CUCINA: ovvero, arte in tavola di Pier Luigi Nanni - InformaCibo

CUCINA: ovvero, arte in tavola di Pier Luigi Nanni

di Informacibo

Ultima Modifica: 13/10/2014

Carissimi navigatori on-line e curiosi, nonché gourmet ed appassionati enogastronomi, con questa breve presentazione, inizia una rubrica il cui argomento è decisamente appetitoso: la cucina nel piatto, con l’abbinamento di vini non solo dei Colli Bolognesi, in quanto nativo, residente nella città felsinea e grande estimatore, che per le loro peculiarità si sposano con tantissime portate, ma anche di altre regioni poichè altrettanto ricche di grandi enologie.

Le ricette, che saranno presentate di volta in volta, sono di facile preparazione ed alla portata anche di coloro che hanno poca dimestichezza con pentole, tegami o fornelli e quant’altro “strano” attrezzo di cucina.
Per le preparazioni mi atterrò ad ingredienti facilmente reperibili, ma soprattutto ai prodotti di stagione che per le intrinseche peculiarità sono ottimali e di gran lunga i preferiti sia per freschezza, gustosità, facile reperibilità e … da non trascurare, il buon rapporto prezzo/qualità!
Inoltre, si tratteranno argomenti inerenti alla storia della cucina, sia dei vini che degli ingredienti stessi di uso comune, perciò buona lettura e …. BENVENUTI

DALLE ORIGINI AI GIORNI NOSTRI

IL MENU’: CAPOLAVORO DELLA CIVILTA’ GASTRONOMICA

Il primitivo che a fatica riusciva a procacciarsi un pugno di bacche ed un paio di uova d’uccello per mettere insieme il pasto, e con tale cibo non avrebbe saputo bere altro che un sorso d’acqua fresca, non poteva certo figurarsi che trascorsi millenni nella fatica di civilizzarsi, il genere umano sarebbe riuscito ad impostarsi uno schema di pasto, nel quale compariranno cibi di diverse portate in una ben meditata successione.
Il menù, questa ‘invenzione’ continuamente rinnovatesi, sperimentata da infiniti collaudi, che di volta in volta si integra adattandosi alle esigenze di una società che si trasforma, è in effetti, il capolavoro della gastronomia e nel contempo stesso, prosodia e metrica del vero mangiar bene. Inteso come arte del nutrirsi con godimento, col proprio organizzato succedersi di portate, l’uomo dovette attraversare le tre grandi ere della civiltà culinaria: quella della fame, del lusso e della raffinatezza con la quale nacque finalmente il vero e proprio menù.
In effetti, se il primitivo o il povero delle antiche civiltà mediterranee aveva solo il problema di nutrirsi e non si poteva concedere il piacere di scegliere con che cosa farlo, nell’era del lusso invece, iniziato alle corti dei babilonesi, degli egizi e concluso col Re Sole, il pasto luculliano non era altro che un seguito di pasti, una portata era una forma di pasto in sé: il più delle volte tutt’altro che parco!
Successivamente, col reggente di Francia si cominciò a fare i conti con quella moderazione che doveva imprimere, soprattutto nel secolo appena trascorso, una forma veramente compiuta al menù, sfrondandolo e renderlo soddisfacente ma snello, coerente e poco faticoso.
Il pasto si accingeva a diventare, per chi poteva permetterselo nella forma articolata del menù, un piacere che non costava sforzi né portava pericolose conseguenze. Ma per arrivare a tanto dovevano ancora trascorrere millenni e millenni.
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IL GOURMET CONSIGLIA …

Mi accingo a proporre, come il “bon-ton” consiglia, l’aperitivo, onde stimolare il proseguo del convivio.

IL VINO COME APERITIVO

Prima dell’avvento dei cocktails, il vino era considerato il miglior aperitivo.
Se andiamo a ripescare tra le schiette ed antiche tradizioni locali, in Veneto troviamo l’ombretta; nel Friuli il leggendario tajut dallo stampo alpino; in Trentino il goto; nel Lazio la fojeta e nella nostra grassa e saporita regione, il frizzantino, per cui tutto ciò a cosa ci conduce: la tipologia dell’ammiccante vino.
Bianco secco, sia tranquillo che frizzante o tendenzialmente aromatico, oppure un aristocratico calice di spumante o uno snob champagne.
Dalle ubertose colline di casa mia, vi troviamo un ottimo PIGNOLETTO SPUMANTE METODO CLASSICO COLLI BOLOGNESI DOC, con splendidi e tenui riflessi dorati, sapido e piacevolmente fresco ma non aggressivo, stimolante nella ricchezza di aromi fruttati e floreali: degno inizio di un desinare di classe.
Degustare in una luminosa flûte a 7-8°C stappato al momento.
Altro ottimo e piacevole “calice” si produce sui colli di Reggio Emilia: SPUMANTE BRUT COLLI DI SCANDIANO E CANOSSA DOC elaborato col metodo Charmat; secco con freschezza marcata e delicati sentori vegetali dalla finale e decisa nota aromatica, piacevole e fine.
Mi raccomando: servire con le stesse modalità del precedente spumante.

* Pier Luigi Nanni.
Studi professionali e laurea in Scienze Agrarie, sommelier professionista e giornalista pubblicista enogastronomo, collabora con numerose testate e siti web del settore; inoltre, curatore e presentatore di rubriche radiofoniche di enogastronomia.
Docente presso vari Istituti Professionali Alberghieri in enologia e sommelierie comparata.
Risiede e lavora a Bologna quando, professionalmente, non è in giro per il mondo.

IL SIMPOSIO DEI GRECI
I greci dell’antica cultura delle città stato, erano il popolo dei tre pasti giornalieri: ariston – colazione mattutina, deipnon – pranzo del mezzogiorno e il dorpon – il desinare serale.
Potevano scegliere tra vivande abbastanza varie: zuppe, pesce, carne di bue, montone, agnello, maiale; selvaggina da pelo e da penna; legumi, formaggi freschi e stagionati; dolci a base di miele, latte, noci e farina, nonché frutta fresca.
I cuochi di Corinto, Atene, Tebe, Sparta, Rodi e della Magna Grecia quale Sibari, Crotone, Siracusa ed Eraklyon, facevano il resto gareggiando nel complicare sempre più le pietanze, in quanto l’ostentazione di ricchezza era ancora considerata buon gusto, mentre i liberi pensatori come Zenone [490-430 a.C.], Socrate [469-390 a.C.] e Platone [427-347 a.C.] che monopolizzavano la saggezza di quei tempi, esortavano al simposio nel quale al godimento dei cibi e delle bevande, si accompagnavano quello delle musiche, dei canti ancestrali e della conversazione.
A significare l’importanza del convivio presso i greci, sono rimaste le espressioni epicureo, onde indicare tra i raffinati piaceri, particolarmente quello della tavola, di cui il filosofo Epicureo [340-270 a.C.] si sarebbe reso protagonista, e sibarita, colui che si compiace delle raffinatezze conviviali di cui la città di Sibari ne aveva fatto un’arte fin dal VI° sec. a.C.

