Atlante Qualivita, il patrimonio culturale dei prodotti Dop e Igp - InformaCibo

Atlante Qualivita, il patrimonio culturale dei prodotti Dop e Igp

Dai processi di patrimonializzazione del cibo ai successi della cucina, una nuova identità del Paese di Mauro Rosati

di Donato Troiano

Ultima Modifica: 16/12/2019

E’ pronta da alcuni giorni la decima edizione dell’Atlante Qualivita 2020. L’edizione 2020 “I prodotti agroalimentari e vitivinicoli italiani Dop Igp Stg – Le bevande spiritose italiane Ig”, realizzato da Fondazione Qualivita in collaborazione con OriGIn Italia e Federdoc e pubblicato per la prima volta dall’Istituto della Enciclopedia Italiana, contiene 860 schede prodotto, suddivise in tre sezioni: prodotti agroalimentari (299 schede), prodotti vitivinicoli (526 schede) e bevande spiritose (35 schede realizzate in collaborazione con Assodistil), che descrivono le eccellenze italiane.

Nel volume, pubblicato in italiano, ognuna delle eccellenze tutelate made in Italy viene descritta dettagliatamente attraverso informazioni su metodo di lavorazione, storia, normative, caratteristiche nutrizionali e organolettiche dei prodotti stessi.

L’opera è disponibile all’acquisto sul sito dell’ editore Treccani.

L’Atlante è stato presentato nei giorni scorsi a Roma (leggere qui su Informacibo)

Noi oggi vi presentiamo, qui sotto, lo scritto di Mauro Rosati, direttore genrale Fondazione Qualivita, e i dati della regione Emilia Romagna, che risulta la regione italiana con il maggior ritorno economico delle filiere produttive di qualità, con oltre 2,6 miliardi di euro di impatto territoriale per il Food e 111 milioni di valore alla produzione del vino sfuso.

Il ruolo culturale delle DOP IGP

Dai processi di patrimonializzazione del cibo ai successi della cucina, una nuova identità del Paese

di Mauro Rosati

Mauro Rosati Direttore generale Fondazione Qualivita

La pubblicazione da parte di Treccani della decima edizione dell’Atlante Qualivita 2020, rappresenta non solo il giusto riconoscimento nell’ambito del patrimonio culturale dell’Italia per il settore dei prodotti a Indicazione Geografica, ma offre lo spunto per una riflessione sul ruolo che le produzioni agroalimentari e vitivinicole hanno avuto nello sviluppo eco­nomico ma anche culturale del nostro Paese. Il cibo, inteso sia come prodotto agricolo che come preparato della cucina, ha assunto negli anni un valore nuovo diventando un punto di riferimento essenziale per una serie di soggetti eterogenei e costituendo un tema che muove l’interesse e l’attenzione di segmenti sempre più ampi della popolazione mondiale. In questo mutato contesto sociale, si è diffusa con successo e capillarità la gastronomia italiana, contribuendo alla costru­zione di una nuova identità del Paese nel mondo.

Dop Igp come patrimonio

Alla base di questa penetrazione enogastronomica e culturale ci sono state senza dubbio le procedure di food labelling eu­ropee e nazionali. Sin dal 1992 l’Unione Europea ha previsto il riconoscimento di prodotti agroalimentari a Indicazione Geografica per evitare che la Politica Agricola Comune (PAC) pregiudicasse la ricchezza e la varietà di quei beni che l’UE considera “parte integrante del suo patrimonio culturale e gastronomico vivo”. Anche l’UNESCO, a partire dal 1989, ha dato inizio ad azioni di tutela del Patrimonio Culturale immateriale per preservare e valorizzare la “diversità culturale e la creatività umana”, inserendo determinati piatti e tradizioni culinarie nella lista dei riconoscimenti. Accanto a questi pro­cessi sovranazionali, possiamo aggiungere anche quelli interni come le attestazioni del Ministero delle politiche agricole con i Prodotti Agricoli Tradizionali (PAT) e i Paesaggi rurali storici, oppure quelle dei presidi di Slow Food.

Il successo di questi processi di patrimonializzazione ha rappresentato un fattore culturale diffuso e profondo che non ha riguardato solo imprese e Consorzi, ma ha coinvolto altri attori pubblici e privati e la società in senso ampio, mo­dellando anche sul piano culturale l’identità del Paese. Si è trattato di un processo evolutivo agevolato da un supporto normativo puntuale e dinamico che ha trovato sponda nelle molteplici attività legate alla cultura del cibo e del vino, atti­vità che, prese singolarmente, possono apparire poco rilevanti, ma che, analizzate nell’insieme, assumono una connota­zione capace di far comprendere il cambiamento che ha fatto conoscere il made in Italy nel mondo. In questa evoluzione è stato fondamenatale il ruolo ricoperto dalle DOP IGP italiane – 860 prodotti DOP IGP disseminati in ogni regione, provincia e comune del territorio nazionale – e lo dimostrano i dati del settore, che parlano di un valore cresciuto del +70% in dieci anni (oggi superiore a 15 miliardi di euro alla produzione), e un export che grazie al +145% in un decennio, con 8,8 miliardi di euro, rappresenta oggi il 21% del totale delle esportazioni agroalimentari italiane.

Il successo della cucina italiana

Accanto a questo primo fenomeno, bisogna rilevare che l’affermarsi della cucina italiana a livello globale ha rappresentato uno straordinario veicolo per la conoscenza dei prodotti tipici. A partire dagli anni ’90 si assiste alla progressiva sostituzio­ne nel mondo degli storici ristoranti francesi con quelli italiani che con una cucina più semplice e una materia prima più variegata e di qualità, entrano nelle simpatie del consumatore globale. Un successo che viene sancito anche dalla ristora­zione veloce internazionale che coniuga le ricette base italiane in format di successo come Pizza Hut o Spaghetti House.

