La cucina italiana è patrimonio Unesco

La cucina italiana è la prima al mondo a diventare patrimonio Unesco

Il riconoscimento premia non una singola ricetta, ma un complesso e affascinante modello culturale che lega il cibo alla sostenibilità, alla biodiversità e ai rituali sociali.

di Oriana Davini

Ultima Modifica: 10/12/2025

Il 10 dicembre 2025 entra nella storia dell’enogastronomia mondiale. Dopo anni di attesa e un percorso istituzionale rigoroso, la Cucina Italiana è stata ufficialmente iscritta nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità Unesco. Il riconoscimento, avvenuto a New Delhi, premia non una singola ricetta, ma un complesso e affascinante modello culturale che lega il cibo alla sostenibilità, alla biodiversità e ai rituali sociali.

L’elemento iscritto, denominato “La Cucina Italiana, tra sostenibilità e diversità bioculturale”, rappresenta la prima volta che l’intero sistema culinario di un singolo Paese riceve un simile sigillo globale. Una notizia che riempie d’orgoglio e che invita a riflettere sul profondo valore della nostra tradizione in tavola.

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Che cosa tutela l’Unesco: più di una semplice ricetta

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È fondamentale chiarire che l’Unesco non ha riconosciuto il valore della pizza o della carbonara intese come singole preparazioni. Il riconoscimento abbraccia un modello culturale fatto di pratiche e saperi tramandati di generazione in generazione:

  • Scelta e valorizzazione delle materie prime: Il rispetto per la filiera corta e la qualità degli ingredienti.
  • Rispetto della stagionalità e dei territori: Il legame indissolubile tra il piatto e il paesaggio agrario in cui nasce.
  • Ritualità e convivialità: Il pasto come momento di condivisione e celebrazione sociale, un rito che va oltre la semplice nutrizione.
  • Trasmissione intergenerazionale: Il passaggio dei saperi culinari di famiglia, dalla nonna al nipote, in un ciclo continuo di cultura viva.

Questo modello è stato esplicitamente legato ai concetti di sostenibilità e diversità bioculturale, riconoscendo il ruolo della cucina italiana nella tutela della biodiversità agricola e nell’uso sapiente delle risorse locali. Il riconoscimento UNESCO sottolinea il legame della Cucina Italiana con i paesaggi agrari e le filiere locali. Questo include la valorizzazione di centinaia di prodotti a Denominazione d’Origine Protetta (DOP) e Indicazione Geografica Protetta (IGP), che rappresentano la punta di diamante della biodiversità agricola italiana e la salvaguardia delle tradizioni produttive specifiche di un territorio.

L’Italia era già presente nella Lista con la Dieta mediterranea (2010), un modello alimentare condiviso da più Paesi. La novità di oggi è che, per la prima volta, l’intero sistema culinario di una singola nazione viene tutelato nella sua globalità: non un insieme di ricette, ma un ecosistema fatto di gesti, pratiche, ingredienti, paesaggi e comunità. Un patrimonio vivo e quotidiano, che attraversa osterie, famiglie, campagne, mercati rionali, ristoranti d’autore, feste patronali e tavole domestiche.

Il nuovo riconoscimento, quindi, non sostituisce la Dieta mediterranea, ma la completa: mentre la Dieta rappresenta un modello alimentare transnazionale, la cucina italiana racconta l’identità profonda di un Paese in cui il cibo è linguaggio culturale, memoria e innovazione continua.

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Le sfide

L’iscrizione Unesco arriva in un momento in cui la cucina italiana è al centro di grandi sfide:

  • difendere la biodiversità agricola minacciata dal cambiamento climatico
  • contrastare l’Italian sounding e la perdita di autenticità
  • sostenere piccole produzioni e saperi artigiani
  • valorizzare la trasmissione culturale del cibo tra generazioni

Il riconoscimento è quindi un atto politico e culturale: tutela un patrimonio che va oltre il piatto e riconosce il ruolo della cucina come infrastruttura sociale del Paese.

Dalle associazioni dei cuochi ai consorzi di tutela, dagli agricoltori alle accademie, il settore parla di “traguardo storico”, “vittoria delle comunità” e “passo decisivo per proteggere la nostra identità alimentare in un’epoca di omologazione”. Molti sottolineano anche la responsabilità che deriva da questo riconoscimento: custodire, innovare senza tradire, trasmettere.

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L'Autore

giornalista

Giornalista specializzata in turismo e itinerari enogastronomici