LE PAPPARDELLE DEGLI ETRUSCHI
Stanziati nella fertile Toscana, gli etruschi furono tra i primi a trasformare il convivio in vera e propria arte.
Rispetto ai greci, più che di progresso nella composizione del menù, si trattava di una crescita nella qualità e nella quantità delle vivande, soprattutto nella coreografia che accompagnava i simposi, molto più raffinati.
Fece la sua comparsa, sembra il flauto, che col personale dolce suono, allietava i commensali, uomini e donne sontuosamente vestiti, se non addirittura spogliati e sdraiati su specie di letti detti klinai.
Il servizio era assicurato da giovinetti e fanciulle, spesso completamente nudi.
Il menù aveva fatto notevoli progressi avendo acquisito la braciola di maiale, le pappardelle di pasta e le crostate con uva matura o miele.
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IL GOURMET CONSIGLIA …

L’ANTIPASTO E IL VINO

Dopo uno stimolante aperitivo, degnamente maritato a piacevoli stuzzicherie e …. in altrettanta stimolante compagnia, un antipasto come entrée per un ottimo proseguo culinario è sempre gradito, soprattutto se accompagnato dal vino perfetto.
 

OUVERTURE DI GAMBERETTI & VERDURINE

Dosi per quattro persone.
– Ingredienti: 200 g di gamberetti sgusciati; 8 foglie di lattuga; mezzo sedano rapa; 2 carote; il succo di mezzo limone; 1 bicchiere di vino bianco secco e tranquillo; 1 cucchiaino di senape; 1 cucchiaio di panna da cucinare o similare come lo yogurt; olio d’oliva extra-vergine/pepe bianco/sale s. q.
Tempo di preparazione e cottura: 40 minuti.
– Riempire una casseruola con un litro di acqua, il vino, la scorza del mezzo limone e un cucchiaio di sale: portare ad ebollizione, buttarvi i gamberetti ancora surgelati e cuocerli per 5/6 minuti, scolarli e lasciarli raffreddare. Tagliare a sottili listarelle (a julienne) sia le carote che il sedano rapa ed unire ai gamberetti in una terrina. Lavare ed asciugare delicatamente le foglie di lattuga ed adagiarle su un piatto da portata rotondo. Diluire la senape col succo di limone, aggiungervi due cucchiai di olio, la panna, sale e pepe: sbattere per emulsionare la salsa che si verserà nella terrina su gamberetti e verdure e successivamente, mescolare delicatamente.
Suddividere il composto nelle foglie di lattuga a mò di coppe e deporre qualche minuto in frigo.
– Il vino utilizzato per la preparazione “dovrebbe” essere il medesimo da accompagnare in tavola, per valorizzare ulteriormente caratteristiche e tipicità. Il sapore marcato ma non aggressivo della salsa, insaporisce la delicatezza dei molluschi, per cui il SAUVIGNON COLLI BOLOGNESI DOC, secco e giovane, che esprime sia profumi che sapori vegetali con finale di fiori campestri appassiti, è l’ideale.
Stappare al momento e servire a 10-11°C in stretti calici per evidenziarne la piacevolezza.
Dal grande e profondo sud, e precisamente in Calabria, terra di eccezionali e piacevolissimi vini, troviamo il CIRO’ BIANCO CLASSICO DOC le cui rare peculiarità si perdono nella notte dei tempi della Magna Grecia
Giallo paglierino dorato e brillante dai ricchi e marcati profumi floreali e fruttati con lieve nota aromatica, mentre al palato è secco e fresco, aromi di fiori di campo e frutta bianca acerba con piacevole retrogusto sottilmente amarognolo.
Per il servizio, stesse modalità del precedende vino.
 

LA SMODERATEZZA DEI ROMANI – punto I°

I romani, allievi degli etruschi che rapidamente si affrettarono a distruggere, superarono largamente i loro maestri.
Infatti, trascorso il tempo in cui servi e padroni sedevano ad un parco desco comune, i romani, distrutta Cartagine, conquistata la Sicilia e domata l’Asia Minore, aprirono sotto l’influsso della civiltà greco-orientale, l’epoca dei menù mirabolanti e scenografici impostati per impressionare gli invitati: menù destinati a rendere celebri soprattutto coloro che li avevano pagati! I patrizi facevano acrobazie per imbandire convitti sempre più fastosi, con la scusante di voler maggiormente onorare le divinità Gastrea e Comus, protettrici della gastronomia e del simposio: in realtà, per farsi un nome!
Giovenale racconta di famiglie che pignoravano persino i mobili e addirittura, in casi estremi per l’arrampicata sociale, vendevano i propri figli: il tutto per poter offrire banchetti agli amici e conoscenti.
Nobili come Fabio Gurgite e Licinio Grasso [80 a.C], attori come Clodio Esope e principi del foro quali Ortensio [65 a.C.], condottieri famosi come Antonio [35 a.C.] e Lucullo [58 a.C.], persino imperatori quali Nerone [68 d.C.], Vitelio [69 d.C.] ed Eliogabalo [220 d.C.], dilapidarono sia sostanze pubbliche, – già allora come oggi! – che private, in libagioni colossali.
La lista delle vivande comprendeva un antipasto assortito, una parvenza di primo, una seconda portata ed un terzo piatto tutti a base di carni varie, verdure e legumi; dolci, frutta fresca e secca. Invece che di pietanze, come erano parafrasate, sarebbe più giusto e corretto parlare di pasti!
Ogni piatto era composto di un poco di tutto, accompagnato con arte, spesso in forme architettoniche o teatrali, così che ogni portata era una rappresentazione a sé, qualcosa di perfetto e compiuto che non avrebbe richiesto, per costituire un lauto piatto, un primo o altro dopo.
Il vino servito era rigorosamente allungato: due parti appunto di vino e restante acqua fresca.
Tra il primo, il secondo ed il terzo piatto di portata, si osservavano intervalli abbastanza lunghi, durante i quali gli ospiti erano intrattenuti da spettacoli d’arte varia: canti, danze, scenette allegoriche e brani recitati, cui essi assistevano mollemente sdraiati sul ‘triclinum’.
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IL GOURMET CONSIGLIA …

PRIMI PIATTI E VINO

Si prosegue con le prime portate, sia minestre con o senza pasta nella saporita e delicata ‘grassezza’ del brodo, che pastasciutte con gli innumerevoli intingoli che l’italica fantasia predilige, in quanto sempre invitanti ed accattivanti!

PASSATELLI
Dosi per quattro persone.
– Ingredienti: 200 g di parmigiano grattugiato; 4 uova intere; 150 g di pangrattato; 50 g di burro; 1 presa di noce moscata; 1,5 l. di ottimo brodo di carne; sale s. q.
Tempo di preparazione e cottura: 40 minuti.
– Unire impastando molto bene tutti gli ingredienti sopra elencati e regolare di sale. Portare all’ebollizione il brodo. Con l’apposito attrezzo, simile ad uno schiacciapatate avente i fori di circa mezzo cm., ricavare i passatelli della lunghezza desiderata ed immetterli direttamente a cuocere nella pentola del brodo scoperta.
Appena affiorano in superficie saranno cotti e servirli ben caldi in fondine con la giusta quantità di brodo e importantissimo … spolverare col parmigiano!!!
– La netta speziatura unita alla consistente sapidità e grassezza degli ingredienti di questo piatto da sempre considerato erroneamente “povero”, sia per la semplicità di preparazione che per gli alimenti stessi merita, giustamente, un ottimo rosso altrettanto ricco di profumi e classe, per cui un’accattivante BARBERA FRIZZANTE COLLI BOLOGNESI DOC è perfetta. Dal colore rosso rubino intenso, secca e piacevolmente briosa, sapida e corposa anche se giovane di 1-2 anni; deliziosi sentori floreali, soprattutto di viola e frutta rossa acerba, sottile finale gradevolmente amarognolo, ottima e stimolante per i piacevoli sapori della portata.
Servire in medi calici a 18°C stappando al momento, così manifesterà appieno le peculiari ricchezze.
Se invece si gradisce un vino più corposo e pieno di gustosità, un eccellente LAMBRUSCO GRASPAROSSA DI CASTELVETRO DOC, è altrettanto piacevole da maritare a questa portata così ricca di appetitosità.

