Cucina kosher: cos’é, i piatti, il legame con la tradizione italiana - InformaCibo

Cucina kosher: cos’é, i piatti, il legame con la tradizione italiana

Piccola guida - dizionario sulla cucina ebraica, le ricette,gli ingredienti e il legame con l’Italia

di Francesca Sponchia

Ultima Modifica: 13/09/2018

Se avete sempre pensato che la cucina kosher fosse l’equivalente della cucina ebraica, mi spiace dirvelo ma siete partiti da un assunto sbagliato. La cucina kosher è la cucina che rispetta i dettami della religione ebraica sull’alimentazione. Quello che è “kosher” e quindi “adeguato” è ciò che rispetta le regole alimentari stabilite dalla Torah, intepretate dall’esegesi nel Talmud e codificate nel Shulkan Aruk. La kasherut indica l’idoneità di un cibo a essere consumato, a causa del gran numero di leggi che regolano la kasherut, per preparare un pasto kosher è indispensabile avere una grande dimestichezza dell’argomento. Ecco una piccola guida ragionata per capire qualcosa di questo mondo, dove oggi più che mai vale il concetto di “siamo quello che mangiamo”.

  • A come ADEGUATO: adeguato è il significato di “kosher” cioè un cibo che rispetta le regole alimentari stabilite nella Torah. E la kasherut indica appunto questa idoneità del cibo a essere consumato.
  • B come BUCATINI ALL’AMATRICIANA: la teoria qui direbbe che i bucatini all’amatriciana non si potrebbero mangiare perchè contengono il guanciale, che essendo ricavato dal maiale non è kosher (vedi la lettera Z). Molti ristoranti kosher la servono comunque in una rivisitazione della ricetta tradizionale, sostituendo il guanciale con la carne secca. Certo, non potete avere neanche il pecorino, perchè carne e latte non possono stare nello stesso piatto. Però è una versione che merita un assaggio. Se siete milanesi o romani, fate un salto da Ba’Ghetto per provarla.
  • C come CARCIOFI: i carciofi alla giudia sono forse il piatto più famoso della tradizione giudaico-romanesca, nato nel ghetto ebraico della capitale. I carciofi alla giudia hanno un’origine molto antica vengono menzionati anche in ricettari del XVI secolo. Per realizzare la ricetta bisogna utilizzare rigorosamente i carciofi cimaroli, o le mammole, che sono i migliori carciofi romaneschi. Questo tipo di carciofo tondo risulta molto tenero e privo di spine. Grazie a questa caratteristica i carciofi alla giudia, una volta fritti, possono essere consumati integralmente senza scartare nulla. Ed è proprio questa caratteristica di lasciare il carciofo intero che ha scatenato qualche polemica di recente: il rabbinato di Israele pare che abbia messo questa ricetta tra gli alimenti non idonei. Secondo il rabbino Yitzhak Arazi, capo della divisione importazione del Rabbinato centrale, il cuore di carciofo sarebbe “pieno di vermi e non c’è modo di pulirlo. Non può essere kosher”. Pare che la soluzione sia tagliare il carciofo in quattro per controllare il cuore, ma questo impedirebbe di proseguire con la preparazione tradizionale, togliendone la poesia. Per fortuna per la comunità ebraica romana il problema non si pone, visto che questa particolare varietà di carciofo a corolla stretta impedirebbe l’annidamento di parassiti. Stay strong carciofo!