Dop Igp come identità

La connessione di questi due fattori (patrimonializzazione e diffusione della cucina italiana) contribuisce in modo de­terminante alla conoscenza della nostra cultura nel mondo, facendo dell’enogastronomia DOP IGP un pilastro della nuova identità del Paese, che si può evidenziare analizzando tre aspetti:

  1. Gli ambiti della produzione del sapere: lo sviluppo delle Indicazioni Geografiche e dei loro distretti è andato ben oltre la sfera agricola, ma ha tutelato e promosso aspetti relativi a saperi locali, tradizioni, paesaggi, biodiversità, tec­niche di produzione, turismo e innovazione.

  2. Il contributo alla moderna cultura alimentare: come risposta alla standardizzazione e alla globalizzazione del cibo, le DOP IGP hanno contribuito a far crescere i tratti distintivi della nuova cultura alimentare quali autenticità, condivisione, competenza, benessere, qualità del cibo e della vita.

  3. Il ruolo nella società: il sistema dei prodotti DOP IGP ricopre un ruolo che unisce passato e futuro (poiché è la tra­dizione che offre l’ispirazione per crescere e innovarsi), promuove un’evoluzione del gusto per favorire la convivialità (con l’affermarsi di nuove esperienze legate al cibo) e, in definitiva, costituisce un vero e proprio veicolo della cultura alimentare come pilastro della cultura in senso ampio.

L’evoluzione del sapere legato al cibo è una lente importante attraverso cui analizzare la società perché costituisce uno degli aspetti più evolutivi degli ultimi anni. Ludwig Feuerbach diceva “siamo quello che mangiamo” ma se alziamo lo sguar­do, cercando di cogliere una visione più complessiva sul nostro Paese, dovremmo piuttosto affermare che siamo quello che produciamo.

Emilia Romagna, il Food DOP IGP vale 2,6 miliardi

L’Emilia Romagna conta 74 prodotti DOP IGP dei comparti Food e Wine ed è la regione italiana con il maggior ritorno economico delle filiere produttive di qualità, con oltre 2,6 miliardi di euro di impatto territoriale per il Food e 111 milioni di valore alla produzione del vino sfuso.
Comparto Food: l’Emilia Romagna si conferma la prima regione in Italia nel comparto Food DOP IGP per numero di prodotti certificati (45) e quarta per numero di operatori (6.277). Il valore alla produzione agroalimentare regionale supera i 2,6 miliardi di euro, confermando l’Emilia Romagna come prima regione italiana per valore economico generato con un contributo pari al 42% dell’intero settore nazionale Food DOP IGP.
Comparto Wine: l’Emilia Romagna conta 29 prodotti vitivinicoli DOP IGP per un valore alla produzione dello sfuso di 111 milioni di euro con un contributo pari al 4% sul totale nazionale.

Parma, nel 2020 Città Italiana della Cultura

PARMA – Con 12 filiere del comparto Food DOP IGP, è la prima provincia italiana per valore economico generato, con una ricaduta di 1,1 miliardi di euro pari al 18,3% del settore nazionale delle IG agroalimentari. Le produzioni che contribuiscono in misura maggiore a questo primato sono il Prosciutto di Parma DOP (59% del valore provinciale) e il Parmigiano Reggiano DOP (36%) seguiti dalle altre filiere del territorio fra cui Salame Felino IGP, Mortadella Bologna IGP, Cotechino Modena IGP, Zampone Modena IGP, Coppa di Parma IGP, Culatello di Zibello DOP, Fungo di Borgotaro IGP. Per il comparto Wine DOP IGP, Parma conta 3 produzioni che in termini di valore economico dello sfuso generano 1 milione di euro in provincia, 83esimo posto nella classifica nazionale.

MODENA – Con 15 filiere del comparto Food DOP IGP, è la seconda provincia italiana per valore economico generato, con un ricaduta di 623 milioni di euro pari al 10,0% del settore nazionale delle IG agroalimentari. Le produzioni che contribuiscono in misura maggiore a questo primato sono l’Aceto Balsamico di Modena IGP (47% del valore provinciale) e il Parmigiano Reggiano DOP (41%) seguiti dalle altre filiere del territorio fra cui Mortadella Bologna IGP, Cotechino Modena IGP, Zampone Modena IGP, Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP, Prosciutto di Modena DOP, Amarene Brusche di Modena IGP, Pera dell’Emilia Romagna IGP, Ciliegia di Vignola IGP. Per il comparto Wine DOP IGP, Modena conta 9 produzioni che in termini di valore economico dello sfuso generano 34,5 milioni di euro in provincia, 20esimo posto nella classifica nazionale e primo posto in regione.

REGGIO NELL’EMILIA – Con 13 filiere del comparto Food DOP IGP, è la terza provincia italiana per valore economico generato, con un ricaduta di 544 milioni di euro pari al 8,8% del settore nazionale delle IG agroalimentari. Le produzioni che contribuiscono in misura maggiore a questo primato sono il Parmigiano Reggiano DOP (68% del valore provinciale), la Mortadella Bologna IGP (15%) e l’Aceto Balsamico di Modena IGP (14%) seguiti dalle altre filiere del territorio fra cui Cotechino Modena IGP, Zampone Modena IGP, Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia DOP, Anguria Reggiana IGP, Pera dell’Emilia Romagna IGP. Per il comparto Wine DOP IGP, Reggio nell’Emilia conta 3 produzioni che in termini di valore economico dello sfuso generano 16,8 milioni di euro in provincia, 32esimo posto nella classifica nazionale.

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