LA SMODERATEZZA DEI ROMANI – punto II°
Le posate erano costituite da una sorte di cucchiaio e dal coltello che si usava raramente, poiché il cibo era servito già tagliato in bocconi, ed al posto della forchetta, una specie di grosso spillone il quale, sulle mense patrizie, era d’argento o d’oro.
Una singolarità: ciascun convitato si portava il proprio tovagliolo da casa!
Anche se non possedeva cinque tonnellate di vasellame d’argento per la mensa, come pare avesse il tribuno Livio Druso nel 122 a. C., tuttavia il più famoso anfitrione fu certamente Trimalcione, personaggio letterario passato alla storia della gastronomia per il fasto smodato e straripante dei suoi banchetti.
Petronio, il suo creatore, nel Satyricon ci descrive appunto un banchetto che durò dal tramonto al canto del gallo. Fu una cena colossale che vide sfilare una serie innumerevole di portate e una, nello specifico, era rappresentata da ben dodici pietanze l’una diversa dall’altra e ciascuna di esse, per forma e natura degli ingredienti, si riferiva ad un segno zodiacale.
Come poi facessero i convitati a trangugiare tanta roba, lo spiega Cicerone in una lettera.
Riferendosi all’eterno nemico Giulio Cesare, si riporta che, come molti insigni personaggi del loro tempo “agèbat emotekèm”: vale a dire, che durante il banchetto si procurava più volte il vomito, in modo tale da poter mangiare la portata seguente. Alla faccia del ‘bon ton’!!!
L’enormità degli sprechi alimentari indusse sovente i legislatori a promulgare leggi che limitavano la moltitudine delle persone che era lecito invitare ad un banchetto, nonché il numero, la quantità e la qualità delle portate stesse che potevano costituire il menù.
Non mancavano altresì i doni munifici che l’anfitrione offriva al termine del convivio, a coloro che vi avevano partecipato in qualità di ospiti: Alessandro Magno il Macedone, in occasione di uno dei suoi vari banchetti nuziali, – 323 a. C. – aveva donato una tazza d’oro ad ognuno dei novemila invitati.
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IL GOURMET CONSIGLIA …

MEZZEPENNE IN CREMA DI ZUCCA CON LENTICCHIE

Dosi per quattro persone.
– Ingredienti: 300 g di mezzepenne di grano duro oppure sedanini o di altra pasta con formato similare; 300 g di polpa di zucca già pulita; 250 g di lenticchie in scatola; 50 g di misto per soffritto surgelato o meglio, se fatto al momento è decisamente più appetitoso; 100 g di latte; 250 cl. di olio d’oliva extravergine; 1 ciuffetto di prezzemolo; parmigiano reggiano grattugiato; sale/pepe bianco s. q.
Tempo di preparazione e cottura: 30 minuti.
– Cuocere, bollendo, la polpa di zucca e successivamente frullarla col latte, sale e 2 cucchiai di parmigiano: il tutto deve risultare una crema liscia. In abbondante acqua salata, cuocere al dente la pasta prescelta, mentre nel frattempo in una casseruola scaldare 3-4 cucchiai di olio: fare appassire il soffritto per alcuni minuti e successivamente aggiungere le lenticchie scolate dal liquido di conservazione e salare. Lasciare insaporire il tutto per alcuni minuti e mettere la pasta in una terrina mescolando con la crema di zucca, irrorare con un filo d’olio ed unire le lenticchie col soffritto: cospargere di parmigiano, prezzemolo tritato ed una macinata di pepe.
– La naturale tendenza dolce del sugo e l’altrettanta delicatezza dei legumi, impongono un vino parimenti sottile e raffinato nelle sensazioni organolettiche: PINOT BIANCO COLLI BOLOGNESI DOC, secco ed evoluto di due anni. Gradevole nota di freschezza e giusta sapidità, fragranti aromi di frutta bianca matura e finale di fiori campestri appassiti, nota aromatica ben appropriata con la crema di zucca.
Stappare al momento servendo a 10-12°C in stretti calici.
Volendo indirizzarsi verso la Romagna, un ottimo ALBANA DI ROMAGNA DOCG, è gradevolmente abbinabile, poiché secco e l’elevato carattere e ricchezza di preziosi sentori evoluti di frutta bianca e nota floreale, ne fanno un “mariàge” altrettanto perfetto.

CUCINA & GASTRONOMIA – punto I°
Tra situazioni altalenanti, i secoli trascorrono e nel XIII° Fra’ Salimbene da Parma ricorda luculliani banchetti in cui servivano ‘raviolo senza veste di pasta’ e ’lasagne con formaggi’. Se i prodotti della terra, dell’allevamento, della caccia e pesca erano gli stessi dei secoli precedenti, non uguali i cibi che apparivano sulle tavole dei nobili o sul modesto desco del popolo.
Infatti, mentre i piatti della plebe erano in genere costituiti da polenta di cereali, ortaggi, e poca carne se non addirittura totalmente assente, innaffiati da ‘mezzovino’ o acqua e aceto, ma più spesso con solo acqua, mentre elaborati, ricchi nonchè raffinati risultavano essere i pranzi delle classi emergenti: il tutto abbinato ad ottimi vini bianchi e rossi non solo italiani, ma anche importati direttamente da ogni parte d’Europa.
L’Emilia del XVIII° sec. con Maria Luigia d’Austria, prende possesso appieno dell’arte culinaria, in quanto la duchessa era accompagnata da uno staff di cuochi francesi e pasticceri viennesi i quali fecero conoscere le paste lievitate.
E’ compresa anche una lunga serie di vini locali e stranieri: i freschi e leggeri ‘latiali’ dei colli romani; il frizzante e secco ‘Pinus lietum’, il pignoletto; il ‘Trebulanum’ dai territori Pontifici, l’odierna Romagna; lo spumeggiante ‘rosso’ della vicina Mutina, cioè Modena; il ‘Falernum’ della Campania; il ‘Verdolino’ dalla Persia; il ‘Kirchewasser’ dall’Austria e i distillati di frutta dalla Prussia, nonché innumerevoli altri ancora.
La nobiltà comincia ad avere una passione smodata per tutto ciò che è un alimento ittico: anguille, carpe, anche storioni, comprese le trote dei torrenti appenninici e i delicati nonché rarissimi gamberetti di fiume.
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IL GOURMET CONSIGLIA …

ROMBO AL FORNO CON VERDURINE

Dosi per quattro persone.
– Ingredienti: 1 rombo di circa 1,5 kg; mezzo litro di vino bianco secco, fermo e di buona qualità; 2 rametti di rosmarino; verdure miste quali: patate, zucchine, cipolle o porri, peperoni gialli, pomodori, melanzane, olive nere snocciolate; 1 spicchio d’aglio; 100 g di olio d’oliva extravergine; sale e pepe in grani s. q.
Tempo di preparazione e cottura: 90 minuti.
– In una teglia da forno alta 6/7 cm mettere l’olio e l’aglio. Pulire attentamente il rombo facendo alcune incisioni sulla parte esposta ed adagiarlo sulla teglia già pronta: tagliare le verdure a fette di circa 1 cm. e cospargerle sul pesce, salare e macinare il pepe senza eccedere ed aggiungere i rametti di rosmarino.
Portare il forno a circa 180°C di temperatura ed infornare innaffiando col vino bianco.
Controllare la cottura con uno stuzzicadenti: che sia asciutto dopo averlo inflitto nella polpa.
Porzionare e servire con le medesime verdure cotte insieme al pesce.
– Da sempre è buona norma accompagnare la portata con lo stesso vino di preparazione per assecondarne le tipicità che ha irrorato, in questo caso, il rombo, ma è ugualmente corretto abbinarci un altro vino, che può essere il GRECO DI TUFO DOCG della Campania. Secco, decisamente strutturato e di qualità, perfetto se maturo di 2-3 anni: sentori fruttati e di erbe officinali che ben si sposano con la delicatezza della polpa e l’aromaticità delle verdure.
Stappare al momento a 10 °C e servire in medi calici.
Altro grande vino per questa altrettanta sfiziosa portata, è il veronese SOAVE CLASSICO DOC. Secco e delicatamente dorato con rilevanti aromi fruttati e fiori di campo, soprattutto se leggermente maturo, 2/3 anni, piacevole e fine.
Servire come il precedente vino.

