La cucina del cuoco Filippo La Mantia debutta nello storico Grand Hotel et Des Palmes - InformaCibo

La cucina del cuoco Filippo La Mantia debutta nello storico Grand Hotel et Des Palmes

A Palermo a dicembre riapre lo storico Grand Hotel et Des Palmes, vi soggiornò a lungo Richard Wagner ma anche Oscar Wilde, Guy de Maupassant, Guttuso, De Chirico e poi da Coppola ad Al Pacino fino al boss Lucky Luciano

di Donato Troiano

Ultima Modifica: 23/09/2020

L’antico albergo Grand Hotel et des Palmes, che ha segnato la storia di Palermo, riaprirà il prossimo mese di dicembre 2020 e avrà la classificazione 5 stelle lusso.

Lo chef cuoco Filippo La Mantia al Grand Hotel et Des Palmes per curare i menu di tutti i ristoranti

Filippo La Mantia

Questa riapertura, che avviene dopo una profonda riqualificazione dello storico edificio, è legata  all’annuncio di una bella notizia: lo chef cuoco Filippo La Mantia ritornerà a Palermo, al Grand Hotel et Des Palmes per curare i menu ed il servizio di tutti i ristoranti. In particolare il bistrot, aperto alla città, che presenterà diverse offerte, dalla caffetteria allo street food palermitano rivisitato, agli aperitivi, in un ambiente elegante e di grande fascino.

Sono davvero contento di tornare in Sicilia, (ma Filippo non lascerà la “postazione milanese” ndr) al servizio della città di Palermo –ci dice al telefono Filippo La Mantia-. Garantirò agli ospiti nazionali e internazionali una cucina di alta qualità e valorizzerò, ancora di più in questo periodo di ripartenza dopo il Covid 19, i prodotti Dop e Igp della Sicilia e dell’Italia, mettendo al centro la tradizione e la “sicilianità” che mi è sempre più cara”.

Filippo La Mantia nella sua Sicilia

L’ iconico hotel liberty di Palermo, finalmente restituito alla città

A dicembre ci sarà la riapertura del Grand Hotel et Des Palmes, l’ hotel liberty di Palermo, finalmente restituito alla città e al suo splendore di un tempo avrà tante novità oltre alla cucina di Filippo La Mantia che riproporrà i piatti della tradizione siciliana.

L’hotel si ripresenta con la veste da 5 stelle lusso, integrando nella sua accoglienza anche la formula internazionale del condo-hotel per gli ospiti più esigenti che desiderano tutti i comfort dell’hotel di lusso e le dotazioni di una casa moderna e ben arredata.

A completare l’offerta una moderna SPA con sale trattamenti, sauna e hammam, piscina riscaldata e tisaneria, area gym.

Tutto ciò grazie ad un importante progetto di recupero di un tratto di storia siciliana che oggi mette insieme tecnologia, innovazione e comfort, dando nel contempo dignità ai decori originali dell’epoca liberty.

Una sofisticata semplicità per le suite del Grand Hotel et Des Palmes, ognuna di loro dotate di dettagli sempre incantevoli, che integrano il tempo sospeso tra la tradizione e il desiderio di modernità, come la Grand Suite Wagner.

Nell’occasione ripubblichiamo un nostro articolo pubblicato su queste colonne nel 2016, scritto dopo un breve soggiorno trascorso nel “vecchio” 4 stelle Grand Hotel et Des Palmes di via Roma.

 Palermo e la sua era incantata con Wagner e Roussel

Certo, a Palermo, per apprezzare in pieno il fascino del Grand Hotel et des Palmes, bisogna ricorrere prima al photoshop mentale: emendare il turista russo con occhi assonnati e calzoncino zumpafosso, ritoccare i contorni abbondanti delle norvegesi solitarie che di prima mattina si ingolfano di cannoli e uova al bacon, cancellare il pannicolo adiposo esondante borsello del gitante dal Wyoming in canottiera. Una volta completato il photoshop, l’immaginazione sarà libera di vagare fra i saloni di questo palazzo liberty nel cuore di Palermo, e inseguire le ombre del passato che s’affollano fra gli stucchi e le dorature, dietro le statue di marmo nell’atrio monumentale e nella galleria che un tempo s’apriva sul giardino tropicale.
Qui, alle Palme, la memoria dei luoghi gronda infatti di ospiti illustri, figure mitiche nell’arte, nella musica, nella letteratura, geni romantici e surrealisti depressi, Wagner, Maupassant, Raymond Roussel, che proprio qui, la mattina del 14 luglio del 1933 venne trovato cadavere, disteso su un materasso poggiato sul pavimento della stanza 224…”.