 

  • D come DEUTERONOMIO: il Deuteronomio e il Levitico sono i libri della Torah da cui derivano la maggior parte delle leggi fondamentali della kasherut, ovvero l’idoneità di un alimento a essere consumato. Le regole alimentari stabilite nella Torah sono interpretate dall’esegesi nel Talmud, uno dei testi sacri dell’ebraismo, e codificate nel Shulkan Aruk, un testo ordinativo e ritualistico religioso. Perchè, vi starete chiedendo, delle leggi sul cibo stanno in testi religiosi? Questo perchè il cibo è molto importante nella religione ebraica dove il sangue è considerato anima. E visto che ciò che si mangia entra direttamente nel sangue, mangiare cibi impuri rende impuri. Per gli ebrei osservanti la cucina kosher è una vera e propria dieta per purificare l’anima e va rispettata.
  • E come ESAÙ: chi è stato più attento a lezione di religione si ricorda bene la storia di Esaù che ha venduto la sua primogenitura in cambio di un piatto di lenticchie. Ma nessuno sa come fosse questo piatto incredibile di lenticchie per valere lo scambio con i primogeniti del goloso Esaù. Molti hanno provato a immaginare e a riprodurre quel piatto incredibile e la ricetta è entrata nei ricettari della cucina ebraica: si tratta di una minestra di lenticchie rosse con delle polpettine di macinato, passata di pomodoro, alloro e prezzemolo. È facilissima da fare e non avrete bisogno di rinnegare nessuno dei vostri figli per averla.

Polpette

 

  • F come FRUTTI DI MARE: i frutti di mare non sono kosher. Mi dispiace. E nemmeno crostacei e molluschi, così come i pesci dalle forme bislacche come anguilla, pesce spada e coda di rospo. Nonchè i mammiferi marini come delfino e balena. Perchè il pesce sia un candidato del reality “Chi vuol essere kasherut?” deve avere sia squame che pinne (state attente sirenette, siete spacciate!). Lo storione e le sue uova (ahimè) non sono considerati puri perchè ha squame difficili da togliere così come lo squalo. È permessa la bottarga, ma solo se realizzata con uova di pesci puri. Aringhe e sardine, che hanno squame che crescono nel corso della vita, e il tonno che perde le squame quando viene pescato, sono permessi dalla tradizione rabbinica. Il pesce pure inoltre non dovrebbe essere stato a contatto con quello impuro. Questo comporta una serie di difficoltà nell’acquisto come potrete immaginare.
  • G come GUSTO KOSHER: ogni anno a Roma si svolge una manifestazione per festeggiare la cucina ebraica nel Palazzo della Cultura al Portico D’Ottavia. Assaggi di cucina della tradizione fino a spaziare in quella mediorientale, con cooking show, wine tasting di vini israeliani e laboratori per bambini. Tutto per far conoscere alle persone la complessità di questa cucina e la produzione enogastronomica israeliana con molti ospiti e incontri culturali.
  • H come HUMMUS: l’hummus ha avuto un passato turbolento simile a quello che stanno passando i nostri poveri carciofi alla giudia. Pare infatti che anni fa il rabbino si sia accanito contro la pasta di semi di sesamo, o tahina, che si utilizza per questa salsa deliziosa. La tahina era stata messa all’indice come non kosher perchè i semi di sesamo usati per produrla venivano arrostiti da addetti non ebrei. E le regole stabiliscono che il cibo kosher possa essere preparato e processato soltanto da fedeli. Per fortuna pare che poi a queste controversie si trovi sempre una soluzione e si possa sempre continuare a mangiare queste cose deliziose. L’hummus è ottimo anche in accompagnamento alla carne, provatelo con dei bocconcini di vitello.