CUCINA & GASTRONOMIA – punto II°
E’ di notevole difficoltà il tracciare una strategia narrativa a riguardo dell’alimentazione, in quanto vi sono continue interpretazioni, e non raramente, contrasti tra cucina e gastronomia.
La ‘cucina è tradizione’ e legata al luogo, alla stagionalità ed è essenzialmente sia casalinga che popolare, per cui tali connotazioni sono prevalentemente ‘femminili’.
La ‘gastronomia è innovazione’, tendenzialmente esotica e super-stagionale, tipica del palazzo e della corte, dai tipici atteggiamenti ‘maschili’.
E’ superfluo ricordare che gran parte dei nuovi cibi entrati nella cucina attraverso la gastronomia del palazzo e della corte, sono dovuti a capaci ‘conserve’, le ghiacciaie colme di neve, utilizzate per preservare gli alimenti, mentre la ricchezza permetteva di avere veloci destrieri che li portavano nelle cucine anche da terre lontane.
Memorie scritte di gastronomia della seconda metà del millennio appena trascorso, 1500 e ‘600, le abbiamo nei numerosi trattati tramandati dagli ‘scalchi’ di corte, antesignani degli odierni cuochi, mentre scarse e infide sono le documentazioni relative alla cucina, se non addirittura assenti per lunghi periodi. Al più, riguardano la presenza e la disponibilità degli alimenti, non la loro trasformazione ed associazione: si hanno alcuni relitti di una realtà che forse ci rimarrà per sempre sconosciuta.
Alcuni inventari delle mense di conventi e di qualche ostello per gli indigenti, i calmieri delle merci, alcuni scritti di agricoltura e materie affini, si rilevano preziosi per ‘intuire’ antiche realtà, ma al tempo stesso, rappresentano rischi che occorre riconoscere ed evitare. Tra questi, il confondere un nome con una precisa ricetta e credere che piatti per noi consumatori del terzo millennio, comuni e quotidiani, lo fossero anche nel passato.
Il vino è da sempre associato alla cucina ed alle proprie preparazioni per cui, più il fruitore e conoscitore affina il buon gusto per gioire delle peculiarità di ognuna, avremo sulla tavola maggior esaltazioni di ciò che il passato ha o non ha potuto pienamente trasmetterci.
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IL GOURMET CONSIGLIA …

SEMIFREDDO AL TORRONE

Dosi per quattro/sei persone.
– Ingredienti: crema di zabajone ottenuto con 6 uova; mezzo litro di panna; 300 g di torrone ricoperto al cioccolato, 50 g di cacao fondente in polvere, zucchero/latte fresco s. q.
– Tagliare il torrone in minuti pezzetti e montare la panna. In una grande ciotola mettere i pezzi di torrone, la panna montata e lo zabajone: amalgamare molto bene tutti gli ingredienti.
Versare l’impasto così ottenuto, in una forma per dolci, perfetta se lo stampo è rettangolare: posizionare in freezer per almeno quattro ore, in modo tale che si rassodi completamente.
Nel frattempo, sciogliere completamente a bagnomaria con l’aggiunta del latte e di poco zucchero, il cacao, fino a renderlo una luminosa crema: dopo aver rovesciato lo stampo, superiormente al rettangolo dolciario, versare sopra il cacao sciolto facendolo colare anche lateralmente.
Tagliare e servire subito.
– Questa marcata ed evidente dolcezza, necessita di un vino ricco di altrettante peculiarità, per cui l’ottimo ALBANA DI ROMAGNA DOCG PASSITO è perfetto. Giallo paglierino con netti riflessi dorati carico tendenti all’ambrato, sentori di pesca gialla ed albicocca matura o in confettura, buccia di arancia caramellata, suadente dolcezza e delicato dalla personale freschezza, strutturato e di grande lignaggio enologico.
Servire in piccoli calici stappando al momento a 12-14 °C.
In quel gioiello di isola incastonata nel Mediterraneo che è Pantelleria, si produce un ottimo MOSCATO DI PANTELLERIA PASSITO DOC ottenuto da uve di moscato di Alessandria, dal brillante colore ambrato e netti profumi tipici del vitigno, dolce dai sentori di frutta cotta, buccia di agrumi canditi e caramello, caldo di alcol e lunga nota finale di tostatura, elegante.
Per il servizio, attenersi alle stesse modalità dell’altro precedente grande vino.

IL VINO IN TAVOLA – punto I°
Come si è potuto notare, il vino è degustato dai ceti medio-alti accompagnando cibi selezionati e durante i banchetti, mentre per il popolino acqua o il cosiddetto terzanello, cioè la terza o addirittura la quarta spremitura, per cui di ‘vino’ presentava ben poche peculiarità!
Ben altra qualità di vino finiva sulle modeste tavole del volgo, ed era quello fortemente alcolico con l’immancabile spunto di aceto, che serviva come energetico e sostentamento per portare a termine i gravosi lavori di campagna e per la manutenzione dei maestosi palazzi nobiliari.
Alcune leggi riportate negli annali degli statuti piacentini del 1331, enunciavano disposizioni severe onde tutelare la genuinità del vino, prevedendo per i contravventori, elevate pene peculiari “ … proibendo l’annacquamento e la colorazione artificiosa dei rossi con bacche di sambuco”. A quanto pare, frode e sofisticazioni, erano già d’uso comune!
Arrivando a giorni più prossimi all’odierno, precisamente nel XX° sec. quando, nella scodella con pochi ‘agnoli’ in brodo veniva versato mezzo bicchiere del ‘nero’, in genere lambrusco, oppure, i più raffinati aggiungevano anche formaggio. Tale tradizione è ancora oggi rispettata soprattutto dagli anziani della bassa padana: chi aggiunge lambrusco a cappelletti o tortellini in brodo, si volge verso il muro per rispetto dei commensali che, non conoscendo questa atavica consuetudine, potrebbero essere disturbati dall’inconsueto colore assunto dal brodo.
L’enologia intesa come tale non ha nemmeno due secoli di vita.
Fu Napoleone III°, verso la metà dell’800, a dare l’impronta di quella viticoltura che permetterà alla Francia di essere una ‘grandeure’ incontrastata per innumerevoli anni nella produzione di vini.
I quattordici distretti viticoli sono stati, e ancora odiernamente, riconosciuti produttori di elevata qualità, tanto che molti paesi produttori emergenti hanno preso la Francia come riferimento per l’enologia di fine ‘900.
Il primo istituto per la ricerca e sviluppo della viticoltura però, è stato fondato in Ungheria nel 1855.
L’Italia, Enotria tellus di tanti secoli fa e ormai dimenticati, ha cominciato l’avventura enoica verso la fine dell’800, ma soprattutto nel periodo tra le due guerre mondiali, sempre più in crescendo verso qualità, tipicità e caratteristiche che oggigiorno, oltre ad essere tra le prime produttrici al mondo, sono riconosciute ovunque.
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IL GOURMET CONSIGLIA …

CONCHIGLIA DI PARMIGIANO REGGIANO CON BRESAOLA E ZUCCHINE

Dosi per quattro persone.
– Ingredienti: 150 g di parmigiano; 150 g di bresaola; 2 zucchine medie; 2 cucchiai di olio d’oliva extra-vergine; succo di mezzo limone; pepe nero s. q.
Tempo di preparazione e cottura: 20 minuti.

