Meno fame ma più carestie nel mondo - InformaCibo

Meno fame ma più carestie nel mondo

di Informacibo

Ultima Modifica: 15/10/2017

Presentato a Bergamo il dodicesimo rapporto internazionale che pone l’accento sulle relazioni tra l’emergenza fame nel mondo e le disuguaglianze
L’Indice Globale della Fame (GHI) 2017 mostra risultati contrastanti: nonostante una diminuzione della fame e della denutrizione rilevata nel lungo periodo a livello mondiale, in 52 Paesi del mondo i livelli di fame e di insicurezza alimentare restano allarmanti. Con un punteggio medio di 21.8, che nella scala da 0 a 100 è definito come grave, il GHI del 2017 è del 27% più basso rispetto a quello del 2000 (29.9). Tuttavia, il livello globale della fame, misurato in 119 Paesi, resta ancora molto alto con grandi differenze tra le diverse nazioni e persino entro gli stessi confini. Ancora milioni di persone si trovano in una situazione di fame cronica e in molte zone si registrano gravi crisi alimentari. Sono le profonde e persistenti disuguaglianze a rappresentare il principale ostacolo alla lotta alla fame e alla denutrizione nel mondo e al raggiungimento quindi dell’obiettivo “Fame Zero”, fissato dalle Nazioni Unite per il 2030. Nonostante la flessione generale registrata dall’Indice, l’emergenza fame resta un fenomeno marcatamente disomogeneo che si concentra nelle aree rese più vulnerabili da povertà, conflitti, catastrofi naturali e carestie, dove le popolazioni sono già più esposte e svantaggiate. L’analisi su base regionale contenuta nel rapporto 2017 evidenzia che a soffrire maggiormente la fame sono le popolazioni di Asia meridionale e Africa subsahariana. I punteggi di entrambe, rispettivamente 30.9 e 29.4, rientrano nella categoria grave. Resta drammatica la situazione della Repubblica Centrafricana, unico Paese con un livello di fame (50.9) classificato come estremamente allarmante e che non ha evidenziato finora alcun progresso.

Il rapporto 2017 è stato presentato al Teatro Donizetti di Bergamo dall’Ong Cesvi, membro del network internazionale Alliance2015 e curatrice dal 2008 dell’edizione italiana dell’Indice Globale della Fame. Il lancio dell’Indice è inserito nella “Settimana dell’Agricultura e del Diritto al cibo” organizzata dal Comune di Bergamo alla vigilia del G7 Agricoltura, in programma nelle giornate del 14 e del 15 ottobre. All’evento di presentazione hanno partecipato Maurizio Martina, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Phil Hogan, Commissario Europeo per l’Agricoltura e lo Sviluppo rurale, Daniela Bernacchi, CEO&General Manager di Cesvi, Dominic MacSorley, Presidente di Alliance2015 e CEO di Concern Worldwide, Mathias Mogge, Direttore Programmi Welthungerhilfe, Antonia Potter Prentice, Direttore di Alliance2015 e Abdulai Bun Wai, Coordinatore Nazionale di ALLAT (Alliance for Large-scale Land Acquisition Transparency della Sierra Leone).

L’Indice Globale della Fame 2017, pubblicato congiuntamente da International Food Policy Research (IFPRI), Concern Worldwide e Welthungerhilfe, registra lo stato della fame a livello globale, segnalando le zone dov’è più urgente intervenire.  

«815 milioni di persone non hanno accesso al cibo. Abbiamo tutti la responsabilità di trovare soluzioni per raggiungere l'obiettivo di portare questo numero a 'zero' entro il 2030. Per affrontare questa sfida – ha dichiarato Maurizio Martina, Ministro delle politiche agricole – c'è bisogno del contributo di ognuno, dalle istituzioni alle imprese alla società civile. Con Expo Milano 2015 e la Carta di Milano sua eredità, abbiamo intrapreso un percorso intenso di ascolto e definizione di politiche concrete per la lotta contro lo spreco alimentare e il recupero delle eccedenze a favore degli indigenti. Una parte fondamentale di questo percorso è la promozione di un'agricoltura sostenibile, anche dal punto di vista sociale, che valorizzi i piccoli produttori. L'Indice Globale della Fame, in questo contesto – ha detto ancora Martina –  è uno strumento importante per approfondire ed affrontare il tema della sicurezza alimentare e soprattutto per mettere in campo scelte politiche internazionali urgenti». 

