I mille usi della Cannabis. In cucina e non solo. Cosa dice la legge. - InformaCibo

I mille usi della Cannabis. In cucina e non solo. Cosa dice la legge.

La posizione di Coldiretti sulla cannabis è chiara: necessità di tutelare i cittadini senza compromettere le opportunità di sviluppo del settore. Federcanapa:"Non chiude chi è in regola". E offre assistenza legale.

di Alessandra Favaro

Ultima Modifica: 04/06/2019

Fino al secondo Dopoguerra, l’Italia era il secondo produttore al mondo di canapa, con quasi 100mila ettari coltivata, seconda solo all’Unione Sovietica. Una pianta che oggi in alcune regioni italiane sta ritrovando spazio e applicazioni. Una pianta dalle mille proprietà: rimineralizza i terreni, è applicabile per tantissimi prodotti alimentari, cosmesi, tessile, persino bioedilizia. La canapa è come il maiale: non si butta via niente, ogni parte della pianta può essere impiegata per qualcosa.

Non solo fumo insomma: la coltivazione della cannabis in Italia riguarda soprattutto esperienze innovative, con produzioni che vanno dalla ricotta agli eco-mattoni isolanti, dall’olio antinfiammatorio alle bioplastiche, dai cosmetici all’alimentare. Lo conferma anche Coldiretti nel commentare la decisione restrittiva presa dalle sezioni unite penali della Cassazione che rischia di frenare un settore in grande sviluppo in tutto il mondo (in fondo al post, la sentenza della corte di Cassazione che sta facendo discutere)

Le coltivazioni di Cannabis Sativa in Italia

In Italia nel giro di cinque anni – sottolinea la Coldiretti – sono aumentati di dieci volte i terreni coltivati a cannabis sativa, dai 400 ettari del 2013 ai quasi 4000 stimati per il 2018 nelle campagne dove sono centinaia le aziende agricole che hanno investito nella coltivazione, dalla Puglia al Piemonte, dal Veneto alla Basilicata, ma anche in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna.

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La cannabis nel piatto

 

Un piatto di pasta alla cannabis, presentata da Ecopassion durante Tuttofood
Un piatto di pasta alla cannabis, presentata da Ecopassion durante Tuttofood

Tante sono infatti le varianti della canapa nel piatto, dai biscotti e dai taralli al pane di canapa, dalla farina di canapa all’olio, ma c’è anche chi usa la canapa per produrre ricotta, tofu e una gustosa bevanda vegana, oltre che la birra. Dalla canapa si ricavano oli usati per la cosmetica, resine e tessuti naturali ottimi sia per l’abbigliamento, poiché tengono fresco d’estate e caldo d’inverno, sia per l’arredamento, grazie alla grande resistenza di questo tipo di fibra. Se c’è chi ha utilizzato la canapa per produrre veri e propri eco-mattoni da utilizzare nella bioedilizia per assicurare capacità isolante sia dal caldo che dal freddo, non manca il pellet di canapa per il riscaldamento che assicura una combustione pulita.

“Oggi c’è un diffusa consapevolezza internazionale delle opportunità che possono venire da queste coltura ed è pertanto necessario è necessario su un tema così delicato l’intervento del Parlamento”

Ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare la necessità di tutelare i cittadini senza compromettere le opportunità di sviluppo del settore.

Perchè si smise di coltivare canapa in Italia?

La fine della coltivazione della canapa in Italia avvenne a causa della progressiva industrializzazione e dell’avvento del “boom economico” che ha imposto sul mercato le fibre sintetiche, ma anche dalla campagna internazionale contro gli stupefacenti che ha gettato un ombra su questa pianta.

ll Governo italiano nel 1961 sottoscrisse una convenzione internazionale chiamata “Convenzione Unica sulle Sostanze Stupefacenti” (seguita da quelle del 1971 e del 1988), in cui la canapa sarebbe dovuta sparire dal mondo entro 25 anni dalla sua entrata in vigore mentre nel 1975 esce la “legge Cossiga” contro gli stupefacenti, e negli anni successivi gli ultimi ettari coltivati a canapa sparirono. Fino ad oggi.

Cosa dice la legge?

legge cannabis

A regolamentare la coltivazione e l’impiego di cannabis in Italia c’è la legge 242 del 2016. Che ne consente la coltivazione, l’impiego in molti settori e anche la promozione nel caso vengano incentivate e valorizzate filiere locali.

Nell’articolo 2 del testo di legge sono indicate le applicazioni che consentono la coltivazione della canapa. La coltivazione delle varieta’ di canapa legali (ovvero non quelle che possono avere effetti psicotropi, ovvero con concentrazione di tetraidracannabinolo, THC, tra lo 0,2% e lo 0,6%) possono essere impiegate per ottenere diversi prodotti tra i quali:

“…alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori; semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti, per forniture alle industrie e alle attivita’ artigianali di diversi settori, compreso quello energetico; c) materiale destinato alla pratica del sovescio (un metodo naturale per fertilizzare i terreni senza sostanze chimiche..ndr)”

La legge prevede anche incentivi per costruire filiere locali di cannabis.