  • I come INSETTI: anche gli insetti hanno delle regole, qui non discriminiamo nessuno. Anche se in effetti gli insetti sono vietatissimi, fatta eccezione per alcune locuste kosher. Sono così vietati che hanno messo in pericolo i nostri amati carciofi alla giudia (vedi la lettera C). Già che ci siamo sono vietati anche anfibi, roditori e rettili, oltre allo struzzo.
  • K come KOSHER: si dice kasher o kosher? So che tutti eravate in trepida attesa di fare questa domanda. Si può dire in entrambi i modi, kasher è più utilizzato dalla comunità ebraica romana perchè era il termine che usavano gli ebrei sefarditi che nel medioevo risiedevano in Spagna e arrivarono a Roma dopo l’Inquisizione. Kosher è più usato invece nelle Americhe e in Australia dove c’è una maggioranza di ebrei aschenaziti originari del Nord Europa, scappati alle persecuzioni degli anni ’30. In Francia addirittura viene usato il termine cacher. In quasiasi modo vogliate dirlo o scriverlo, il significato rimane lo stesso.
  • L come LATTICINI: il consumo di latte e derivati di tutti gli animali sacri, e i formaggi devono essere sempre controllati da un rabbino, è ammesso ma questi non devono mai essere consumati insieme alla carne. A questo proposito la Torah e i suoi precetti sono molto precisi quando scrivono “… non cuocerai l’agnello nel latte di sua madre”. Questo precetto, che viene ripetuto ben 3 volte, fa divieto di mangiare un piatto composto da carne e latte ma ancora prima di cucinarlo. Quindi ne consegue il divieto di utilizzare utensili che provengono da case di chi non cucina kosher per evitare contaminazioni. Visto che la carne e il latte fanno parte della vita di tutti i giorni, i rabbini hanno stilato un elenco di regole da seguire per evitare che i due cibi vengano a contatto. Prima di tutto è vietato mangiare a una tavola in cui siano presenti carne e latte allo stesso tempo, per evitare distrazioni. Non è vietato tenere i due alimenti in frigorifero, ma molti ebrei osservanti preferiscono avere due frigoriferi dedicati. Non è mai consentito invece farli entrare in contatto, nemmeno da surgelati. Dopo i pasti a base di carne è necessario attendere dalle tre alle sei ore prima di mangiare latticini. E questa separazione si applica anche agli utensili usati per preparazione e consumo di alimenti, lavastoviglie inclusa. Adesso capite perchè la carbonara diventa un affare così complicato?

 

  • M come MASHGIAH: il mashghiah o mashghiach è un ebreo che sovrintende lo stato e le kondizioni di kasherut di uno stabilimento, cucina, ristorante, istituto kosher. Controlla qualsiasi sito di produzione di alimenti, inclusi mattatoi, alberghi, ospizi e supermercati. Di solito lavora in loco come rappresentante del rabbino locale e prende le decisioni finali su quello che è considerato o meno kosher. I requisiti per diventare Mashghiah sono: essere ebrei, osservare lo Shabbat, osservare le leggi della kasherut ed eseguire le mitzvot, i comandamenti della Torah. Il supervisore può essere sia uomo che donna. Si tratta di un compito di grande responsabilità e comporta assumersi l’onere di un’intera comunità. Come avrete capito non c’è niente di facile nel seguire queste regole, e comunque ho deciso che questo lavoro di sorvegliante un po’ mi si addice visto che adoro dire agli altri dove sbagliano, sottolineando velatamente che non hanno capito nulla. Pensate la bellezza di avere scritto su LinkedIn “Sorvegliante di cucina kosher”.
  • N come NERVO SCIATICO: vi starete chiedendo cosa c’entri il nervo sciatico, c’entra c’entra: non si utilizzano tagli di carne che sono attraversati dal nervo sciatico. Questo trae origine da un episodio biblico in cui Giacobbe sogna di lottare con un angelo, che lo colpì al nervo sciatico rendendolo zoppo. Ma Giacobbe continuò a lottare. Quindi una volta che gli animali vengono macellati, vengono asportate alcune parti che non si possono mangiare, come il nervo appunto e alcune parti di grasso, come quello addominale. Se mi asportano grasso e nervo sciatico voglio essere un animale puro anche io.
  • O come ORLAH: la frutta orlah, alla lettera, significa frutta non circoncisa. Ed è quella regola che dice che non è possibile mangiare un frutto prodotto da un albero nei suoi primi tre anni di vita. Nel Levitico si legge che per 3 anni il consumo di quel frutto è da considerarsi proibito, il quarto anno il frutto è sacro e dovrebbe essere offerto in sacrificio, mentre dal quinto anno in poi il frutto può essere raccolto e mangiato e questo dovrebbe incrementare il raccolto. La policy normalmente è quella di distruggere questi frutti, anche se ultimamente si è aperti alla vendita ai non ebrei. Le materie prime non devono contenere insetti o bachi – bisogna usare i pesticidi. In Israele, i terreni su cui si coltiva devono rimanere a riposo una volta ogni 7 anni.
  • P come PESACH: è anche detta Pasqua ebraica ed è una festività che dura otto giorni e ricorda la liberazione del popolo ebraico dall’Egitto e il suo esodo verso la Terra Promessa. Il nome Pesach indica in particolare la cena rituale che viene celebrata nella notte fra il 14 e il 15 del mese in ricordo di quella che aveva preceduto la liberazione dalla schiavitù d’Egitto. I successivi 7 giorni vengono chiamati “Festa dei Pani Azzimi”. Questa settimana ha origine da un’antica festa per il raccolto delle prime spighe d’orzo e il loro utilizzo per preparare focacce senza lasciare il tempo necessario per il formarsi di un nuovo lievito cosi ottenendo la fermentazione della farina nuova. La Pesach segna l’inizio della primavera e durante questo periodo è prescritta l’astensione da ogni cibo lievitato e composto di grano, orzo, segale, avena, spelta. Durante la cerimonia di Pesach, chiamata Seder, si utilizzano cibi dal forte valore simbolico: le matzot, i pani non lievitati in ricordo della fuga dall’Egitto, una zampa di agnello arrostita, l’uovo sodo, simbolo della vita eterna, le erbe amare per ricordare l’amarezza della schiavitù, il charoset una specie di marmellata di frutta che ricorda la malta con cui venivano preparati i mattoni per il faraone.

