Economia, Salute e Sviluppo economico. Per gli artigiani e gli imprenditori coinvolti nell’indagine realizzata dalla Cna va razionalizzato l’intero sistema, riducendo il numero delle formalità.
Va bene, quindi, accorpare tutte le competenze del settore in un unico dicastero per rafforzare il rapporto tra agricoltori e trasformatori. E vanno evitati i conflitti tra ministeri nell’interpretazione delle leggi, com’è accaduto nel recente passato con la questione dei tempi di pagamento fra imprese della filiera.
Condividi L'Articolo
L'Autore