Così ha scritto sul quotidiano il Foglio Marina Valensise  in un articolo dedicato  al Grand Hotel et des Palmes, intitolato “Palermo e la sua era incantata con Wagner e Roussel“.

Il quattro stelle del Grand Hotel et des Palmes fa parte del gruppo Acqua Marcia di Francesco Caltagirone Bellavista e proprio davanti  alla stanza 224 (dove troviamo scritto “non disturbare”) ripercorriamo mentalmente  la storia di questo fascinoso Grand Hotel (sito in un palazzo liberty, nel cuore di Palermo), dopo una lunga e piacevole chiacchierata fatta con Domenico Fecarotta, un grande professionista dell’accoglienza, portiere del Grand Hotel et des Palmes e Presidente dell’ Associazione Trinacria dei Portieri d’Albergo “Les Clefs d’Or” della regione Sicilia.

Fecarotta è al Grand Hotel et des Palmes da almeno 25 anni e rappresenta per intelligenza, esperienza, cultura e sensibilità un interprete attento della storia di questo maestoso albergo.
E proprio perché i suoi ricordi illuminano gli annedoti storici di questo locale ed è una sentinella attenta del suo futuro ci affidiamo alle sue parole per conoscere in profondità i fatti accaduti tra le mura di questo smagliante Grand Hotel.

Partiamo dalla tragica giornata del 14 luglio 1933 quando lo scrittore surrealista Raymond Roussel,  poeta  e drammaturgo francese, fu trovato morto nella camera 224 (noi pernottiamo nella vicina stanza 220) del Grand Hotel et des Palmes a Palermo per un’overdose da barbiturici.  Su questo episodio  Leonardo Sciascia scriverà un celebre saggio: “Atti relativi alla morte di Raymond Roussel”. In questo racconto-inchiesta, pubblicato nel 1971 dalla casa editrice Sellerio (e tradotto in francese), Sciascia prova a smentire l’ipotesi del suicidio, anche se la vicenda rimane ancora avvolta nel mistero.

ll Grand Hotel delle Palme, è stato teatro di incontri politici, accordi economici, summit mafiosi e meta di grandi personaggi internazionali, si può dire che tutto il mondo ha dormito in via Roma: da Oscar Wilde a Guy de Maupassant, da Ray Charles a Guttuso, da De Chirico a Buazzelli, da Coppola ad  Al Pacino fino al  boss Lucky Luciano.
Fu quartier generale americano durante la seconda guerra mondiale ma anche base di un supervertice tra mafia e Cosa Nostra.

Vi soggiornò a lungo Richard Wagner scrivendo il finale di Parsifal.

Basta fare quattro passi in via Roma e parlare con i commercianti e i proprietari dei tanti lussuosi locali della zona, per apprendere che dentro il Grand Hotel et des Palmes c’era (e c’è ancora) Palermo con tutti i suoi splendori e le sue memorie.
Ma anche “le miserie e i misteri”, come ha scritto tempo fa in un articolo l’inviato del Tg1 Pino Scaccia“ci dormii all’inizio del 1988, sei mesi dopo il trasferimento al Tg1 e ricordo -scrive con orgoglio Scaccia- la sensazione di ebbrezza professionale, una specie d’ingresso nell’università del giornalismo. Occuparmi di mafia, infilarmi nei segreti della cosiddetta zona grigia (avevano appena ucciso Insalaco) era la consacrazione da cronista. Alle “Palme” c’erano gli incontri, le riunioni, le soffiate. Ricordo, molti anni dopo, le due settimane passate in attesa del rinvio a giudizio di Andreotti. Anche lui abitava lì, cioè anche Andreotti cenava ogni sera nello stesso ristorante, anche se in disparte, naturalmente a un altro tavolino”.

Ad una nostra domanda su Toti Librizzi, leggendario barman del Grand Hotel et des Palmes, Domenico Fecarotta ci dice che  Librizzi è stato, oltre che un grande barman, anche un bravo collezionista, atipico ed   unico, e ci ricorda i suoi famosi disegni e aneddoti (ne ha custoditi ben quattromila) di personaggi che hanno soggiornato all’hotel nel corso della sua lunga attività: Guttuso, Carla Fracci, Andreotti, Patty Pravo, Cristopher Lee, Giorgio Albertazzi, Edoardo Vianello, Marina Ripa di Meana, Giuni Russo, Paul Jung, Enzo Biagi, Luciano De Crescenzo…e molti altri.
Poi ci accompagna nelle scintillanti sale del bar, della colazione e del ristorante dove la storia e l’attualità sono un tutt’uno.

Ma la storia viene raccontata magistralmente qui sotto da Giulio Ambrosetti.

