Degiacomi, Centro studi sul tartufo: “tutelare l'ecosistema" - InformaCibo

Degiacomi, Centro studi sul tartufo: “tutelare l’ecosistema”

Il presidente Degiacomi a InformaCibo: salvaguardare le piante tartufigene esistenti, incentivando i proprietari a non abbatterle

di Donato Troiano

Ultima Modifica: 03/10/2018

Siamo alla vigilia dell’apertura della Fiera internazionale del Tartufo bianco d’Alba (dal 6 ottobre al 25 novembre 2018), più di un mese di appuntamenti, tra incontri, eventi gastronomici e momenti esperienziali, per celebrare Sua Maestà, il tartufo bianco d’Alba.

C’è però un aspetto da non trascurare, l’ urgenza di tutelare le aree di produzione del tartufo che si vanno riducendo

C’è bisogno di una azione comune per salvare le tartufaie a rischio del Sud del Piemonte e contribuire così in modo attivo, anche con raccolta fondi, alla tutela di uno degli ambienti paesaggistici più particolari al mondo.

Questo l’appello lanciato a Milano, durante la presentazione della Fiera dell’eccellente Tuber magnatum Pico, da Antonio Degiacomi, Presidente del Centro nazionale studi sul Tartufo.

La presentazione a “Identità (Golose) Milano” della Fiera internazionale del tartufo bianco d’Alba

Il presidente del Centro nazionale studi sul tartufo, Antonio Degiacomi, dichiara a InformaCibo

Quali sono gli aspetti di tutela più importanti?

Le aree di produzione del tartufo, che si sviluppa in simbiosi con determinati alberi e si ritrova nei boschi e nelle aree umide di fondovalle, si vanno riducendo. Le trasformazioni dell’agricoltura negli ultimi decenni hanno comportato da un lato l’abbandono della pulizia del bosco e dall’altra l’espansione di alcune colture (vigneto, noccioleto) a scapito delle piante.

Anche i tavoli nazionali di confronto tra i vari attori della filiera hanno evidenziato la necessità di nuove norme di tutela e nuovi interventi.

In attesa di provvedimenti più organici che cosa si può fare intanto in un settore dove spesso i proprietari dei terreni non sono interessati alla manutenzione forestale e i liberi cercatori non possono intervenire su terreni altrui?

Ecco come in Piemonte si è cominciato ad agire, secondo il presidente Degiacomi. In quattro modi: salvaguardare, tutelare, promuovere e forestare

  1. Salvaguardare le piante tartufigene esistenti, incentivando i proprietari a non abbatterle attraverso il pagamento di una indennità (24 euro annui), ricavata dai fondi versati dai quattromila cercatori per ottenere il tesserino che li autorizza alla raccolta. Questa misura della Regione Piemonte ha raggiunto millecento proprietari per la conservazione di oltre 14.000 piante tartufigene.

  2. Attivare una interlocuzione preventiva tra il Comune e chi sia intenzionato ad abbattere piante attraverso comunicazioni previste da ordinanze o delibere a tutela dell’ecosistema.

  3. Promuovere buone pratiche di gestione di aree tartufigene esistenti (rimozione vegetazione secca, controllo infestanti, rimozione selettiva di arbusti) con accordi tra proprietari e associazioni dei cercatori favoriti anche dalla raccolta di fondi promossa dalla Fiera Internazionale e dal Centro Studi Tartufo. Una parte del ricavato dei biglietti di ingresso in Fiera e delle attività previste sarà destinata a proseguire gli interventi.

  4. Forestare nuovi terreni piantando alberi di specie potenzialmente tartufigene fruendo degli incentivi previsti da apposito bando regionale.

La premessa per il successo di queste azioni -precisa infine il presidente del Centro studi tartufi- è diffondere la consapevolezza che il valore rappresentato dal tartufo per l’economia e il turismo si salvaguarda nel tempo solo diffondendo le conoscenze e rispettando l’ambiente”.

I soci del Centro studi sono: Ente turismo Alba Bra Langhe e Roero , Unione delle associazioni trifolao piemontesi, Associazione commercianti albesi, Camera di commercio di Cuneo, Fondazione Cassa di risparmio di Alessandria, Comuni di Alba, Grinzane Cavour, Roddi, Vezza d’Alba, Mondovì, Ceva, Scagnello, Acqui Terme, Montechiaro d’Asti, Montiglio Monferrato, Unione montana Alta Langa.

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