– Accendere il forno e portarlo a circa 220°C. Foderare con carta da forno una placca e comporre dei mucchietti con la quantità di un cucchiaio colmo di parmigiano, distanti tra loro in modo tale che non si sovrappongano durante la fusione. Preparare alcune tazze da tè. Aspettare qualche minuto e dalla placca togliere i dischetti così formati che, essendo ancora teneri, inserirli nelle tazze che ne prenderanno la forma e che raffreddandosi, la manterranno. Tagliare a listarelle la bresaola e condirla con olio, limone e pepe nero appena macinato. Pulire e tagliare sempre a listarelle anche le zucchine e mescolarle delicatamente alla bresaola. Distribuire il tutto nelle conchiglie e guarnire con un fiore di zucca: servire rapidamente, poichè il parmigiano tende ad inumidirsi velocemente.

– La sottile fragranza ben maritata alla sapidità del parmigiano ed all’evidente delicatezza vegetale, un ottimo RIESLING ITALICO COLLI BOLOGNESI DOC, secco e rigorosamente tranquillo dagli evoluti profumi di fiori campestri, petali di rosa canina, piacevole nota finale aromatica ed amarognola, è perfetto.
Stappare al momento e servire in stretti calici a 10-12 °C.
Un altro ottimo e piacevolissimo vino da maritare a tale accattivante antipasto, è lo CHARDONNAY TRENTINO A. A. DOC, giovane, secco e dalle nette fragranze della frutta tropicale matura e finale di fiori appassiti, gradevolezze complesse che si evidenziano al palato.
Servire alle medesime condizioni del precedente vino.

IL VINO IN TAVOLA – punto II°
Per quanto buono possa essere di qualità, un vino non si valorizza pienamente se si beve in malinconica solitudine, a parte casi specifici, senza essere accompagnato ad un cibo per un mariàge perfetto.
Il vino non va associato casualmente al cibo, poiché l’abbinamento inizia da principi che tengono in considerazione la dolcezza, corposità ed altri parametri di entrambi.
Deve instaurarsi tra loro un rapporto armonico ed equilibrato tale che uno non prevarichi l’altro, ma porre in evidenza tutte le peculiarità intrinseche degli alimenti presenti nel piatto e nel bicchiere.
Tale armonia ed equilibrio si raggiunte per concordanza o contrapposizione.
Si ha per concordanza quando il vino ed il cibo hanno tipicità corrispondenti: con l’astice, dalla polpa tendenzialmente dolce, è perfetto un bianco secco e maturo, morbidezza accentuata e lievi ma rilevanti profumi; così pure per la pasticceria: sempre vini abboccati, amabili o nettamente dolci a seconda dell’insieme dei componenti.
Per contrapposizione, quando le caratteristiche del cibo e del vino sono nettamente contrastanti: se il cibo possiede riscontrabile sapore acido, non deve essere accompagnato da un vino riccamente fresco, poiché le due ‘sensazioni’ si sommerebbero, per cui è preferibile abbinarne uno morbido e tranquillo che ne compensi la componente acida.
Ma cosa è un buon vino senza un matrimonio perfetto che pone in evidenza sia il piatto che le caratteristiche intrinseche del bere? Niente di più stonato e sgradevole, se alle canoniche undici portate riportate ne “Il Galateo” di Monsignor Della Casa – 1550 – abbinassimo a piatti unici, artistici e perché no, anche poetici, ottimi e rari vini ma non appropriati, per cui finalmente ci addentriamo nel prossimo incontro nel particolare mondo, senza dubbio affascinante, della cucina!
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IL GOURMET CONSIGLIA …

ZUPPA DI CECI

Dosi per quattro persone.
– Ingredienti: 300 g di ceci in scatola; 200 g di bietola; 20 g di funghi secchi; 5/6 foglie di salvia; 2 spicchi d’aglio; 60 g di pancetta affumicata; 4 cucchiai d’olio d’oliva; sale/pepe q. b.
Tempo di preparazione e cottura: 40 minuti.

– In una padella versare l’olio d’oliva e soffriggervi la salvia, l’aglio schiacciato e i funghi rinvenuti in acqua tiepida e tritati. In un tegame unire al composto ottenuto, le bietole spezzettate e i ceci scolati dall’acqua di conservazione, aggiungere 1 litro d’acqua e cuocere a fuoco medio per 30 minuti. Rosolare in padella con un filo d’olio la pancetta tagliata a cubettini e spolverizzarla con pepe macinato al momento, ed unire il tutto al composto preparato in precedenza: controllare di sale e servire.

– Sapore e delicatezza si accompagnano squisitamente ad altrettanta piacevolezza del GRIGNOLINO DEL MONFERRATO DOC in gioventù, secco e tranquillo, garbato, rosso rubino porpora e sentori di frutta acerba con retrogusto sottilmente amarognolo.
Stappare qualche minuto prima e servire in calici medi alla temperatura di 14°C.
Anche un giovane NERO D’AVOLA DOC è altrettanto perfetto con tale portata. Rosso rubino marcato dalle sfumature porpora, netti sentori fruttati e floreali con note speziate e sottilmente aromatiche, mentre al palato è secco, morbido e caldo di alcol, grande corposità con aromi complessi ed evoluti di piccola frutta di bosco e cotta, delicata speziatura dolce e finale dalle note aromatiche, elegante e raffinato.
Servire a 16/18°C in ampi calici stappato al momento.

L’EVOLUZIONE DEL GUSTO – punto I°
Spesso ho riferito dell’abbinamento cibo-vino e del rapporto armonico fra questi due importanti elementi della nostra cultura alimentare: le vivande, il loro servizio ed il consumo.
Cercherò di esporli diversificandoli, cioè trattandosi non di quello che si deve fare, bensì di ciò che non si deve fare in pratica.
Il vino bianco col pesce e il rosso con le carni: questa è una codificazione entrata nell’uso comune che rappresenta soprattutto la logica del buon senso. Buon senso che si ricollega e ripropone in definitiva cosa: la tradizione maturata attraverso l’esperienza ed ai cambiamenti del gusto dei nostri tempi. Un’evoluzione che continua grazie ad un accrescimento educativo del consumatore, alla migliorata qualità dei prodotti e della formazione professionale degli addetti ai lavori.
Un esempio può essere utile onde dimostrare quanto sopra: in diverse occasioni ho dimostrato che l’equazione – pesce = vino bianco – è decisamente obsoleta.
Attraverso iniziative mirate sono scaturite nuove e più complete esperienze che hanno tenuto conto di una vasta complessità di situazioni. La varietà e la composita gamma degli alimenti, la conoscenza dei modi di cucinarli, del dosaggio dei loro condimenti, delle salse, dei contorni e delle temperature, rappresentano infatti i veri ostacoli che si devono superare attraverso il giusto abbinamento. Più complesse sono le preparazioni dei piatti e maggiormente arduo sarà avvicinargli il vino.
Due sono gli elementi che ci guidano alla scelta del vino giusto: tradizione e logica, strade note che devono essere sempre percorse.
Si ricordi che anche se le statistiche annunciano il calo dei consumi pro-capite del vino, aumentano costantemente coloro che affinano il modo di bere e di apprezzarlo, optando convinti per la qualità che è, a ragione, anche qualità di vita.
Un’arte dunque, che comprende sia il piacere di ritrovarsi attorno alla tavola per assaporare buoni cibi ed altrettanti vini, sia il trarne profitto dalle esperienze del passato per scoprire e scegliere ciò che è più gustoso e sano.
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IL GOURMET CONSIGLIA …

