L’ AICIG e Paolo De Castro all’attacco delle Denominazioni Comunali
di Informacibo
Ultima Modifica: 31/05/2013
Parma 29 maggio 2013. Nuova polemica sulle Denominazioni comunali, la battaglia del compianto Gino Veronelli, da parte dell’AICIG e di Paolo De Castro.
La risposta arriva da un gruppo di sostenitori delle De.Co., a cui si associa anche INformaCIBO, con un manifesto pubblicato sul sito http://www.veronelli.com/ firmato da Gian Arturo Rota, Roberto De Donno, Consorzio Vicenza E’, Club Papillon, Rosario Privitera.
Ecco quello che pubblica il sito Veronelli.com:
Ennesimo attacco all’idea veronelliana delle De.Co. (denominazioni comunali).
E’ di qualche giorno fa e giunge dall’Aicig (Associazione italiana consorzi indicazioni geografiche) e da Paolo De Castro, già ministro dell’agricoltura.
Leggo nel comunicato stampa diffuso:
“… sempre più numerosi risultano i fenomeni di sfruttamento parassitario delle indicazioni geografiche così come altre forme a carattere prevalentemente localistico, di apparente legame con il territorio, che tuttavia non forniscono al consumatore alcuna forma di garanzia, non avendo alle spalle consorzi di tutela oppure organismi di certificazione ufficialmente riconosciuti e non potendo fornire garanzie né sulla provenienza della materia prima utilizzata né sulla modalità produttiva”.
Nulla di nuovo: la consueta difesa degli organismi e del potere centrali da prima e seconda repubblica, e l’ormai indigesta esaltazione delle denominazioni dop, igp, eccetera, quali unici strumenti, secondo loro, di reale difesa dei prodotti, dell’origine, bla bla bla…
Nulla di nuovo nemmeno l’ignoranza sulla reale natura delle De.Co.
Afferma De Castro: “In Italia siamo bravissimi a farci male da soli: ricordiamo tutte le iniziative, come i marchi De.Co. (denominazioni comunali), in contrasto con le disposizioni comunitarie e capaci di creare solo confusione sui mercati.
Dobbiamo valorizzare e investire sulle denominazioni comunitarie.”
Sarebbe bene che De Castro, che già da ministro si era scagliato contro a priori, andasse a rileggere una volta per tutte – con necessarie attenzione e onestà intellettuale – i documenti.
A 15 anni dalla loro comparsa, si ostina ad affermare – nonostante l’ampia letteratura contraria – che le De.Co. sono un marchio (!).
No, non sono un marchio, bensì una semplice certificazione d’origine rilasciata, attraverso un’altrettanto semplice delibera, dal sindaco e dalla sua giunta, in pieno rispetto delle norme e in piena assunzione di precisa responsabilità.
Dunque, del tutto legittime le De.Co., anche a livello comunitario, come testimoniano i documenti tecnico-giuridici in materia. Vada, De Castro, a rileggersi pure questi. Poi si (ri)discuta.
Grazie al cielo, il numero dei comuni che deliberano sono in costante aumento e, addirittura, vi sono due regioni – Veneto e Sicilia – che hanno predisposto il testo di una legge regionale De.Co., il cui iter è in corso e la cui approvazione si spera in tempi brevi.
Azioni, concrete, in risposta alle aleatorie, inutili e antistoriche proteste dei filistei di turno.
Gian Arturo Rota
e Paolo Massobrio, Roberto De Donno, Consorzio Vicenza E’, Rosario Privitera
Ma il dibattito è continuato cona risposta su Italia oggi, di Mauro Rosati, direttore generale di Fondazione Qualivita, e la replica di Massobrio.
All’articolo di Massobrio, ha subito risposto con una lettera a Italia Oggi del 30 maggio il direttore generale di Fondazione Qualivita Mauro Rosati che insiste sul buon lavoro fatto in Europa con il pacchetto qualità e sulla necessità da parte italiana di abbandonare le spinte individualiste. Poi bolla come anacronistico “puntare il dito su piccole situazioni quasi di quartiere”. Massobrio gli risponde sulle stesse pagine rivendicando il ruolo delle De.Co. nel “far risaltare tutto ciò che esiste”. “Le De.Co. – spiega Massobrio – sono nomi e cognomi, che già esistono e che vengono riconosciuti da un’autorità territoriale prossima, che è il sindaco. Certo sarebbe più facile se ci alimentassimo tutti con un cibo solo o se fossimo tutti uguali. Ma il mondo, grazie a Dio, non è così: contempla le cose piccole e grandi, quelle dritte e quelle storte, che insieme possono convivere” e rilancia l’apertura di un tavolo che non sia confinato alle pagine dei giornali.
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