Un personaggio e un piatto: Marino e la polenta - InformaCibo

Un personaggio e un piatto: Marino e la polenta

Una storia marchigiana per ridare valore all'economia locale, per tornare al principio base della reciprocità che era nell’essenza della civiltà contadina

di Donato Troiano

Ultima Modifica: 02/08/2018

La cultura è una componente fondamentale nella vita delle Marche. E’ diffusa ovunque, lo abbiamo constatato in un viaggio tra Fabriano, Sassoferrato, l’antica Sentinum, le grotte di Frassassi e i piccoli borghi, Cerreto d’Esi, Serra San Quirico, Vallemania. In questi posti oltre al “companatico” di arte e storia, nelle sue molteplici sfaccettature, c’è una cultura gastronomica che punta a dare valore all’economia locale, con una maggiore educazione sul cibo, per tornare al principio base della reciprocità che era nell’essenza della civiltà contadina, come ci insegna Carlin Petrini di Slow Food.

Proprio in queste zone, grazie ad Angelo Serri, ideatore di Tipicità ed esperto di marketing territoriale e all’Unione montana Esino Frasassi, abbiamo incontrato, insieme ad un gruppo di giornalisti, un cuoco/contadino/imprenditore, Marino Montalbini, che davanti ad una polenta, quella vera, fumante e gustosa ci ha dato una lezione storica, economica e gastronomica di questo piatto preparato con il mais ottofile di Roccacontrada: un bene povero che nel tempo è diventato di gran pregio, la dimostrazione concreta di quanto un cibo, il mais, chiamato volgarmente granturco, possa diventare, se ben recuperato e valorizzato, una ricchezza per una comunità e un valore per un territorio.

Lasciamo parlare Ermanno Olmi, uno dei più autentici cantori del mondo agricolo

Ermanno Olmi, il regista, scrittore e sceneggiatore bergamasco che nel film «L’albero degli zoccoli» (Palma d’oro a Cannes nel 1978) ha narrato magistralmente la civiltà contadina di cui tutti siamo figli, proprio in una lettera inviata al presidente della Pro Loco, ora dell’Accademia Misera di Roccacontrada, Alfiero Verdini, ha così descritto la polenta di Ottofile: «È la polenta fra le più gustose e saporite che si possono ancora trovare tra le ormai rare sopravvissute alla devastazione di una modernità male utilizzata».

Marino Montalbini, cuoco contadino e cantore della polenta

Marino Montalbini mentre prepara la polenta in un grosso paiolo di rame

Una lunga premessa prima di far parlare Marino Montalbini, dell’azienda agricola di Magnadorsa di Arcevia che coltiva il Mays Ottofile di Roccacontrada, un mais tradizionale con la spiga dal colore rossiccio, che ancora si trova in piccole fasce collinari e montane delle Marche.

«Dalla primavera del 2005, su un’idea progettuale della Pro Loco e dell’amministrazione comunale, con mia moglie Lorena -ci dice Marino Montalbini- abbiamo nuovamente seminato, raccolto, scartocciato, gramolato anche a mano, il granaturco tradizionale chiamato “Mays Ottofile di Roccacontrada”, “ottofile” dal numero delle file delle cariossidi e dal nome antico di Arcevia, inserito nelle tipicità della regione Marche dal 15 giugno 2007”.

Il racconto avviene mentre prepara all’aperto, presso il “Mulino, parco Avventura”, vicino alle grotte di Frassassi, la polenta in un grossissimo paiolo di rame: «All’inizio coltivai il mais su mezzo ettaro di terra, – racconta Montalbini –, nell’ultima stagione ne ho coltivati 12, e prossimamente arriverò ad oltre 15 ettari. Nel frattempo ho recuperato dei vecchi paioli e vado in giro per l’Italia a fare asssaggiare la mia polenta. Nel 2015 sono stato all’Expo di Milano e nello stesso anno ho partecipato alla Disfida Internazionale della Polenta che si tenne a Gandino nelle Valli bergamasche, (una terra dove la polenta è il principe della tavola ndr), e in questa disfida, davanti a numerose polente di tutto il mondo. la mia polenta di Mays Ottofile di Roccacontrada, ha vinto il primo premio. Da allora posso dire che è la polenta più buona del mondo. E questo è dovuto anche al fatto che la farina si ottiene con macinazione a pietra in uno storico mulino ad acqua, di Sirinaldo Spoletini, che si trova sempre a Magnadorsa sul fiume Misa».

«L’unica controindicazione -precisa Marino- è che, essendo una varietà vitrea, cioè molto dura, ha bisogno di una cottura lunga. Per farla come si usa nelle Marche, da stendere nella spianatora, per 500 grammi di farina occorre usare 2,4 litri acqua. Se invece si vuole fare come nel Nord Italia, dove si usa tagliarla con il filo, bastano due litri. La polenta deve essere versata nell’acqua fredda e deve cuocer almeno un’ora, meglio un’ora e un quarto, da quando bolle».

Dalla polenta alle gallette di mais

Adesso la mia azienda ha cominciato la commercializzazione delle gallette di mais. Ho trovato in zona – specifica, il cuoco-contadino e agricoltore imprenditore – uno stabilimento che con stampi a 240 gradi schiaccia il chicco intero e lo pressa con un peso di 20mila chili. In 7 secondi lo cuoce e ne esconno delle gallette fragranti”.

La riscoperta del Mays Ottofile di Roccacontrada grazie al contributo scientifico dell’area di Genetica Agraria del Diparimento di Scienze degli Alimenti dell’Università Politecnica delle Marche

Raccontata così sembra una bella “storia passionale”, di un personaggio e di una piccola azienda di famiglia, visto che Montalbini viene aiutato nei lavori agricoli solo dalla moglie, ma non è così.

La riscoperta del Mays Ottofile di Roccacontrada è avvenuta, con il contributo scientifico dell’area di Genetica Agraria del Diparimento di Scienze degli Alimenti dell’Università Politecnica delle Marche. Esso si configura come un progetto più ampio per la valorizzazione delle varietà tradizionali di mais ancora presenti nelle Marche, nonché all’identificazione di un prodotto tipico a partire da una varietà tradizionale ormai quasi abbandonata, e nella messa a punto degli aspetti agronomici e varietali nell’ambito della conservazione della biodiversità.

Il seme Mays Ottofile di Roccacontrada può essere rosso, arancio e giallo è censito dall’Assam, (Agenzia Servizi Settore Agroalimentare delle Marche) ed è conservato nella Banca del Germoplasma Regionale di Monsampolo del Tronto in provincia di Ascoli Piceno.

Solo ripartendo dalla tradizione e dai piatti semplici si ridà valore ad una economia rurale che non possiamo continuare a trascurare perchè ancora capace di darci, se sapientemente promossa, un’opportunità in più, dal lato economico ma anche per l’ appeal turistico del nostro BelPaese.

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