DITALINI E PATATE IN BRODO

Dosi per quattro persone.
– Ingredienti: 3 patate; 2 spicchi d’aglio; 100 g di salsiccia cotta o similare; un litro di brodo di carne; 1 cipolla; mezzo bicchiere di olio d’oliva extravergine; 200 g di pasta di grano duro, appunto i ditalini o di altro formato simile, purche “corto” e piccolo; 3 cucchiai di parmigiano grattugiato; 1 mazzetto di prezzemolo; sale/pepe bianco s. q.
Tempo di preparazione e cottura: 30 minuti.
– Tritare cipolla, prezzemolo e soffriggerli nell’olio: successivamente unire le patate tagliate a piccoli cubetti, l’aglio e la salsiccia tagliata a fettine. Appena il tutto accenna a colorire, bagnare col brodo ed aggiungere la pasta precedentemente cotta e lasciata al dente, salare ed irrorare con una macinata di pepe. Servire subito dopo aver cosparso abbondante parmigiano.
– La gradevolezza delle patate insaporite dagli altri ingredienti, ben si accompagna all’altrettanta classe di un ottimo CHIANTI DOCG giovanissimo, rigorosamente di annata, ricco di aromi di frutta rossa acerba e di viola, che ne esaltano la delicatezza e soprattutto, la gustosità.
Stappare al momento e servire in calici di media grandezza a 14/15°C.
Anche l’ottimo e giovane PINOT NERO COLLIO DOC ben si sposa a questo piatto, in quanto presenta note di spezie dolci e dei piccoli frutti di bosco, delicato finale amarognolo.
Degustare anche questo nettate bacchico a 14/15°C in calici medi stappato al momento.

L’EVOLUZIONE DEL GUSTO – punto II°
La tradizione è rappresentata dalle esperienze che gli usi e costumi ci hanno tramandato: notizie, memorie, pazienti ricerche e ricette di cucina con profumi e gusti in parte andati perduti, considerando che anche i vini di allora erano differenti, sia per struttura che nelle caratteristiche organolettiche.
Tutta la storia della nostra migliore cucina regionale è ricca di splendidi esempi di accostamenti di cibo e vino, ‘matrimoni’ che resistono tuttora alle mille innovazioni e difficoltà dei tempi moderni: non sempre tale unione viene giustamente considerata!
Alcuni classici contrasti con le norme che regolano il buon gusto e l’apprezzamento: con frutti di mare, specialmente se crudi, evitare assolutamente il limone e le macinate di pepe nero-rosa-bianco e le salse. Le ostriche non sono da annegare nel limone o soffocare nel pepe, perché tali aromi così marcati deviano e mutano il sapore originario della fragranza marina; insalate di verdure crude e cotte condite con aceto o limone, si apprezzeranno se gustate da sole dopo la pietanza e ci si sentirà la bocca pulita se le accompagnerete con un sorso di acqua fresca; evitare di porre come spesso accade, pietanza ed insalata o altre verdure nello stesso piatto: questo ed altro ancora che dimentico.
Se tali disarmonie e negatività entrano nelle preparazioni, sarà necessario tenere in considerazione l’acidità, la tannicità e la debolezza del vino, onde regolarsi nella giusta scelta da accompagnare al piatto.
Contrariamente a quanto succede coi semi di finocchio che troviamo sia in certi tipi di pane regionali che in alcune pietanze o salumi, partecipano a migliorare il gusto del vino, particolarmente il rosso, mentre il limone peggiora la situazione a causa dell’eccessiva acidità del suo succo e con l’amaro della buccia, così pure l’aceto, specialmente quello prodotto industrialmente.
E ancora, a riguardo delle buone pastasciutte e risotti preparati col sugo che meglio vi aggrada, non offendiamole annegandole in un bicchier d’acqua addizionata di cloro, come consiglia qualche astemio dotato di non buon senso: si provi ad accompagnarle ‘naturalmente’, col loro vino giusto, ‘in amore’, e si noterà la differenza ….
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IL GOURMET CONSIGLIA …

TAGLIATA DI CHIANINA

Dosi per quattro persone.
– Ingredienti: 850 g di fiorentina di chianina o di filetto di manzo in un solo pezzo; 2 cucchiai d’olio d’oliva extravergine; rosmarino/salvia/buccia di limone/sale/pepe bianco macinato s. q.
Tempo di preparazione e cottura: 60 minuti.
– Preparare un delicato e sottile trito col rosmarino, pepe, salvia e la buccia di limone: dopo aver amalgamato con poco olio, massaggiare con decisione e cospargere tutto la carne, impregnandola molto bene ed in profondità. Nel frattempo, portare il forno a circa 250 °C di temperatura, disporre la carne in una teglia e cucinarla al sangue senza mai girarla. Togliere dal forno e sistemarla su un tagliere, condire con un filo di olio: solo a questo punto condire con sale.
Tagliare a fette di circa 1 cm. di spessore ed adagiarle in un piatto da portata su un letto di insalata fresca mista a rucola.
– Il sapore, la delicatezza intrinseca della carne e la succulenza naturale, ben si accompagnano ad un grande rosso quale il CABERNET SAUVIGNON RISERVA COLLI BOLOGNESI DOC. Grande struttura e complessità evoluta di erbaceo, di spezie dolci e frutti rossi di bosco in confettura, morbido ed equilibrato, caldo di alcol e di classe.
Stappare un’ora prima e servire a 18 °C in ampi calici, onde poterne apprezzare pienamente le gustose rarità.
Altro grande rosso da accompagnare a tale piatto da sempre identificato col Piemonte, è il DOLCETTO D’ALBA DOC maturo di 3-4 anni. Ottima struttura e notevole ricchezza di aromi e profumi, pieno di sapori fruttati e di prugna cotta, nota di fiori appassiti.
Servire alle medesime condizioni del precedente vino, in quanto hanno in comune pregiate qualità.

LE CARATTERISTICHE DEGLI ALIMENTI – punto I°
Dopo aver lungamente descritto, spero sapientemente tutto ciò che la storia e l’evoluzione della tavola ci ha portati dall’assaggiare semplici cibi per la sola sopravvivenza o pregiati manicaretti, ora entreremo nello specifico, e precisamente in quelle peculiarità che gli alimenti stessi possiedono.
Per molti estimatori, la buona cucina si può paragonare ad un’arte come la pittura, la musica o la letteratura. Basta un poco di fantasia ed un menù diventa una composizione musicale, una raccolta di sonetti o un’esposizione di quadri.
Tutte queste dissertazioni gastronomiche che tendono ad esaltare al massimo livello di perfezione un aspetto della quotidianità comune a tutti, ossia il desinare, si basano sulle sensazioni che ognuno di noi percepisce quando siede ad una tavola e comincia a degustare una vivanda.
Tali sensazioni, più sono piacevoli, maggiore sarà il giudizio professionale positivo espresso a favore dello chef. Per tale motivo, lo scopo principale di un cuoco professionista o non, è proprio quello di suscitare emozioni e suggestioni gradevoli attraverso le personali creazioni culinarie.
Se il commensale proverà un senso di gradimento e piacere dopo aver assaggiato un piatto, significa che maggior parte del compito prefisso è stato svolto con successo. Per cui, se è fondamentale per chi lavora ai fornelli conoscere le basi della valutazione organolettica di ogni ingrediente e la tecnica necessaria per utilizzarla correttamente, è altresì importante abbinare il vino giusto, appunto in base di ciò, valorizzandone così le sensazioni e tipicità intrinseche di ambedue.
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IL GOURMET CONSIGLIA …

