Il vino parla asiatico ma l'Italia è ancora indietro - InformaCibo

Il vino parla asiatico ma l’Italia è ancora indietro

"Asia: la lunga marcia del vino italiano", il rapporto dell'Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor alla vigilia di Vinitaly

di Donato Troiano

Ultima Modifica: 30/03/2019

La domanda globale di vino dell’Asia Orientale vale 6,45 miliardi di euro di import ed è già prossima all’aggancio del Nord America (Canada e Usa), piazza da 6,95 miliardi di euro.

È questo il quadro di sintesi fatto a Roma durante la presentazione del 53° Vinitaly dove è stato presentato lo studio “Asia: la lunga marcia del vino italiano” a cura dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor ed illustrata dal responsabile Denis Pantini.

”L’Asia Orientale – ha sottolineato Giovanni Mantovani, Ceo di Veronafiere Spa presente a Roma con il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese non è solo Cina ma molto di più: rappresenta una area commerciale di circa un terzo della popolazione mondiale e di questo passo la domanda di vino del Far East supererà entro tre anni quella del Nord America’‘. Su questa nuova rotta orientale, l’Italia finora ha però fatto solo capolino rispetto alla Francia, nonostante, come evidenzia lo studio Nomisma, una tenuta in terreno positivo del sistema vino made in Italy a livello mondiale (+3,3% nel 2018 sull’anno precedente). La presenza in Asia Orientale di vini made in Italy è ancora marginale rispetto alle potenzialità italiane. Per il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese: “La lunga marcia italiana verso l’Asia si è rivelata in questi anni ancora più faticosa per la mancanza di una vera regia di sistema Paese”.

Secondo lo studio, il vino parla sempre più asiatico, con cui dialogano in particolare i francesi e – oggi più che mai – il “nuovo” mondo produttivo, Australia e Cile che in alcuni paesi beneficiano di una politica dei dazi favorevole.

E l’Italia?

Secondo l’analisi condotta dal responsabile di Nomisma-Wine Monitor, Denis Pantini emerge come a fronte di una tenuta in terreno positivo del sistema vino made in Italy a livello mondiale (+3,3% nel 2018 sull’anno precedente), la presenza in Asia Orientale sia ancora marginale rispetto alle potenzialità italiane. Dei 6,45 miliardi di euro di importazioni registrate lo scorso anno in Cina, Giappone, Hong Kong, Corea del Sud (ma anche Vietnam, Taiwan, Tailandia, Filippine, Singapore e altre), la Francia – pur in calo – incassa infatti a valore il 50,2% della torta asiatica, per un equivalente di 3,24 miliardi di euro. La quota di mercato italiana si ferma invece al 6,5% (419 milioni di euro), meno anche di Australia (15,9%, a 1 miliardo di euro) e Cile (8,9%).

Ma il futuro (forse) è tricolore

L’Italia, secondo l’analisi dell’Osservatorio curato da Denis Pantini, è certamente cresciuta nelle vendite, ma meno dei suoi concorrenti: in Cina in 5 anni l’incremento italiano ha sfiorato l’80% mentre le importazioni da mondo hanno segnato un +106%. Così a Hong Kong (+28% vs +67%) e in Corea del Sud (+36% vs +60%) e soprattutto in Giappone – il mercato più tricolore in Asia – dove il Belpaese non ha fatto meglio di un +3,4%, contro una domanda del Sol Levante cresciuta di quasi il 30%.

Asia Orientale importa: 93 milioni di bottiglie di Bordeaux e 13 milioni di bottiglie dei rossi Dop (provenienti da Toscana, Piemonte e Veneto)

Per dirla in bottiglie, nel 2018 l’Asia Orientale ha importato quasi 93 milioni di bottiglie di Bordeaux (e 6 milioni di Borgogna), mentre il complessivo dei rossi Dop provenienti da Toscana, Piemonte e Veneto supera di poco i 13 milioni di bottiglie. Tradotto in valore, il rapporto è 11 a 1: 864 milioni di euro del solo Bordeaux contro 77 milioni dei rossi Dop delle 3 regioni italiane. Il futuro si annuncia comunque interessante per il Belpaese, con un tasso annuo di crescita -stimato dall’ Osservatorio- nei prossimi 5 anni che si prevede essere superiore ai consumi dell’area: fino all’8% in Cina, dall’1% al 2,5% in Giappone, complice l’accordo di partenariato economico, dal 5,5% al 7,5% in Corea del Sud e dal 3% al 4,5% a Hong Kong.

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