600 sindaci d’Italia dicono no al consumo del suolo e sì allo Stato che difende il paesaggio
di Informacibo
Ultima Modifica: 24/06/2013
Orsogna (Chieti) 24 giugno 2013. “La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Così recita la Costituzione Italiana all’Articolo 9, per questo ogni azione che non tuteli il suolo e liberi i territori da un suo uso scellerato è anticostituzionale. Così 600 sindaci d’Italia dicono no al consumo del suolo e sì allo Stato che aiuta le imprese a “disegnare” il paesaggio, bene comune e punto di forza strategico per il Belpaese. Ecco l’appello delle Città del Vino emerso all’Assemblea Nazionale di scena a Orsogna (Chieti) il 23 giugno nel corso della Convention di Primavera dell’Associazione, che in questo modo riprendendo e aggiornando le posizioni già espresse sui disegni di legge in materia di piccoli comuni (2011) e contenimento del consumo del suolo (2012), esprimono una forte contrarietà alle “azioni e omissioni” che affliggono il disegno di legge in materia di contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri. (http://www.terredelvino.net/).
“Suolo, paesaggio e ambiente – sottolinea il presidente delle Città del Vino, Pietro Iadanza – in quanto patrimonio comune, non sono negoziabili e l’agricoltura è la principale garante del corretto uso del patrimonio territoriale comune. L’obiettivo della legge non dovrebbe essere quello di contingentare il consumo del suolo o di monetizzarlo, ma di arrestarlo. Il testo in discussione non solo continua, invece, a prevedere nuovo consumo e un farraginoso meccanismo per decidere in quale misura poterlo fare, ma contiene anche formulazioni equivoche sulla pianificazione territoriale e paesaggistica, che dovrebbe attuare le politiche di tutela e valorizzazione del paesaggio e non rappresentare qualcosa di diverso con cui queste ultime devono coordinarsi. Una valorizzazione che è anche strumento di potenziamento dell’offerta turistica e che è collegata e non può prescindere anche da, solo per toccare uno dei punti cardine, una nuova legge sulle Strade del Vino che, prendendo spunto dalla legge 268/99 prevedesse nuove disponibilità finanziarie destinate all’adeguamento degli standard di qualità, evitando finanziamenti a pioggia, ma sostenendo specifici progetti di avviamento o miglioramento di una Strada. Poi, l’auspicato ripristino della destinazione originaria degli oneri di urbanizzazione non è sostenuto dall’indicazione dei gettiti con cui sostituirli e non c’è nessun impegno per una seria e veloce riforma della finanza locale, rischiando così di avere un impatto “simbolico” rispetto all’entità del plusvalore generabile dalla trasformazione edilizia di suoli agroforestali. Soprattutto alla luce del recente decreto sblocca debiti P.A., che autorizza per altri due anni a monetizzare il suolo libero”.
Non sono infine molto chiari, spiegano le Città del Vino, le funzioni e le utilità del Registro dei “buoni” enti: pur con mille difficoltà finanziarie e non solo, è già noto lo sforzo di molte amministrazioni (soprattutto di piccole e medie dimensioni) teso ad introdurre comportamenti virtuosi nell’ambito della tutela del territorio; tra queste numerosi sono i Comuni aderenti alle Città del Vino e in particolare quelli che si sono dotati o intendono dotarsi di strumentazione urbanistica coerente con i principi del Piano Regolatore delle Città del Vino. Maggiormente a rischio sono, invece, le aree urbane e periurbane delle grandi città, ma soprattutto è a rischio il fondamento su cui dovrebbe poggiare qualunque decisione che va ad incidere sulla salute e la qualità della vita dei cittadini, sulla difesa dei presidi territoriali e paesaggistici e sul futuro della nostra agricoltura.
Lo Stato ci deve credere e investire di conseguenza, riconoscendo al territorio rurale il valore bene comune e la centralità dell’agricoltura, dando la priorità a disposizioni concrete e improrogabili come quelle finalizzate ad una mappatura dei suoli vocati all’agricoltura, alla messa in sicurezza delle aree di pregio, alla semplificazione burocratica e dell’accesso finanziamenti e credito per il recupero dei centri storici e dei nuclei abitati rurali, il riuso di edifici e sistemi insediativi rurali.
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