L’Hotel delle Palme venne costruito da Benjamin Ingham, un imprenditore inglese che si era trasferito in Sicilia. Siamo sempre negli anni in cui Palermo era una Capitale europea e non la città ciabattona e sfasciata che è oggi. Ingham è lo zio dei Whitaker, altra famiglia inglese prestigiosa che ha lasciato a Palermo e in Sicilia importanti testimonianze (basti pensare a Villa Malfitano, a Palermo, oggi sede di una Fondazione finita, purtroppo, a una Regione siciliana ormai mezza fallita). Nasce come abitazione privata. La casa era collegata da un passaggio segreto alla Chiesa anglicana che si trova proprio di fronte. In quegli anni l’edificio era a due piani e c’era anche un giardino d’inverno che arrivava fino al mare.
Alla fine del’800 l’edificio viene acquistato dal cavaliere Enrico Ragusa che, nel 1907, lo trasforma nel Grande albergo della Palme (o all’Hotel des Palmes ) con un progetto dell’architetto Ernesto Basile. Questo Hotel non può essere paragonato al Villa Igiea o al San Domenico di Taormina. Ma da questo luogo sono passati personaggi importanti. E, sempre in questo luogo, sono accaduti fatti importanti. Chi scrive ha avuto la fortuna di conoscere due personaggi che di questo Hotel conoscevano tante storie. E alcune di queste storie le avevano vissute di presenza, quindi da testimoni. Parliamo di Alessandro ‘Sandro’ Attanasio, un catanese che, forse, è stato addirittura direttore dell’Hotel delle Palme. E di Tonino Zito, un indimenticabile amico e collega che ha vissuto quella che è passata alla storia come l’ ‘Operazione Milazzo’, una controversa fase della vita politica siciliana consumatasi anche nella stanze di questo Hotel.

Tra il 1957 e il 1960, insomma, all’Hotel delle Palme di Palermo, vanno in scena due accadimenti che rimarranno nella storia.

Nel ’57 si tiene proprio a Palermo, e proprio nei saloni dell’Hotel della Palme, un summit tra i capi della mafia siciliana e di Cosa nostra americana. C’era l’indiscusso capo della mafia siciliana, Giuseppe Genco Russo, che aveva preso il posto di Don Calogero Vizzini, morto nel 1954, e poi altri mafiosi siciliani: Domenico La Fata, Calcedonio Di Pisa, Vincenzo Rimi, Cesare Manzella. La delegazione americana era capeggiata da Giuseppe Bonanno, meglio conosciuto a Brooklyn come Joe Bananas. Assieme a lui c’erano Joe Di Bella, Vito Vitale, Camillo Carmine Galante, Santo Sorge, Giovanni Bonventre, Charles Orlando, John Priziola. E c’era, soprattutto, Lucky Luciano, che 15 anni prima aveva avuto un certo ruolo nella sbarco degli americani in Sicilia (cosa, questa, che alcuni storici oggi negano, forse per cercare di dare dell’Italia un’immagine più seria…).
Nel 1957 Luciano è uno degli indiscussi protagonisti della mafia americana e siciliana. L’unico in grado di esercitare un grande ascendente su Cosa nostra. In quegli anni Luciano si è trasferito a Napoli. E’ stato liberato dagli americani nel 1943, si dice per preparare, in Sicilia, lo sbarco delle truppe americane. Ribadiamo: oggi alcuni storici provano a smentire tale tesi. Ma a parte il fatto che ci sono altri storici che dicono l’esatto contrario, ci sono anche tante testimonianze che provano il ruolo della mafia in quegli anni. Lo stesso Sandro Attanasio ha scritto un libro: “Sicilia senza Italia”, dove si dimostra che gli americani sbarcarono in Sicilia quasi senza colpo ferire.
Per non parlare dello scrittore e drammaturgo statunintense Eugene Luther Gore Vidal: “La liberazione – scrive – fu l’operazione militare meno sanguinosa di tutta la seconda guerra mondiale. A ungerla con l’olio d’oliva, in modo che non s’inceppasse, ci pensarono i picciotti, che controllavano tutto il territorio, appena arrivò il segnale prestabilito: il lancio dagli aerei americani di migliaia di fazzoletti di seta con una L come monogramma, che stava per Luciano”. Dei fazzoletti con la L lanciati dagli aerei parla anche Pantaleone nel già citato libro ‘Mafia e politica’.
Luciano, siciliano di Lercara Friddi, una volta fuori dalla galera americana, torna in Italia per riorganizzare gli ‘affari’. E’ lui l’artefice del summit dell’Hotel delle Palme di Palermo. L’incontro ha luogo fra il 10 e il 14 ottobre 1957. Chi racconta i particolari del summit è lo scrittore e giornalista Michele Pantaleone nel suo celebre libro ‘Mafia e politica’ (Einaudi 1962). Pantaleone scrive anche alcuni articoli sul giornale L’Ora di Palermo, uno dei pochi organi di stampa che, in quegli anni, parlava di mafia. Secondo Pantaleone, il programma dei lavori era il seguente. Primo: far cessare le guerre di mafia in Sicilia e in America (in quegli anni a Palermo si contavano centinaia di morti). Secondo: i capi della mafia siciliana avrebbero ‘garantito’ i rapporti con Cosa nostra americana. Terzo: accreditare i corrieri siciliani nel traffico di droga. Quarto: separare dal traffico della droga dal contrabbando di sigarette, che gli americani consideravano ininfluente rispetto al business degli stupefacenti.
Si racconta che, sempre a Palermo, e sempre nei saloni dell’Hotel delle Palme, si decide la sorte del boss Albert Anastasia, considerato troppo ‘rumoroso’, cioè violento. E non è un caso se il 25 ottobre Anastasia viene trucidato da colpi di mitra mentre si sbarbava nello Sheraton Park Hotel, nel centro di New York. Per la cronaca, quel giorno, tra i personaggi che presero parte all’incontro dell’Hotel delle Palme, seduto in un angolo nella Sala del caminetto, c’era un giovane avvocato siciliano di Patti, che negli anni successivi farà molto parlare di sé: Michele Sindona.

