Il Salame di Fabriano: ecco perché è così speciale - InformaCibo

Il Salame di Fabriano: ecco perché è così speciale

di Alessandra Favaro

Ultima Modifica: 19/03/2018

Garibaldi lo sapeva bene quanto era speciale il salame di Fabriano. Un’arte viva da secoli che ancora oggi rimane di nicchia e interprete di un’eccellenza artigiana che coinvolge attori diversi del territorio.

Basta dare un’occhiata al consorzio di tutela del Salame di Fabriano, partecipata al 100% del Comune, per rendersi conto della storia e dell’unicità di questa tradizione norcina. Circa 25 soci, tra cui allevatori, norcini, ma anche botteghe storiche, agricoltori che producono l’alimentazione per gli animali.

Qualcuno è diventato anche agriturismo nel frattempo, e ai clienti apre le porte ai turisti per raccontare loro dal vivo come nasce un’eccellenza italiana.

C’è chi lo fa ancora alla vecchia maniera, ma non ha rinunciato all’innovazione, come l’azienda di Sandro Gioia, che ha avviato una produzione bio dalla coltivazione, all’allevamento. “Produciamo tutto in casa, e mettiamo a stagionare nelle cantine, come una volta” racconta Gioia, referente del presidio Slow Food, cui cui il salume fa parte.

 

Un prodotto locale

Il salame di Fabriano è un prodotto tipico della tradizione marchigiana e si produce tradizionalmente nella zona di produzione tra Fabriano, Arcevia Cerreto D’esi, Genga, Serra San Quirico, Sassoferrato (AN), Matelica, Esanatoglia, (MC), Serra S’Abbondio, Frontone, Pergola (PU), Pioraco e Fiuminata. La produzione si ottiene utilizzando le carni di capi allevati nella stessa zona.

Nel 1877 il salame fabrianese diventa parte integrante della tradizione popolare di Fabriano per opera di Oreste Marcoaldi, autore di “Usanze e pregiudizi”, “I vocaboli più genuini del vernacolo”, “Canti e proverbi del popolo Fabrianese”. In un suo dizionarietto, all’unica voce “salsiccione, salame”, afferma che il salame è una specialità Fabrianese, come di Bologna è la mortadella, di Modena lo zampone.

Un prodotto di stagione

Anche se sembra strano pensare al salame come a un prodotto stagionale, quello di Fabriano lo è. O meglio, lo era, quando non esistevano i dispositivi di refrigerazione e la stagionatura avveniva solo in cantina.

Il periodo di lavorazione del salame di Fabriano va da fine settembre a inizio maggio.

La stagionatura minima è di 60 giorni. Tradizione vuole che fosse pronto per il periodo di Pasqua, e ancora oggi è tradizione mangiarne qualche fetta la mattina di Pasqua e Pasquetta, assieme a una fetta di “pizza cascio e oe” o “crescia brusca” ovvero la pizza al formaggio e uova, tipica delle Marche.

Le origini

Una delle storie legate al Salame di Fabriano più note è quella risalente al 1881, con la famosa lettera di Giuseppe Garibaldi diretta al suo amico fabrianese Benigno Bignonzetti, dove il Generale ringraziava per i salumi ricevuti e ne esaltava la bontà di questo salame. Le prime notizie scritte sul salame di Fabriano risalgono ancora più in là nel tempo al 1877. Ma ci sono testimonianze ancora più antiche che dimostrano come anche in passato il salume fosse considerato un prodotto prezioso. Ad esempio nelle mercuriali della Camera di Commercio del XVII e XVIII secolo che gli attribuivano addirittura un valore superiore a quello del prosciutto.

Si fa così

salame di Fabriano
(credits photo: Instagram @SadifaSalumi)

Il Salame di Fabriano viene realizzato con  le parti pregiate di suino marchigiano fatto crescere oltre 12 mesi. Si utilizzano il fiocco di spalla, la coscia e il fondello. Il salume viene lardellato in seguito, nella maggior parte dei casi ancora con metodo artigianale. Si aggiungono poi sale, pepe e vino bianco, senza coloranti e conservanti. Viene stagionato per circa tre mesi, un periodo di maturazione che trasforma il suo sapore. Non vengono utilizzati conservanti o additivi, e infatti la carne di questo salume alla vista si presenta scura, caratteristica dovuta alla assenza di antiossidanti.

Il salame insomma viene prodotto con l’impasto magro del maiale, utilizzando le parti nobili dell’animale. Anche i lardelli per insaporirlo non sono posizionati a caso, ma ottenuti dal taglio del lardo della schiena. La stagionatura passa da un minimo due mesi, anche se può arrivare ai cinque o sei.  Una caratteristica del salame di Fabriano è una leggera muffa marrone scuro che ricopre la superficie e i lardelli bianchi che spiccano sul colore dell’insaccato che invece è scuro..

Questo prodotto non potrebbe nascere altrove, perchè solo il microclima dell’alta Vallesina può consentire una stagionatura del tutto naturale e quindi creare il Salame di Fabriano come è conosciuto oggi.

L’area di produzione, come indica il presidio Slow Food, è unicamente tra i comuni di Fabriano, Cerreto d’Esi, Matelica, Esanatoglia, Sassoferrato, Genga (provincia di Ancona).

Quanto vale

Il Salame di Fabriano, come stima Gioia, è venduto a  circa 25 euro al chilo. Da un maiale si producono  circa 25 massimo 30 chili di salame e quindi dopo lavoriamo 6-700 maiali l’anno circa quindi più o meno il fatturato si aggira attorno ai 438-440 mila euro annui almeno. A produrlo nella maggior parte dei casi sono piccole aziende a conduzione famigliare, con 2-3 persone coinvolte, a parte la cooperativa Sadifa Salumi , più ampia, che ha degli operai e che  ha un laboratorio attrezzato di trasformazione dotato di bollo C.E.E., indispensabile per la commercializzazione dei salumi sulla rete commerciale ordinaria.

A quale vino abbinarlo

Salame di Fabriano e Verdicchio di Matelica
Salame di Fabriano e Verdicchio di Matelica: abbinata protagonista anche di degustazioni in cantine e antiche norcinerie. Qui, in una degustazione da Salumi Binei

Un accostamento fortunato e di successo è quello del Salame di Fabriano con un altro prodotto del territorio, il Verdicchio di Matelica Doc. Il salume in questione è soprattutto da aperitivo o merenda, e si valorizza con questo nettare biondo, leggermente amarognolo, semplice.

Da provare però anche con il Vino Novello, che ha sostituito quello che era il “vino nuovo” e che da alcuni anni entra in commercio il 6 novembre, come il primo vino da vendemmia.

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L'Autore

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