A Milano l’effetto Expo 2015 non si vede: alimentare in crisi
di Informacibo
Ultima Modifica: 29/09/2013
Milano 29 settembre 2013. La ripresa, se c’è, è solo negli annunci. «Diciamo che la fine della crisi resta una leggenda metropolitana», dice il segretario della Camera del lavoro, Graziano Gorla. Gli ultimi dati sviscerati dal sindacato lasciano poco spazio alla speranza. Quasi 36mila avviamenti al lavoro in meno nella provincia di Milano nel confronto tra il periodo gennaio-agosto del 2012 e quello di quest’anno. La disoccupazione al 7,8 per cento, come nel 1971, ai tempi dello shock petrolifero. Da qualsiasi punto la si guardi, c’è poco da stare sereni. «E ci rimettono sempre i soliti: i giovani, le donne, gli over 50 rimasti fuori dal mercato del lavoro», commentano Antonio Verona e Ivana Brumato della Cgil milanese.
In vista c’è l’appuntamento con Expo, e per la prima volta si hanno dei numeri anche sul quel versante. I più ottimisti profetizzarono 700mila posti di lavoro. La Cgil, più diffidente, li riduce di dieci volte: 70mila è la previsione. Peccato che tra ottobre 2012 e giugno 2013 le assunzioni legate all’esposizione universale siano state (solo) 1.288. «È un po’ presto per parlare di flop, per una indicazione più vicina alla realtà toccherà aspettare almeno l’aprile del prossimo anno», spiega Gorla. Ma fa comunque impressione: se esiste un effetto Expo, per ora il mondo del lavoro non se n’è accorto.
L’altra beffa, per ora, è legata sempre alla fiera del 2014, che ha come tema “Nutrire il pianeta”. Ebbene, uno dei settori che soffre di più è proprio quello del settore alimentare. Le aziende coinvolte hanno nomi noti: la Bindi di San Giuliano, con 200 lavoratori in cassa integrazione; la Perfetti di Lainate, altri 450; la Sammontana Tre Marie, 115 lavoratori a rischio; la Montebianco di San Giuliano Milanese 84 dipendenti; la Plasmon, con in corso il negoziato per gli esuberi. «Le cause sono legate alla contrazione dei consumi — ragionano dal sindacato — e poi la competitività internazionale crescente affrontata senza innovare, perché si è considerato il settore al riparo dagli effetti della recessione».
I dati forniti dall’Osservatorio del mercato del lavoro della Provincia ed elaborati dal sindacato fotografano altri due aspetti. Il primo: se Milano fino al 2008 era tra le prime città europee come occupazione femminile con il 61 per cento, adesso si è tornati sotto alla cifra obiettivo del trattato di Lisbona (che è il 60): oggi siamo al 58 per cento, e la curva non dà segni di ripresa. Il secondo: nella quota dei nuovi avviamenti, la fanno da padrone i contratti a termine. Non era così fino al 2008. Tra tempi determinati, apprendistati, lavoro interinale e parasubordinato, quel che si trova in giro è comunque precario.
Volendo intravedere un particolare minimamente positivo, si scopre che tra i neoassunti da aziende impegnate per Expo, la quota maggiore (36,2 per cento) è quella di chi ha ottenuto contratti a tempo indeterminato. I settori produttivi più interessati dagli avviamenti sono quelli dei servizi di supporto alle imprese, noleggio e agenzie viaggi (15,6 per cento), alloggio e ristorazione (15,3) e costruzioni (11). Quanto alle figure professionali che avranno più mercato nei mesi a venire sul fronte fiera, Gorla è sicuro: «Mancano i periti industriali, ma in generale le figure intermedie sono le più ricercate».
Condividi L'Articolo
L'Autore