TORTA TAGLIATELLINA

Dosi per quattro/sei porzioni:
– Ingredienti: 350 g di tagliolini all’uovo freschissimi; 200 g di zucchero; 150 g di granella di mandorle; 100 g di uvetta sultanina; 100 g di burro; 50 g di amaretti; 30 g di liquore dolce per bagnare la pasta; la scorza grattugiata di mezzo limone.
Tempo di preparazione e cottura: 60 minuti.
– In un contenitore fare ammorbidire l’uvetta nel liquore dolce; sbriciolare molto bene gli amaretti e mescolarli con lo zucchero e le mandorle anche esse tritate. Nel frattempo fare sciogliere il burro e lessare i tagliolini in acqua bollente con poco sale e poi scolarli. Accendere il forno e portarlo a circa 200 °C; imburrare una teglia non troppo grande, al massimo di 22-24 cm, e sistemare sul fondo un sottile strato di tagliolini e cospargerli con la miscela di zucchero ed una parte dell’uvetta: proseguire così a strati fino ad esaurimento degli ingredienti. Versare sull’impasto il burro sciolto contenente il restante liquore e cospargere con un’altra cucchiaiata di zucchero e passare al forno per circa 45 minuti controllandone la cottura con uno stuzzicadenti di legno: non deve essere umido e ne attaccarsi parte dell’impasto.
– La delicata gustosità degli ingredienti uniti alla dolcezza e croccantezza dei tagliolini, gradiscono un vino altrettanto dolce e gustoso come il RECIOTO VALPOLICELLA DOCG: rosso rubino intenso e squisitamente dolce senza aggredire, ricco di aromi di frutta sciroppata e spezie con nota finale piacevolmente amarognola, ne fanno un mariage perfetto ed estremamente elegante.
Servire in piccoli e brillanti calici a 12/13 °C stappando al momento.
Con ingredienti alquanto complessi ed impegnativi e la gustosità e unica, un altro grande vino dolce, ricco di alcolicità e corposità come il MALVASIA DELLE LIPARI PASSITO LIQUOROSO DOC è impagabile! Dal vitigno autoctono, giallo paglierino nettamente ambrato e varietali caratteristici sentori aromatici, intenso e persistente, etereo; al palato è dolce senza essere stucchevole, caldo di alcol e morbido, complessi ed evoluti aromi del vitigno e piacevoli note di buccia di agrumi caramellati e sottile tostatura, suadente, di classe.
Stappare al momento e fresco di cantina a 14°C e servire in piccoli e brillanti calici.

LE CARATTERISTICHE DEGLI ALIMENTI – punto II°
Si definiscono CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE di un alimento quelle peculiarità che, normalmente, possono essere percepite attraverso gli organi di senso.
I cinque sensi naturali di cui l’essere umano è dotato [ vista – olfatto – gusto – tatto – udito ], partecipano in modo diverso l’uno rispetto all’altro nel giudizio di accettabilità che si esprime sul cibo.
Di fronte al cibo, il nostro organismo attiva, attraverso i suddetti organi di senso una serie, alquanto approfonditi, di controlli, onde verificarne la “bontà”: per prima cosa, istintivamente giudichiamo l’aspetto esteriore [ forma e colore ], raffrontandolo col modello psicologico ed acquisito di “cibo sicuro e gradito”.
Nel toccare il cibo per portarlo alla bocca, arrivano poi altri segnali sulla consistenza e ciò è dovuto anche all’olfatto che permette di accorgerci di aromi e sfumature anomale ancor prima di addentare il boccone, oppure riconoscere la bontà della preparazione che ci accingiamo a mangiare, e persino l’udito, apparentemente meno coinvolto nell’approccio degli alimenti, spesso ha la sua importanza.
La sensazione VISIVA si identifica nell’aspetto, presentando la sanità dell’alimento nel suo insieme preparativo; la presentazione, cioè la sistemazione coreografica degli ingredienti elaborati per la composizione finale nel piatto.
l piatto non deve presentare “ditate, gocce e sbavature”, soprattutto sul bordo, in quanto sarà lasciato perfettamente vuoto, libero e non ricoperto da fronzoli decorativi ed allegorici: solo così il piatto che si porgerà ai nostri commensali si presenterà di classe e raffinato.
(12 – continua)

IL GOURMET CONSIGLIA …

PERLE DI RICOTTA

Dosi per quattro persone.
– Ingredienti: 400 g di ricotta di pecora; 100 g di prosciutto cotto; 3 uova; 2 cucchiai di funghi secchi; una tazza di pangrattato; olio d’oliva extravergine per friggere; sale/pepe q. b.
Tempo di preparazione e cottura: 40 minuti.
– In un recipiente capace mettere la ricotta, due uova complete di albume e tuorli col prosciutto tritato non troppo finemente. Aggiungere anche i funghi, questi invece tritati finemente dopo averli ammollati in acqua tiepida e strizzati: salare e pepare, amalgamare tutti gli ingredienti rimescolando delicatamente, fino ad ottenere un impasto uniforme ed abbastanza sodo.
Sbattere l’ultimo uovo e rotolarvi dentro le palline di ricotta e passarle successivamente nel pangrattato: nel frattempo portare a temperatura l’olio ed immergerle. Friggerle fino a quando saranno diventate dorate e croccanti. Scolarle su carta da cucina onde eliminare l’unto eccedente, sistemarle sopra un tovagliolino di carta in un piatto da portata e decorare con ciuffetti di prezzemolo che avrete fritto nell’olio bollente, infine … servire!!!
– La piacevole e stuzzicante sapidità, dovuta non solo agli ingredienti ma al tipo di cottura sempre accattivante e gradevole, necessita di un ammorbidimento ma contemporaneamente anche di freschezza, aromi e struttura del vino: il PIGNOLETTO FRIZZANTE COLLI BOLOGNESI DOC è degno compagno di tali sapori, ricco di sentori floreali e fruttati possedendo raffinata effervescenza.
Stappato al momento a temperatura di 8/10 °C in stretti e racchiusi calici.
Personalmente ci abbinerei anche un grande e strutturato bianco come la VERNACCIA DI SAN GIMIGNANO DOCG maturo di almeno 3 anni. Giallo paglierino intenso, ricchi riflessi dorati e lunghi sentori minerali e di pietra focaia, raffinato, mentre al palato è secco e caldo di alcol, sapido con fragranze di mineralità e fiori, piacevole retrogusto amarognolo e morbido. Stappare al momento e servire a 12°C in ampi calici per esaltarne le caratteristiche.