Nel complesso, i dati relativi ai quattro indicatori del GHI segnano una flessione e tracciano una tendenza di segno positivo: la percentuale di popolazione denutrita è al 13%, rispetto al 18,2% del 2000; il 27,8% dei bambini sotto i cinque anni soffre diarresto della crescita rispetto al 37,7% del 2000; il deperimento affligge il 9,5% dei minori di cinque anni, rispetto al 9,9% iniziale e il tasso di mortalità sotto i cinque anni è al 4,7% rispetto all’8,2% originario. Lo studio dell’emergenza fame registra però situazioni gravi e allarmanti ancora in molti Paesi del mondo. L’arresto della crescita è più diffuso nei paesi dell’Eritrea, Timor Est e Burundi dove l’indicatore supera il 50%.  Nello Sri Lanka, Gibuti e Sud Sudan il deperimento colpisce tra il 21,4% e il 27,3% dei bambini al di sotto dei cinque anni.  

Il rapporto del 2017 non include dati di 13 Paesi non calcolabili a causa di gravi problemi politici e sociali. Diverse stime internazionali evidenziano però in alcuni di questi, situazioni estremamente preoccupanti: è il caso, nello specifico, della Libiadove i conflitti armati e l’instabilità politica pregiudicano la sicurezza alimentare di circa 250.000 sfollati interni, della Siriamartoriata da 7 anni di guerra civile con effetti devastanti sull'alimentazione per oltre la metà della popolazione, del Sud Sudandov’è stata dichiarata quest’anno una grave carestia e della Somalia che, colpita da una grave siccità, si trova sull’orlo di una carestia con 3 milioni di persone (su 11 milioni in totale) in situazione di crisi o di insicurezza alimentare. 

La fame e la disuguaglianza sono strettamente interconnesse. Tre quarti dei poveri del mondo vive in aree rurali, dove la fame è tendenzialmente più forte. La povertà, che è una delle manifestazioni più evidenti di disuguaglianza, è forse la più legata alla fame. Ma la fame è anche una questione di potere: è la tesi che sta alla base del saggio di Naomi Hossein, ricercatrice presso l’Institute of Development Studies, contenuto nell’edizione 2017 dell’Indice Globale della Fame. La distribuzione irregolare della fame e della malnutrizione in tutte le sue forme affonda le radici nella disparità di potere sociale, politico ed economico. Le crisi alimentari più recenti hanno colpito fasce di popolazione estremamente vulnerabili e già afflitte da fame e malnutrizione, esposte a violenze, cambiamento climatico e aumento dei prezzi alimentari. E se alla disuguaglianza alimentare si unisce anche la disuguaglianza di genere ecco che donne e bambine rappresentano il 60% degli affamati del mondo. 

«L’Indice Globale della Fame disegna i contorni di un sistema che continua a penalizzare chi è ai margini e di un’emergenza ancora lontana da risposte risolutive – ha affermato Daniela Bernacchi, CEO&General Manager Cesvi –  Il GHI è la cornice dentro la quale non può che rinnovarsi l’impegno di chi come noi mette in campo azioni contro la fame con tutti gli strumenti della cooperazione. Da oltre trent’anni, Cesvi fa della lotta alla fame il cuore del suo lavoro.  Oggi, siamo attivi in 23 Paesi e nei contesti più critici, dove la fame mette a rischio la vita di migliaia di persone come ad esempio in Somalia colpita da una delle peggiori carestie della storia e uno dei paesi dai quali si origina parte del flusso migratorio. L’Indice Globale della Fame – ha aggiunto Bernacchi –  mostra con grande chiarezza che il problema fame non è solo un problema degli ultimi ma è un dramma che appartiene a tutti e soprattutto, una sfida comune alla quale ognuno è chiamato a dare il suo contributo». 

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Capo Redattore