  • R come ROMANA: la cucina romana giudaica è talmente radicata nella tradizione che è molto difficile capire dove inizi la tradizione romanesca e dove inizi quella ebraica tanto la vita delle due comunità si è fusa. Questo anche per via del fatto che la comunità ebraica di Roma è la più antica d’Europa e la sua presenza nella Capitale risale al II secolo a.C. La comunità ebraica è diventata il nucleo più antico di Roma, ma anche il più tradizionale. Se volete mangiare qualcosa di tipico dovete andare nel Ghetto, anche se non potremmo più definirlo tale dalla Breccia di Porta Pia nel 1870 quando Roma venne annessa al Regno d’Italia. In ogni caso nel Portico d’Ottavia si trovano tutti i simboli della comunità come il Tempio Maggiore, il Museo Ebraico e tutte le piccole e deliziose piazzette nascoste lì intorno come Piazza Mattei o quella della fontana delle Tartarughe. Andate a mangiare al forno Boccione, il forno del Ghetto da più di 300 anni gestito da sole donne e tutte della stessa famiglia. Assaggiate lì la crostata di ricotte e visciole ma andate anche a mangiare la pizza di Berid. Da Bellacarne potete mangiare la testina di vitello con i sottaceti fatti in casa, ma anche i sigariot, involtini di pasta fillo ripieni di carne di manzo e di vitello. per non parlare delle alici al cartoccio o dell’hummus di ceci. Da Yotvata invece niente carne, solo pesce, verdure e formaggi, e ovviamente il carciofo alla giudia. Ma la cucina giudaico romanesca non si mangia solo a Roma per fortuna, quindi via libera anche ai milanesi che possono andare a mangiare da Ba’ghetto ma anche andare a farsi un delizioso hamburger di carne rigorosamente kosher al Denzel, in via Washington. Se non siete amanti dell’hamburger potete buttarvi sul pollo fritto, su piatti vegetariani o un buon filetto di vitello accompagnato da crema di funghi e brandy.

