L'Export agroalimentare italiano in quinta posizione in Europa - InformaCibo

L’Export agroalimentare italiano in quinta posizione in Europa

Nomisma: l’Italia ha fatto grandi progressi ma è ancora indietro a Olanda, Germania, Francia e Spagna

di Cristiano Bacchieri

Ultima Modifica: 15/03/2018

Bologna 15 marzo 2018. Si è svolto oggi il convegno “L’agroalimentare italiano alla prova dell’internazionalizzazione”, che a Bologna ha fatto il punto sugli equilibri internazionali nell’agroalimentare e ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Denis Pantini, responsabile dell’Area Agroalimentare di Nomisma, di Ioanna Stavropoulou (Granarolo spa), Giordano Emo Capodilista (Confagricoltura), Massimiliano Montalti (Assologistica), Andrea Villani (A.G.E.R.), Damiano Frosi (Politecnico di Milano).

Nomisma, l’Italia ha fatto grandi progressi ma non basta

Nel 2017 l’Italia ha raggiunto e oltrepassato la soglia dei 40 miliardi ottenuti con le esportazioni agroalimentari.

In particolare, in valore, le esportazioni del ‘Made in Italy’ del cibo hanno conseguito un incremento del 7% sul 2016 trainato dai formaggi (+11%), dal vino (+6%), dalla cioccolata (+20%) e dai prodotti da forno (+12%).

Ma la strada per raggiungere gli altri grandi Paesi produttori è ancora lunga e complicata.

L’Italia è in quinta posizione in Europa alle spalle di Olanda, Germania, Francia e Spagna a dimostrazione di come la brand reputation da sola non sia sufficiente per affrontare i mercati internazionali e garantire una leadership”.

E’ questo il messaggio lanciato oggi da Denis Pantini, responsabile dell’Area Agroalimentare di Nomisma.

Non basterebbe quindi solo il “Nome”, ma occorrerebbero anche “conoscenza, competenza e organizzazione”.

Inoltre “affinché l’export dei prodotti agroalimentari italiani aumenti, è indispensabile che si allarghi la base delle imprese esportatrici, in larga parte riconducibili ad aziende medio-grandi e rappresentanti una quota ancora ridotta del totale, meno del 20% del settore”.

A dimostrare la presenza di difficoltà ancora da superare, ci sarebbe per esempio il fatto che “i due terzi dell’export agroalimentare italiano sono destinati a mercati di prossimità”, cioè Paesi dell’Unione Europea”. Mentre per capire la distanza che separa l’Italia dagli altri Paesi, il rapporto Nomisma spiega come oggi la Germania agroalimentare ha esportazioni per un valore pari a 76 miliardi di euro, la Francia per 60,5, la Spagna per 47,7.

Volgendo lo sguardo al futuro, puntualizza l’analisi di Nomisma, “le opportunità non mancano; nei prossimi 5 anni ci si attende infatti una ulteriore crescita dei consumi alimentari in molti dei principali mercati mondiali: Stati Uniti (+24%), Cina (+44%), India (+85%), Russia (+45%), Corea del Sud (+22%), Canada (+35%)”. In questa ottica, secondo Nomisma, “le imprese alimentari italiane si trovano oggi ad affrontare una duplice sfida: sul mercato domestico, dove, in un contesto di graduale ripresa dei consumi, il consumatore modifica continuamente il suo approccio alla spesa e pone sempre più attenzione nei confronti di valori come la salute, la sostenibilità ambientale e la semplicità con conseguenti effetti sulla composizione del paniere di spesa. E sul mercato internazionale, dove si configurano grandi opportunità di crescita ma, allo stesso tempo, le imprese si devono confrontare con una concorrenza agguerrita e organizzata e – conclude Nomisma – con mercati che richiedono competenze e conoscenze specializzate soprattutto alla luce dei repentini mutamenti nello scenario economico e geopolitico globale, in primis la Brexit e la politica protezionistica di Trump”.

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