Divieto di bollire le aragoste vive: cosa ne pensano gli chef - InformaCibo

Divieto di bollire le aragoste vive: cosa ne pensano gli chef

di Alessandra Favaro

Ultima Modifica: 26/02/2018

Dal primo marzo scatta in Svizzera il divieto di bollire le aragoste vive. Una decisione che sta facendo molto discutere nel mondo della gastronomia, non solo quella svizzera ma di tutta Europa.

La decisione del Consiglio Federale di vietare l’immersione delle aragoste e degli astici vivi in acqua bollente per cucinarli diventerà effettiva oltralpe dal 1 marzo. Da allora, le aragoste prima di finire in pentola dovranno essere stordite elettricamente o dovranno subire la “distruzione meccanica del cervello” (in parole povere, una compassionevole martellata, ndr). La nuova norma proibisce anche il trasporto dei crostacei in casse piene di ghiaccio, ma solo in vasche di acqua di mare.
In tutto il mondo le aragoste vengono bollite vive perché, secondo una convinzione diffusa, la loro carne rimane così più saporita. Alcuni biologi marini però ritengono che questi crostacei non sentano dolore perché non hanno un sistema nervoso sviluppato, altri pensano che invece soffrano.
Ma le aragoste soffrono o no? C’è chi vede un indizio di risposta positiva nel verso straziante che i crostacei emettono quando tuffati in acqua bollente. Molti però sostengono che quei rumori siano causati dal rilascio dei gas sotto al guscio. Sul tema ci sono pareri scientifici discordanti, come evidenzia questo articolo del National Geographic.
Un altro studio invece, pubblicato sul Journal of Experimental Biology nel 2013 affermerebbe che i crostacei, granchi e aragoste compresi possano provare sofferenza.

Lo chef stellato svizzero Bernard Fournier ha dichiarato a TicinoNews qualche giorno fa di essere contrario. Per lo chef, tanto vale smettere di cucinare le aragoste: la carne, secondo la sua esperienza, diventerebbe stopposa con poca polpa.
E propone che i politici svizzeri discutano con gli chef o provino in cucina prima di prendere queste decisioni “Come fa il Parlamento Europeo”. Del suo parere, diversi chef elvetici.

E in Italia? Qui le aragoste possono continuare ad essere cucinate come sempre. Forse qualcuno per gustarle varcherà i confini nazionali per godersi un astice alla “vecchia maniera”.

Gli addetti ai lavori italiani d’altronde non vedono di buon occhio il provvedimento e lo considerano ipocrita. Ecco il punto di vista di tre chef esperti nella cucina di pesce.

Il “Re del Tonno” Luigi Pomata, è d’accordo con Fournier e commenta: “Per me si deve continuare come si è sempre fatto, anche perché, se le congeli ad esempio, allora si che potrebbero soffrire”.

Per Marcello Valentino , per una decisione di questo tipo si sarebbero dovuti incontrare più esperti: “Ritengo che l’acqua bollente non sia un qualcosa che possa far soffrire di più i crostacei che non una scarica elettrica o una martellata in testa. Certo andiamo sul pratico, dipende  da come si esegue la tecnica. Un’ aragosta di un chilo buttata in acqua bollente a 100 gradi ma in un solo litro di acqua potrebbe impiegare di più a  cuocere e, se questi crostacei provassero davvero dolore, potrebbero soffrire. Ma se prendiamo una grossa pentola con 5 chili di acqua, e mettiamo un crostaceo da un chilo, allora anche la morte sarebbe quasi istantanea.  Se dobbiamo porci il problema del secondo in più o in meno la trovo una questione ridicola. Inoltre diversi biologi marini dicono che il sistema nervoso di astici e aragoste non sia in grado di percepire il dolore. Un provvedimento di questo tipo dovrebbe essere supportato da validi riscontri scientifici. Parlando senza troppi giri di parole, se si getta un crostaceo di media taglia in 5 litri di acqua bollente muore in massimo di 2 secondi. Le altre “soluzioni”, tipo scarica eletrica o martellata in testa, scusate ma le trovo più disumante. E non entro nel merito della resa delle carni. Qui parliamo solo di rispetto nei confronti di essere vivente. Io ritendo che le pratiche alternativa siano più disumane.

Infine, appoggia la tesi di Fournier anche Rocco Pace , che affronta il tema della qualità della carne: “Io uso sia l’aragosta che l’astice locali ma non in grandi quantità e tra l’altro su ordinazione. Per me cambia la consistenza della carne, i suoi profumi, quindi appoggio la tesi dello Chef Fournier. O così, o altrimenti le togliamo dal menù e ci fermiamo, perché se no la lista potrebbe crescere. Il mondo della gastronomia e’ molto cambiato, una pratica che in passato si è sempre fatta, adesso è criminale”.

E sostituirla potrebbe diventare anche costoso: il macchinario per la scarica elettrica per aragoste ( il Crustastun), costa circa 3000 euro.

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