  • S come SHABBAT: lo shabbat è il giorno del riposo, per 25 ore dal tramonto del sole di venerdì fino alla sera del sabato. La parola deriva dal verbo “shabat” smettere, nello specifico smettere di compiere alcune azioni. Viene universalmente tradotto come tempo del riposo e come cessazione di alcune attività, il lavoro in primis. Durante lo Shabbat sono vietate alcune attività che derivano dai principali lavori eseguiti durante la costruzione del Tempio di Gerusalemme. Queste sono le attività che sono permesse: recarsi in visita da parenti (a piedi), ospitare parenti e amici a dormire o mangiare, assistere alle funzioni in Sinagoga, cantare salmi, studiare e discutere la Torah. La sera del venerdì in ogni abitazione vengono accese due candele che bruceranno fino a che non si spegneranno da sole (accendere e spegnere fuochi è vietato durante le 25 ore). I pasti della cena e del pranzo sono abbondanti e sulla tavola non deve mai mancare la challah, un particolare pane fatto a treccia per cui si recita una benedizione (sarà per quello che è così buono, io ne faccio uno al miele e albicocche che è impossibile smettere di mangiare), e il bicchiere per il Kiddush una preghiera di benedizione del vino kosher. A tavola si prepara di tutto: dal pastrami alle lasagne.

pastrami sandwich

  • T come TORAH: la Torah è il riferimento centrale della tradizione religiosa ebraica e ha molti significati: possono essere i primi cinque dei ventiquattro libri del Tanakh, i precetti riconosciuti dagli ebrei rivelati da Dio tramite Mosè, nella letteratura rabbinica denota sia i primi cinque libri biblici, sia la Torah Orale che comprende interpretazioni e ampliamenti trasmessi di generazioni in generazione e codificati nel Talmud. Inoltre indica un insegnamento che offre un sistema di vita per coloro che lo seguono, può indicare la totalità della cultura e delle pratiche ebraiche.
  • U come UOVA: anche se sono prodotte da un animale, le uova non sono considerate un alimento derivato ma sono considerate “parve”, cioè un alimento neutro. Appartengono a questa famiglia anche frutta, cereali e vegetali. Anche i pesci sono considerati cibo parve, con l’eccezione dei crostacei e tutto quello che trovate alla lettera F. Un alimento parve può essere cucinato sia con il latte che con la carne, e in automatico prende le caratteristiche di uno o dell’altra e deve sottostare alle loro regole di consumo. Se preparate una carbonara senza guanciale, quindi solo con uova e pecorino, in automatico il vostro piatto seguirà le regole dei latticini (vedi la lettera L). Anche i volatili hanno le loro regole naturalmente: polli, tacchini, anatre sono kosher ma gli uccelli rapaci no. E no, nemmeno i gufi.
  • V come VACCINARA: la coda alla vaccinara è un piatto tipico della cucina romana, nasce nel rione Regola dove stavano i vaccinari, quelli che macellavano i bovini. È un piatto legato a doppio filo con la cucina kosher. Si tratta di una ricetta antica che ha subito mille variazioni: la ricetta originale prevede l’utilizzo della coda di bue, un taglio di carne con molta polpa adattissima alle lunghe cotture. Anche se noi abbiamo fatto una versione con la coda di vitello incredibilmente deliziosa. La coda viene tagliata in pezzi, lavata, asciugata e messa in casseruola a rosolare con l’olio. Poi viene unito un trito di sedano, carota, cipolla, prezzemolo, aglio e chiodi di garofano. Dopo una mezz’oretta di cottura è il momento di versare il sugo di pomodoro e da qui la cottura prosegue per circa 3-4 ore. Verso la fine si taglia il sedano a pezzetti e si ammolla l’uvetta, prima di aggiungere un cucchiaino di cacao amaro e i pinoli.
  • Z come ZOCCOLO FESSO: è uno delle caratteristiche che deve avere un’animale per essere considerato idoneo, oltre a essere ruminante. Il maiale per esempio è considerato impuro, perchè non è ruminante. Quindi facciamo un bigino: bovini, ovini e cervidi SÌ, suini ed equini NO. Il vitello è kosher, l’unicorno invece no.

coda alla vaccinara ricetta facile

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