La sentenza della Corte di Cassazione che sta facendo discutere

sentenza corte di cassazione sulla cannabis light
credits photo: Altalex

Federcanapa: “Non chiuderanno i canapai”

Malgrado le dichiarazioni di moltissime testate giornalistiche, la soluzione delle sezioni unite penali della Corte di Cassazione però, secondo Federcanapa, non determina la chiusura generalizzata dei negozi che offrono prodotti a base di canapa. Il testo della soluzione dice infatti chiaramente che la cessione, vendita e in genere la commercializzazione al pubblico di questi prodotti è reato “salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante”.

Quindi la Cassazione ha ritenuto che condotte di cessione di derivati di canapa industriale privi di efficacia drogante NON rientra nel reato di cui all’art. 73 del T.U. Stupefacenti.

E sul punto, da anni, la soglia di efficacia drogante del principio attivo THC è stata fissata nello 0,5% come da consolidata letteratura scientifica e dalla tossicologia forense. Pertanto non può considerarsi reato vendere prodotti derivati delle coltivazioni di canapa industriale con livelli di Thc sotto quei limiti.

Federcanapa aggiunge inoltre “Ci auguriamo che anche le forze dell’ordine si attengano a questa netta distinzione tra canapa industriale e droga nella loro azione di controllo e che non si generi un clima da “caccia alle streghe” con irreparabili pregiudizi, patrimoniali e non, per le numerose aziende del settore.

Ogni ulteriore considerazione dovrà essere rimandata alla pubblicazione delle motivazioni della sentenza da cui potrà essere desunto l’impianto logico-giuridico seguito dalla Corte e che potrà fornire ulteriori spunti di riflessione.

Il parere di Federcanapa su alimentari e infiorescenze

Il 3 giugno Federcanapa ha rilasciato un’ulteriore nota di commento alla sentenza della corte di Cassazione.

“Il pronunciamento delle sezioni penali unite della Cassazione, aldilà del merito giuridico, sta creando forte preoccupazione in tutto il settore e in particolare in chi commercia prodotti in canapa. Una preoccupazione amplificata ad arte dalle dichiarazioni del nostro Ministro dell’Interno durante e dopo la campagna elettorale, che si ostina a identificare i negozi di articoli in canapa con luoghi di spaccio di droga.

Federcanapa invita i produttori, trasformatori e venditori di prodotti in canapa a tener presente le seguenti considerazioni:

  1. il pronunciamento della Cassazione, malgrado il linguaggio circonvoluto, dice inequivocabilmente che non può configurarsi reato ascrivibile all’art.73 del decreto sugli stupefacenti (309/90) la vendita e in genere la commercializzazione al pubblico di prodotti derivati dalla coltivazione della Cannabis sativa L. se tali prodotti sono “in concreto privi di efficacia drogante”;
  2. la sentenza non dice a quale livello di THC un prodotto “in concreto” sia privo di efficacia drogante. E non può dirlo perché non esiste una legge che definisca il limite di THC oltre il quale un derivato dalla canapa può avere tale efficacia. Esiste in compenso un’ampia letteratura scientifica e forense che fissa allo 0,5% il limite di THC al disotto del quale non è rilevabile effetto psicoattivo. Una stessa Circolare del Ministero dell’Interno del luglio 2018 richiama questo limite: “Per la cannabis sia la tossicologia forense che la letteratura scientifica individuano tale soglia attorno ai 5 mg di THC che in termini percentuali equivalgono allo 0,5%… Ne consegue che quantitativi pari ai 5 mg di THC per singola dose/assunzione consentirebbero di attribuire – in linea teorica – la natura di sostanza stupefacente alle infiorescenze in esame
  3. in ogni caso tutte le attività agricole e le attività di vendita da aziende agricole ad altre imprese di prodotti derivati da canapa industriale – cosmetici, alimentari, manifatturieri, biomassa, colture per florovivaismo – ricadono sotto la L.242/2016 e pertanto non sono minimamente a rischio, purché conformi alle rispettive normative di settore;
  4. il rischio resta per la vendita al pubblico di cannabis light o di derivati dalle infiorescenze. Dal momento che la sentenza della Cassazione esclude infiorescenze, foglie e resine dall’ambito di applicazione della legge sulla canapa industriale (L.242/2016), anche sotto lo 0,5% di THC non si possono infatti escludere interventi di forze dell’ordine e procure.

Malgrado la legge italiana e la giurisprudenza continuino a rimanere ambigue al riguardo, Federcanapa ritiene giusto vendere al pubblico derivati dalle infiorescenze di canapa industriale, purché derivino da varietà europee certificate e rispettino la salute dei consumatori sia sotto il profilo del THC che su quello di altre sostanze nocive quali muffe, metalli pesanti, micotossine o altro.

Il marchio Fiore di Canapa Italiano

A tal proposito Federcanapa, insieme a CIA (Confederazione Italiana Agricoltori) e Confagricoltura, ha adottato un Marchio e un Disciplinare di Produzione delle Infiorescenze volto a certificare e tracciare l’intera filiera produttiva e a garantire la qualità e la sicurezza dei prodotti (con THC inferiore allo 0,2%).

Federcanapa ritiene quindi che i prodotti a marchio “Fiore di Canapa Italiano”, ottenuti in conformità con questo Disciplinare, siano privi di efficacia drogante e di rischi per la salute e, di conseguenza, la relativa commercializzazione non possa costituire reato, come confermato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione.

Pertanto a quei negozianti che intendono proseguire la loro attività di vendita, nel rispetto dei criteri indicati, Federcanapa assicura il suo sostegno e il sostegno dei suoi legali.

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L'Autore

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