Intervista a chef Giancarlo Morelli - InformaCibo

Intervista a chef Giancarlo Morelli

di Alessandra Favaro

Ultima Modifica: 24/01/2019

Chef stellato al Pomiroeu di Seregno, Giancarlo Morelli è sempre più presente anche a Milano. La Trattoria Trombetta, in largo Bellintani, è ormai un punto di riferimento, ma la “famiglia culinaria” dello chef bergamasco si è recentemente allargata con l’apertura del ristorante Giancarlo Morelli Gourmet e il bar-bistrot Bulk, entrambi all’interno dell’Hotel Viu. Abbiamo intervistato Giancarlo Morelli per farci raccontare qualcosa dello chef e dell’uomo.

Com’è iniziato questo amore per la cucina? Ricorda quando è nato tutto?
La mia passione è iniziata perché un giorno mi sono schifato. Davvero, non scherzo. Sono sempre stato abituato bene: la mia era una famiglia di fattori, noi avevamo di tutto e di più per quanto riguarda il cibo. Ero giovanissimo: avevo 6 anni, ero nei grandi all’asilo, quando sono entrato in mensa delle suore c’era un odore di pomodoro ferroso che ricordo ancora oggi. E ho pensato devo fare il cuoco per cambiare queste cose! Quando sono andato a casa ho detto “mamma voglio fare il cuoco”. Lei ovviamente non ci ha creduto, perché ogni giorno volevo fare qualcosa di diverso. E invece… A 8 anni poi la aiutavo sempre e a 12 mi sono infilato nella cucina di un hotel. Da lì non sono mai più uscito da una cucina.

Il ruolo dello chef è cambiato negli anni? E che consigli si sente di dare a un giovane che vuole intraprendere questa strada?
Il ruolo è cambiato. Non è cambiata la fatica. Come nel calcio, in questo momento ci sono 4-5 star che trascinano l’ambiente, fanno del bene alla categoria perché poi tutti vogliono fare questo lavoro. Ma come nel calcio poi ci vogliono tanti “portatori di acqua” per fare gol. Quelli che segnano nel nostro lavoro sono pochissimi. A fronte di poche soddisfazioni ci sono tante bastonate, ma non vuol dire niente. Questa resta la professione più bella del mondo.
Gli allievi di Giotto non erano Giotto e se hai lavorato da Ferran Adria, un domani non sarai Ferran Adria: sarai tu e arriverà il giorno in cui dovrai dimostrarlo. Ai ragazzi dico che per diventare un buon cuoco devi avere basi solide e la pazienza di affrontare tutto il percorso, se no l’impalcatura cade subito.

Dai suoi viaggi all’estero cosa si porta al ritorno in Italia?
Bisogna fare una premessa: la cucina italiana è unica e ha una storia tutta sua. Non possiamo paragonarla a nessun’altra. Pochi lo dicono, ma abbiamo la terra con più biodiversità al mondo. Un esempio: in Italia ci sono 75 cultivar di olive diverse, nel mondo ce ne sono 3. Ecco, detto questo, quando vado in giro rientro sempre con qualcosa di importante, che può essere un ingrediente o un’idea che magari va ad associarsi a un mio piatto storico. Sono filo-peruviano e infatti ho realizzato un ceviche con polenta. Il concetto di cucina è molto aperto, l’importante è fare sempre associazioni con logica.

Curiosiamo nel frigo di casa sua: l’ingrediente immancabile e il piatto che ama prepararsi?
La verità è che nel frigo di casa mia c’è l’eco. Sì perché non riesco mai a cucinare, non ho mai il tempo per farlo. Devo dire che il giorno che sono di riposo (praticamente mai) mi piace uscire per andare a trovare un amico e mangiare qualcosa insieme. Oppure vado proprio a casa di amici e lì mi tocca cucinare: tra l’altro faccio anche delle robe imbarazzanti e tutti dicono che sono buone!

Dove trae ispirazione per i suoi piatti?
Solitamente le idee migliori mi vengono quando torno da qualche viaggio oppure guardando gli ingredienti. Ma soprattutto pensando a qualcosa che vorrei mangiare ma che non ho ancora mangiato.

Tecnologia sì, tecnologia no: il suo rapporto con la modernità tra i fornelli?
La tecnologia ci vuole perché il mondo va avanti e bisogna essere assolutamente preparati. Bisogna sapere quale vantaggio ne trai o, nel caso, bilanciare vantaggi e svantaggi. Sicuramente migliora la salubrità del prodotto, però a mio avviso lo rende un po’ più sterile. Direi tecnologia sì, ma con occhio a quello che è il cuore del cuoco.

Al di là del suo, c’è un territorio italiano a cui è più legato dal punto di vista culinario?
Certamente tutto il sud Italia. È una parte del nostro Paese che solo uno stupido non prenderebbe in considerazione se vuole fare una cucina globale. I migliori profumi e consistenze, i migliori prodotti si trovano tutti nel centro-sud Italia. Soprattutto se parliamo di materie prime vegetali.

Dalla cucina alla vita: un insegnamento prezioso?
L’ordine, la pulizia e l’obbedienza.

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