Ma l’Hotel delle Palme è stato anche altro. Tra gli ospiti di questo albergo si ricorda Richard Wagner, che proprio a Palermo conclude la partitura del “Parsifal”. Wagner alloggiava con la seconda moglie, Cosima Listz, e con uno stuolo di accompagnatori. Si fermerà all’Hotel della Palme, nella suite 124, dal 5 novembre 1881 all’1 febbraio 1882. Le cronache del tempo raccontano dei pessimi rapporti tra il titolare dell’Hotel, il cavaliere Ragusa, e lo stesso Wagner. Pare che il musicista andrà via senza saldare il conto. Parlando molto male del cavaliere Ragusa.

Un altro personaggio che frequentava abitualmente l’Hotel delle Palme è stato Francesco Crispi, siciliano in bilico tra Ribera, provincia di Agrigento, e Palazzo Adriano, provincia di Palermo. Crispi, che sarà anche Presidente del Consiglio, veniva eletto a Palermo.
Un altro illustre ospite di questo Hotel di Palermo è Camilo Josè Enrique Rodò Pineyro, giornalista e filosofo uruguaiano, un pensatore liberale piuttosto noto nel suo tempo. Rodò arriva a Palermo il 3 aprile del 1917. E a Palermo morirà, la mattina del Primo Maggio 1917. Il filosofo era di salute cagionevole. Nella notte era stato male ed era finito all’ospedale ‘San Saverio’, che oggi non esiste più. Morte normale o ci potrebbe essere stato altro? Allora si parlò anche di avvelenamento. Il filosofo verrà imbalsamato e finirà al cimitero dei Rotoli dentro una speciale cassa. Nel 1920 la sua salma verrà rimpatriata in Uruguay.

Nella notte tra il 13 e il 14 luglio, anno 1933, nella stanza 224 viene trovato morto  lo scrittore surrealista francese Raymond Roussel. Leonardo Sciascia scriverà un celebre saggio: “Atti relativi alla morte di Raymond Roussel”. In questo racconto-inchiesta, pubblicato nel 1971 dalla casa editrice Sellerio (e tradotto in francese), Sciascia prova a smentire l’ipotesi del suicidio, anche se la vicenda rimane avvolta nel mistero.

Nel 1943 il tenente colonnello Charles Poletti, capo dell’Amgot (Allied military government of occupied territory), piazza all’Hotel delle Palme il proprio quartiere generale. L’occasione, si dirà, per trafugare qualche opera d’arte.
Tra i personaggi particolari che hanno alloggiato all’Hotel delle Palme c’è anche il barone Agostino La Lomia, originario di Canicattì, provincia di Agrigento, che occupava stabilmente la stanza numero 124. Il barone si scriveva le lettere e se le spediva. Facendosele consegnare  alla reception, alla presenza di molta gente.

La suite 204 è stata, per oltre mezzo secolo, la casa del barone Giuseppe Di Stefano, originario di Castelvetrano, provincia di Trapani, morto il 5 aprile 1998 all’età di 92 anni. Si racconta che il barone si era auto-esiliato per sfuggire a una vendetta di mafia. Vero? Falso? Chissà.

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