Dalle pecore al miele: i nuovi presìdi Slow Food in Friuli Venezia Giulia

Dalle pecore al miele: quattro nuovi presìdi Slow Food in Friuli Venezia Giulia

di Oriana Davini

Ultima Modifica: 04/07/2022

Arrivano tutti dal Friuli Venezia Giulia i quattro nuovi presìdi Slow Food. A venire posti sotto tutela sono la pecora carsolina e il miele di marasca, entrambi tipici dell’area del Carso, l’altopiano roccioso che domina Trieste, quindi il pestith, un pesto di rape macerate diffuso in Valcellina e Val Vajont e infine il saurnschotte, un formaggio tipico di Sappada, in provincia di Udine.

Con questi nuovi riconoscimenti, il Friuli Venezia Giulia “conta 20 Presìdi Slow Food complessivi – sottolinea Filippo Bier, referente regionale del progetto della Chiocciola che tutela la biodiversità a rischio estinzione -. Ogni prodotto è importante perché, oltre a valorizzare una lavorazione specifica, contribuisce a far vivere un territorio, a combattere lo spopolamento e a contrastare l’imboschimento”.

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La pecora carsolina, regina dell’altipiano

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Foto di Fulvio Bullo

Il Carso è l’altipiano roccioso calcareo che divide Venezia Giulia, Slovenia e Croazia: è qui, anzi sulla landa carsica, che la pecora carsolina ha il suo habitat semi naturale, tra prati aridi e semiaridi sul terreno calcareo.

Siamo di fronte a uno di quei casi dove la mano dell’uomo, l’allevamento e l’ambiente naturale hanno per secoli generato un ottimo equilibrio: il pascolamento ha infatti plasmato la vegetazione, stimolato lo sviluppo di specie endemiche capaci di sopravvivere in condizioni di aridità e reso fertile una terra povera di acqua negli strati superficiali e con numerose rocce affioranti.

Questo habitat è a rischio estinzione perché l’abbandono quasi totale della pastorizia e delle pratiche agricole tradizionali lascia posto all’avanzata della boscaglia. Se nel 1961 i capi di pecora carsolina erano infatti circa 10mila, oggi se ne contano appena 2.800 sommando gli esemplari presenti in Italia, Slovenia e Croazia.

Oggi le aziende ad avere la pecora carsolina iscritta all’anagrafe animale sono soltanto tre: l’obiettivo, grazie anche alla nascita del Presidio, è di coinvolgere altri produttori. La razza carsolina, d’altronde, assicura latte da cui si ottengono ottimi pecorini e una ricotta squisita, oltre a carni e salumi particolarmente apprezzati.

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Il miele di marasca

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Il ciliegio canino, da cui si ottiene il miele di marasca. Foto di Fulvio Bullo

Arriva dal Carso anche il miele di marasca, ottenuto dal nettare dei fiori di ciliegio canino, noto anche come ciliegio di Santa Lucia, varietà che cresce spontaneamente sui substrati carbonatici del Carso triestino e goriziano.

Il miele di marasca ha colore ambrato con riflessi rossastri, un aroma delicato e il sapore amarognolo che ricorda quello delle mandorle.

Dal Carso alle Alpi: il pestith

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Il pestith si ottiene dalla macerazione della rapa dal colletto viola. Foto di Gregorio Lenarduzzi

In provincia di Pordenone e più precisamente nelle valli Cellina e Vajont, si produce il pestith, che a seconda della località può venire chiamato anche pestìç, pestìth, pestìf o pastìç.

Usato come condimento, il pestith si ottiene dalla macerazione della rapa dal colletto viola, varietà autoctona che cresce in autunno anche nelle zone montane più fredde e poco soleggiate. Una volta raccolta, tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, la rapa viene lavata, tagliata e sbollentata per pochi secondi. Le fette vengono quindi disposte a strati in un contenitore con sale grosso, una spruzzata di aceto e qualche chicco di mais e poi coperta con l’acqua di cottura. La macerazione prosegue fino al periodo natalizio, quando le rape vengono lavate e pestate: a quel punto sono pronte per essere soffritte in olio oppure burro, cipolle, sale e pepe.

Il saurnschotte

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Foto di Adriana Stroili

A Sappada, comune in provincia di Udine al confine tra Friuli Venezia Giulia, Veneto e Austria, si produce il saurnschotte, un formaggio il cui nome rischia di trarre in inganno. La traduzione letterale sarebbe ricotta acida ma si tratta in realtà di un formaggio fresco prodotto con latte bovino intero crudo, sale, pepe e dragoncello.

Proprio quest’erba rappresenta l’ingrediente più caratteristico del saurnschotte: si tratta infatti di dragoncello di montagna (non di dragoncello comune), in lingua locale chiamato perschtroum. Cresce spontaneo ai margini dei pascoli e dei boschi sappadini, viene raccolto durante la stagione estiva e conservato sotto sale per averlo a disposizione tutto l’anno.

Il saurnschotte, che si conserva per circa quindici giorni, è l’ingrediente principale di alcune ricette tipiche sappadine come la schottedunkate, ottenuta mescolando il formaggio con la schiuma di polenta e il latte, il tutto condito con burro fuso. Si usa anche come ripieno per i ravioli (cjarsons), oppure semplicemente spalmato sul pane.

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L'Autore

giornalista

Giornalista specializzata in turismo e itinerari enogastronomici