GLI ALIMENTI – punto I°
Tutti gli alimenti che quotidianamente, o meno, si mangiano, sono distinti in due nette tipologie di gustosità, quelle naturali e le indotte.
Per sapori naturali s’intendono la tipicità, franchezza e peculiarità intrinseche dell’alimento in esame, mentre i sapori indotti sono tali quelli ottenuti modificando o, semplicemente, aggiungendo determinati prodotti o altre sostanze onde poterle maggiormente evidenziare.
In altre parole, l’analisi gustativa è la verifica delle sensazioni organolettiche, in quanto si valutano soggettivamente qualità e quantità relative ai diversi livelli di percepibilità personale dell’alimento stesso.
Per percepibilità s’intende la sensazione di gustosità perdurante all’interno della cavità orale: appena accennata o addirittura non distinguibile, ad appena identificabile e riconoscibile, e via via crescendo sempre più, fino a quando il cibo è spiccatamente ravvisabile anche nelle preparazioni più complesse.
L’insieme degli ingredienti e della qualità, creano non solo una limitata o ampia complessità gustativa, ma soprattutto una diversificata consistenza, e si definisce struttura della portata.
Delicatamente tale, cioè poco strutturata, è la portata preparata con limitato utilizzo di ingredienti o dai sapori contenuti, per cui nella totalità delle sensazioni gustative risulta scarsamente rilevante, determinata anche da cotture che non arricchiscono tali preparazioni: è preferibile che anche il vino da accompagnare sia leggero e non aggressivo. Quando nel piatto si nota un rilevante insieme di sensazioni gustative, ciò è dovuto agli ingredienti, dal tipo di lavorazione e/o la particolare cottura, ampia e notevole complessità che caratterizzano sapori decisi e diversi tra loro.
L’insieme della varietà, complessità e ricchezza degli ingredienti per la preparazione, ne fanno una portata importante, per cui anche il vino in abbinamento necessita di buon corpo e ricchezza di caratteristiche.
Se ad un piatto strutturato si abbinasse un vino semplice, giovane e debole di corpo, si avrebbe una netta disarmonia, in quanto il piatto stesso ne sarebbe il dominante. Altresì vero il contrario, con un vino di corpo ed evoluto abbinato ad una portata delicata e leggera, ne attenuerebbe le caratteristiche fino a farle scomparire: nel primo caso, si “mangerebbe” il vino, mentre in quest’ultimo, si “berrebbe” la portata.
( 13 – continua )

IL GOURMET CONSIGLIA …

CONCHIGLIA DI PARMIGIANO REGGIANO CON BRESAOLA E ZUCCHINE

Dosi per quattro persone.
– Ingredienti: 150 g di parmigiano reggiano grattugiato; 150 g di bresaola; 2 zucchine medie; 2 cucchiai di olio d’oliva extra-vergine; succo di mezzo limone; pepe nero s. q.
Tempo di preparazione e cottura: 20 minuti.
– Accendere il forno e portarlo a circa 220 °C. Foderare con carta da forno una placca e comporre dei mucchietti con la quantità di un cucchiaio colmo di parmigiano, distanti tra loro in modo tale che non si sovrappongano durante la fusione. Preparare alcune tazze da tè. Aspettare qualche minuto e dalla placca togliere i dischetti così formati che, essendo ancora teneri, inserirli nelle tazze che ne prenderanno la forma: raffreddandosi, la manterranno. Tagliare a listarelle la bresaola e condirla con olio, limone e pepe nero appena macinato. Pulire e tagliare, sempre a listarelle, anche le zucchine e mescolarle delicatamente alla bresaola. Distribuire il tutto nelle conchiglie e guarnire con un fiore di zucca: servire rapidamente, poiché il parmigiano tende ad inumidirsi velocemente.
– La sottile fragranza ben maritata alla sapidità del parmigiano ed all’evidente delicatezza vegetale, un ottimo RIESLING ITALICO COLLI BOLOGNESI DOC, secco e rigorosamente tranquillo dagli evoluti profumi di fiori campestri, petali di rosa canina, piacevole nota finale aromatica ed amarognola, è perfetto. Stappare al momento e servire in stretti calici a 10-12 °C.
Un altro ottimo e piacevolissimo vino da maritare a questo accattivante antipasto, è lo CHARDONNAY TRENTINO A. A. DOC; giovane, secco e dalle nette fragranze della frutta tropicale matura e finale di fiori appassiti, gradevolezze complesse che si evidenziano al palato.
Servire a 10 °C in luminosi e stretti calici stappando al momento.

GLI ALIMENTI – punto II°
Gli ingredienti che si utilizzano in cucina per la preparazione di una qualsivoglia portata, come già accennato, hanno una propria gustosità che può essere naturale e tipica, oppure “esaltata” da altri componenti aggiunti, però sempre e solo rigorosamente naturali.
La naturalezza di una sostanza alimentare è, da sempre nell’ambito gastronomico, evidenziato con l’appellativo tendenza che precede la caratteristica stessa; “tendenza dolce”: sensazione delicata e gradevole, ma riconoscibile, dovuta alla tipicità naturale di vari alimenti quali, conchigliacei, frutti di mare, piselli, fagioli, patate, riso e la pasta di grano in genere. Sentore di morbidezza che si percepisce piacevolmente, per cui il vino proposto deve possedere note di acidità ed eventualmente sapidità ed effervescenza. Tale tendenza è rilevata nel cavo orale come una gradevole rotondità, per cui al vino si richiede una sensazione di durezza che determini salivazione o addirittura una leggera pungenza che contrasti la vellutata morbidezza. Se si vuole applicare la teoria dell’abbinamento di concordanza, cioè simili, vini secchi ma non troppo e leggermente morbidi, anche vivaci e frizzanti senza eccesso, poiché in caso contrario si avrebbe un rafforzamento sgradevole della dolcezza naturale e la portata risulterebbe generalmente disarmonica.
Altri alimenti con tale tendenza la cui caratteristica è nettamente riscontrabile, sono acidità, soprattutto agrumi ed aceto, ed amarognola, oltre che tipico di alcuni cibi, è dovuta anche a particolari preparazioni come grigliate e cotture prolungate con l’aggiunta eccessiva di erbe officinali e spezie, mentre per carciofo, radicchio, cicoria ed il fegato, risulta essere una tipicità. Ambedue sono nette sensazioni di durezza, cioè note di aggressività, per cui il vino dovrà essere morbido per smorzare tale eccesso. Se il vino presentasse le medesime peculiarità del cibo, si avrebbe un rafforzamento di tutte le sensazioni naturali da rendere l’abbinamento poco armonico e sgradevole.
( 14 – continua )

IL GOURMET CONSIGLIA …

OCCHIO IN BRODO

Dosi per quattro persone.
– Ingredienti: 4 fette di pan carrée; 4 uova; 1 spicchio di aglio; un litro di brodo di carne o vegetale; 4 cucchiai colmi di parmigiano grattugiato; sale/pepe bianco s. q.
Tempo di preparazione e cottura: 20 minuti.
– Ricavare dalle fette di pane 4 dischi della dimensione che possano stare sul fondo della tazza oppure nella fondina o in una ciotola: strofinarle con lo spicchio d’aglio e farli tostare leggermente. Posizionarli sul fondo, coprire col parmigiano e sgusciare in ogni tazza un uovo, usando estrema delicatezza onde evitare che si rompa: salare solo l’albume ed insaporire con una macinata di pepe.
Versare in ogni tazza 2 mestoli di brodo bollente facendolo scivolare lentamente lungo le pareti, in modo tale che non rompa il tuorlo: a contatto col brado caldo, l’albume si rapprenderà rapidamente.
Servire ben caldo accompagnato da un’altra spruzzata di parmigiano.
– La sottile delicatezza ben maritata alla sapidità del brodo ed all’evidente grassezza dell’uovo, un ottimo PINOT BIANCO COLLI BOLOGNESI DOC, secco e rigorosamente tranquillo dagli evoluti profumi di fiori campestri, petali di rosa canina, piacevole nota finale aromatica ed amarognola, è perfetto. Stappare al momento e servire in stretti calici a 10-12 °C.
Altra delicatezza enoica di pregio e piacevole, è lo CHARDONNAY FRIULI DOC, dai tenui riflessi dorati, delicati aromi di frutta matura e gradevolmente armonico se maturo di oltre un anno, accattivante.
Servire con le stesse modalità consigliate per il precedente vino.

GLI ALIMENTI – punto III°
Dopo quelle naturali, ora prendiamo in esame le caratteristiche degli ingredienti a cui, solitamente, si aggiungono vari composti.
La sapidità

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Capo Redattore